“E' un'ospitata strapagata ma sono soldi pubblici. E se li prendi scoppiano le polemiche. Ti massacrano”, ha detto il comico al Corriere della sera. E a ha poi aggiunto: "Poi c'è anche un problema di convenienza: se ti vedono tutti i giorni in tv negli spot, quattro volte il pomeriggio e sei la sera, perché poi dovrebbero venirti a vedere al cinema?"
Checco Zalone dice no al Festival di Sanremo, dove lo avrebbero voluto come ospite. Il rifiuto del comico pugliese, che da quasi tre settimane sta letteralmente sbancando il botteghino con il suo Quo vado (siamo vicini ai 60 milioni di euro di incassi), è stato spiegato in un’intervista al magazine del Corriere della Sera: “E’ un’ospitata strapagata ma sono soldi pubblici. E se li prendi scoppiano le polemiche. Ti massacrano”.
Particolare cura per i soldi degli italiani, dunque? Nì, perché se da un lato la scelta di Zalone sembra dettata dalla voglia di non sprecare denaro dei cittadini, dall’altro somiglia molto a una paraculissima strategia di marketing, dimostrando ancora una volta che il ragazzo non è sprovveduto e che, almeno da questo punto di vista, merita tutto il successo che ha.
L’ospitata di Zalone all’Ariston avrebbe garantito un prezioso pacchetto di telespettatori per il bis di Carlo Conti a Sanremo, con tutti gli annessi e connessi del caso: polemiche, interpellanze parlamentari sui compensi, tapiri, Gianfranchi Agus. Un caravanserraglio molto sanremese, che avrebbe dato una mano a questa edizione del Festival. Zalone, invece, avrebbe tratto vantaggio dalla sua presenza? Soldi a parte, forse no. Ha ragione lui, da questo punto di vista: meno mi vedono, più mi vogliono vedere. Meno la mia immagine è inflazionata, più incasso al prossimo film.
Bene, giusto così. Forse. Perché un fustigatore acuto dei vizi degli italiani, un fiero avversario del politicamente corretto, dovrebbe avere più coraggio e non temere di essere “massacrato” per i tanti soldi che avrebbe preso. Il ragionamento che lo ha portato a rifiutare l’invito al Festival, è stato utilizzato da Luca Medici/Checco Zalone per dire no anche agli spot televisivi: “Quando ero a Zelig accettavo serate e comparsate alle convention, ora ho smesso e, a differenza di molti colleghi, non faccio pubblicità. C’è la fila per farmi fare il testimonial: compagnie telefoniche, case automobilistiche… Ti fanno offerte tali che ti senti un po’ coglione a rifiutare. Ma per me sarebbe uno schifo. Un tradimento. La gente ti viene a vedere, si diverte, ti vuole bene… e tu prendi la tua faccia da cazzo e la metti a disposizione di un prodotto? Non si fa. E non per afflato idealistico, ma per educazione. Poi c’è anche un problema di convenienza: se ti vedono tutti i giorni in tv negli spot, quattro volte il pomeriggio e sei la sera, perché poi dovrebbero venirti a vedere al cinema?”.
Anche qui salta all’occhio il doppio binario delle scelte zaloniane: rispetto per il pubblico ma anche (e forse soprattutto) una oculata gestione della propria immagine, centellinando se stesso per non annoiare gli spettatori. Che Zalone fosse tutt’altro che avventato lo sapevamo già. Con il gran rifiuto sanremese, il comico pugliese entra di diritto nell’Olimpo dei paraculi italici. E non è necessariamente un difetto, beninteso.