In un report l’organizzazione accusa Apple, Samsung e Sony di non effettuare i controlli necessari per garantire che i minori non lavorino nelle miniere dove si estrae la materia prima. “This is what we die for” è il titolo del reportche denuncia la violazione dei diritti umani nella Repubblica democratica del Congo
Amnesty International spara a zero sul mondo high tech. In un report l’organizzazione accusa Apple, Samsung e Sony di non effettuare i controlli necessari per garantire che i minori non lavorino nelle miniere dove si estrae il cobalto necessario per la batterie agli ioni di litio.
“This is what we die for” è il titolo del report realizzato da Amnesty con African Resources Watch (Afrewatch), che denuncia la violazione dei diritti umani nella Repubblica democratica del Congo. Più della metà del cobalto presente nel mondo, scrive il report, proviene dal Congo dove circa il 20% della produzione viene estratto in miniere artigianali situate nel Sud del Paese. In quest’area lavorano circa 110mila persone che utilizzano un’attrezzatura di base scavando anche lunghi tunnel. Fra questi lavoratori sono presenti anche bambini di sette anni che scavano le rocce alla ricerca del prezioso minerale.
Come Charles, 13 anni, che la mattina va a scuola e il pomeriggio si occupa di lavare il cobalto e trasportarlo alla più vicina trading house per la vendita. Oppure Arthur che oggi a 13 anni e dai 9 agli 11 ha lavorato in miniera perché i genitori non “potevano permettersi di pagare cibo e vestiti per me. Papà è disoccupato e mamma vende carbone”. L’indagine è stata realizzata fra aprile e maggio del 2015 in nove miniere con interviste a circa 90 persone, 17 delle quali erano minorenni. Guanti, abiti da lavoro e mascherine sono oggetti sconosciuti per questi lavoratori la cui cronica esposizione al cobalto può provocare malattie polmonari, asma, dermatiti e una diminuzione della funzione polmonare. Molti dei lavoratori intervistati lamentano problemi respiratori e dolori per i carichi pesanti che devono trasportare. Una donna ha raccontato di trasportare sacchi di cobalto da 50 chili.
A questo si aggiungono ambienti di lavoro molto pericolosi visto che le miniere sono realizzate senza la necessaria strumentazione e sono poco ventilate. Non ci sono dati ufficiali sugli incidenti sul lavoro, ma secondo il report si tratta di eventi frequenti che comportano anche il crollo dei tunnel. Fra il settembre 2014 e il dicembre 2015 è stata stimata la morte di ottanta minatori nella provincia del Katanga.
Buona parte della produzione mondiale di cobalto finisce nella mani della cinese Huayou Cobalt e dalla sussidiaria, Congo Dongfang Mining che la vendono ai produttori di componenti in Cina e Corea del Sud. Da qui si passa ai produttori di batterie per gli apparecchi di colossi come Apple, Microsoft, Samsung, Sony oltre a Daimler e Volkswagen. Amnesty ha contattato le multinazionali che acquistano le batterie dai produttori che hanno Huayou Cobalt come fornitore. Alcuni come Apple e Hp non sanno se il cobalto acquistato arrivi dalla Repubblica democratica del Congo o dalla società cinese, Samsung non ha risposto alla domanda sull’origine del cobalto utilizzato e altri dicono di non avere rapporti con Huayou Cobalt. Tra chi respinge le accuse, però, Amnesty sostiene che ci sono cinque società clienti dei produttori di batterie che si rivolgono alla società cinese.
In una nota Apple e Samsung sostengono che il lavoro minorile non è tollerato nella loro catena di fornitura, mentre Sony ha comunicato alla Bbc che ha dato notizia del rapporto di stare lavorando con i fornitori per le questioni relative ai diritti umani.