Cultura

Sicilia, i mosaici della villa romana di Patti tra muffa e infiltrazioni. Ci sono 23 custodi, ma sono stati i volontari a ripulire

La storia recente del complesso neppure tanto dissimile da quella di molti altri siti siciliani. Un inestricabile sovrapporsi di buone intenzioni e di risultati modesti, con l’aggiunta di un impegno non sempre adeguato di risorse pubbliche

di Manlio Lilli

“Grande Villa di età tardo imperiale romana. La felice collocazione territoriale, il respiro dello sviluppo architettonico, l’impegno realizzativo, economico ed estetico (che raggiunge l’acme nello splendore figurativo dei pavimenti musivi) trovano stringenti corrispettivi nella Villa del Casale di Piazza Armerina e nella Villa del Tellaro presso Noto. Le regolari ed estese campagne di scavo, condottevi nell’ultimo trentennio dalle Soprintendenze di Siracusa e, dal 1987 di Messina, hanno condotto alla definizione del vasto impianto della Villa, su un’estensione di circa 20000 mq”.

Nel sito della Regione Siciliana, Assessorato dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, la descrizione della villa romana di Patti, comune della provincia di Messina, non lascia spazi a dubbi. Si tratta di un sito di grande rilevanza. “Una importantissima testimonianza del lusso dell’aristocrazia romana e locale nel corso del periodo tardo antico”, scrivono Filippo Coarelli e Mario Torelli nella Guida archeologica Laterza della Sicilia. Un’area archeologica al centro di un territorio ricchissimo di resti di ogni età, come documentano le ricerche di Michele Fasolo.

La storia recente del complesso neppure tanto dissimile da quella di molti altri siti siciliani. Un inestricabile sovrapporsi di buone intenzioni e di risultati modesti, con l’aggiunta di un impegno non sempre adeguato di risorse pubbliche. La scoperta nel 1973, in occasione dei lavori per la realizzazione dell’A20, Messina-Palermo, in località Montagnareale. Poi le indagini archeologiche e quindi l’apertura al pubblico, con l’aggiunta dal 2001 di un piccolo antiquarium. Quel che è visibile con il biglietto che da settembre 2015 dà accesso anche all’area archeologica di Tindari, quasi un risarcimento per la distruzione iniziale di parte del lato nord del complesso del IV secolo d. C. Il maestoso peristilio con portico a colonne e, soprattutto, i mosaici policromi a motivi geometrici e con raffigurazioni di animali domestici e feroci. Portati in luce nell’ambito della “valorizzazione dell’area archeologica della villa”, con i 2. 148. 461 euro di risorse comunitarie del POR 2000-2006. Ma dal momento che la copertura provvisoria non sembrava adeguata alla crescente attenzione dei visitatori ecco il progetto di una nuova, permanente. Al posto dei tubolari di acciaio e manto in ondulux una nuova unica tettoia con andamento leggermente curvilineo, estesa all’intera area del corpo centrale della Villa, per una superficie coperta di circa 3.000 mq. Progetto elaborato dall’architetto Franco Ceschi e realizzato dall’ATI Consortile Villa Romana Srl. Struttura, ampiamente pubblicizzata, che ha impegnato gran parte dei 500.000 euro di fondi statali, erogati nel 2005 attraverso la società Arcus, collegata al Ministero dei Beni culturali.

Sembrava l’intervento risolutivo. Non è stato sfortunatamente così. Il sistema strutturale di indubbio pregio architettonico e ingegneristico, ultimato nel dicembre 2006, ma inaugurato alla fine di luglio 2009, ha ben presto mostrato la sua scarsa efficacia. Insomma la sua incapacità a non far penetrare sopra strutture e mosaici le acque piovane. Peggio. Alcuni dei pannelli della copertura addirittura volati via nel febbraio 2010. Circostanza che costringe alla chiusura del sito per alcuni mesi. Si prova ad ovviare alle infiltrazioni. Nel 2012 con il montaggio tra i diversi pannelli di una serie di guaine speciali. Costo dell’operazione 65mila euro, finanziato dall’Assessorato ai Beni culturali della Regione. Tutt’altro che definitiva. “È un intervento di somma urgenza, non risolve tutti i problemi”, affermava Umberto Spigo, direttore del Parco archeologico delle Isole Eolie, delle aree archeologiche di Milazzo, Patti e dei Comuni limitrofi. Della stessa idea il sindaco Mauro Aquino che dal 2011 ha più volte chiesto in Regione che si risolvesse il problema. Ma ancora nel 2014 le immagini dei mosaici con le tessere in gran parte distaccate e assaliti da muffe, addirittura coperti da bassa vegetazione infestante, denunciavano le condizioni sempre più precarie del sito. Una questione sulla quale intervenire, come sollecitato da Legambiente Sicilia anche se l’appello è rimasto inascoltato. Al pari di quello del Fai che nel 2012 e poi nel 2014 ha inserito il sito nella classifica dei “Luoghi del cuore”.

“Bella, pure se poco curata”, “villa romana di grandissimo interesse storico, ma abbandonata” e “sito interessante ma trascurato”, sono alcuni dei commenti di chi l’ha visitata negli ultimi mesi. Già perché, prima di una recente pulizia eseguita da volontari, a mancare era qualsiasi manutenzione, nonostante la presenza di 23 custodi. Qualcosa si è fatto con i 27mila euro stanziati nello scorso giugno dalla Regione. Restaurati dalla ditta Siqilliya di Barcellona Pozzo di Gotto i mosaici della Tricora, la più importante della villa. “Avevamo urgenza di compiere questo intervento e finalmente qualcosa si è mosso. È un sogno che si realizza”, dice Gabriella Tigano, responsabile dell’unità operativa archeologica della Soprintendenza di Messina. Su altri tappeti musivi erano intervenute alcune studentesse dell’Università di Palermo nell’ambito di uno stage organizzato dall’ateneo in collaborazione con l’Assessorato regionale, il Centro Regionale per la Progettazione e il Restauro, la Soprintendenza di Messina e il Comune di Patti. Ma per mettere ordine nel sito, renderlo fruibile e attrattivo servirebbe molto di più. Quindi perché stupirsi della flessione, seppur lieve degli ingressi del 2014 rispetto a  quelli dell’anno precedente?

Così tra una chiusura e l’altra, dopo le risorse impegnate dalla Regione, si va avanti. Tra troppe incertezze. Nonostante gli sforzi di rivitalizzazione profusi dall’amministrazione con iniziative quali il recente “Tindari festival – Palcoscenici aperti”. “È indispensabile proteggere e tutelare adeguatamente il sito”, diceva nel settembre 2005 il Soprintendente Gianfilippo Villari. A distanza di oltre dieci anni “proteggere e tutelare adeguatamente” la villa romana di Patti continua a rimanere poco più di un auspicio.

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