Nuova seduta di vendite sulle banche italiane dopo il crollo di lunedì. Nel mirino ancora il Monte dei Paschi di Siena, che ha chiuso a -14,3%, Banco Popolare a -6,3% e Unicredit, che ha perso il 3,46 per cento. Si tratta degli istituti che, insieme a Bper, Popolare di Milano e Carige, hanno ammesso di essere sotto la lente della Banca centrale europea, che ha avviato un’attività di ricognizione sui loro crediti deteriorati. Una zavorra che per le banche della Penisola vale 350 miliardi lordi (200 di sofferenze e 150 di incagli), pari a quasi il 20% degli impieghi. L’Abi ha gettato acqua sul fuoco sostenendo che quello di Francoforte è “un esercizio ordinario di raccolta di informazioni”. Ma poco dopo il suo stesso bollettino ha dato conto del fatto che le sofferenze sono tornate ad aumentare e che i risparmiatori comprano sempre meno obbligazioni bancarie.
Trattativa lenta sulla bad bank – Alle origini della tempesta che si è scatenata sui titoli del settore, già sotto pressione per l’entrata in vigore della normativa sul bail-in e per la sfiducia creata dal caso salva-banche, c’è anche il nodo tuttora irrisolto della cosiddetta bad bank. Il governo continua a sostenere di voler fare in fretta, ma il dossier è sul tavolo di Palazzo Chigi e del Tesoro da più di un anno. E lo scontro degli ultimi giorni tra Matteo Renzi e la Commissione Ue, con fonti di Bruxelles che fanno trapelare di “non avere un interlocutore” a Roma, non è un buon viatico per un accordo. Stando alle ultime indiscrezioni il piano informale che il governo ha inviato alla Ue non prevede più una società ad hoc a cui trasferire i crediti difficili da riscuotere bensì solo una garanzia pubblica che la solita Cassa depositi e prestiti o la Sace concederebbero su richiesta alle banche che attiveranno società veicolo cui trasferire i crediti deteriorati. La settimana scorsa un portavoce della Commissione ha mandato a dire che “spetta all’Italia decidere come procedere”. Il problema cruciale è il prezzo.
Il nodo del valore dei crediti: spaventa la svalutazione dell’83% applicata alle banche “salvate” – Bisogna infatti stabilire quanto debbano essere valutate quelle esposizioni deteriorate. Per evitare l’accusa di aver concesso aiuti di Stato occorre che i prezzi siano di mercato. Il decreto salva banche del 22 novembre ha svalutato quelli di Banca Etruria, Carife, Banca Marche e Carichieti da 8,5 a 1,5 miliardi, il 17% del valore di libro. Ma gli istituti italiani, in media, li hanno iscritti a bilancio al 44% del valore originario: 88 miliardi sui 198 di sofferenze lorde, stando agli ultimi dati Bankitalia. Ridurre di più di metà quella valutazione imporrebbe al sistema rettifiche imponenti: se le banche dovessero mettere in conto di recuperare 17 euro ogni 100 in sofferenza, invece che 44 ogni 100, i 200 miliardi di sofferenze ne varrebbero 34 e non 88. Di conseguenza gli istituti dovrebbero accantonare oltre 50 miliardi per far fronte alle possibili perdite.
Non stupisce allora se l’istituto più penalizzato in Borsa in questi giorni – anche se martedì Piazza Affari ha terminato la seduta in positivo, a +1,04% – è Rocca Salimbeni, che di sofferenze ne ha in pancia per 45 miliardi. Martedì la banca ha archiviato la seduta lasciando sul terreno un altro 14,3%, chiudendo a 0,6 euro ad azione. Ora la banca vale 1,9 miliardi, 1,1 in meno rispetto ai 3 chiesti ai soci la scorsa estate. A questi prezzi la quota del Monte in mano alla Fondazione Mps vale 34 milioni, mentre vale circa 90 milioni quella del Tesoro che dallo scorso luglio è entrato in possesso del 4% della banca a titolo di pagamento in azioni degli interessi sui Monti bond per un controvalore di 240 milioni in azioni.
Gli esami di Francoforte su impieghi e accantonamenti – Intanto proprio sulla gestione dei cosiddetti “non performing loans” sono ufficialmente partiti nuovi esami dell’Eurotower, che sottoporrà Banco Popolare, Bpm, Bper, Mps e Carige e Unicredit ad “attività di valutazione e indagini conoscitive”. Nel mirino “strategia, governo, processi e metodologia adottati”: vale a dire che gli ispettori della vigilanza bancaria unica valuteranno se il valore a cui le sofferenza sono iscritte a bilancio è congruo. E in caso contrario potrebbero chiedere agli istituti di fare, appunto, ulteriori accantonamenti. Stando a quanto scritto sabato da Il Sole 24 Ore, poi, la task force di Francoforte offrirà anche una sorta di consulenza ai vertici in materia di gestione delle esposizioni deteriorate.
Le banche gettano acqua sul fuoco. Ma sofferenze aumentano – Nel pomeriggio il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, ha tentato di calmare le acque sostenendo che “la richiesta rivolta a un campione di banche europee, tra cui anche alcune banche italiane”, dalla Bce, “rientra nelle attività preliminari di tale Task Force e si tratta di un esercizio ordinario di raccolta di informazioni su cui basare i lavori successivi e dunque non di una azione di vigilanza mirata all’adozione di misure specifiche nei confronti di alcune banche”. “E’ una prassi standard”, gli ha fatto eco il ministro delle Finanze Pier Carlo Padoan. Ma la stessa lobby bancaria poco dopo ha diffuso il proprio bollettino mensile, da cui risulta che a novembre le sofferenze lorde hanno ricominciato ad aumentare portandosi a 201 miliardi, 2 in più rispetto a ottobre, mentre quelle nette hanno raggiunto gli 88,8 miliardi contro gli 87,2 del mese prima. E intanto si inizia registrare la fuga dai bond bancari: su base annua la raccolta tramite obbligazioni è infatti scesa del 13%, pari a una diminuzione in valore assoluto di 57,5 miliardi di euro. E il dato non risente ancora dell’effetto sfiducia causato dall’azzeramento delle obbligazioni subordinate delle quattro banche salvate.