“Il presidente Renzi dev’essere contento perché quando il popolo irrompe sulla scena della democrazia, chi è iscritto al Partito democratico dev’essere contento per definizione”. Parola di Michele Emiliano, che ha commentato così la decisione della Consulta di dichiarare ammissibile il sesto quesito referendario in tema di trivellazioni. “La campagna referendaria comincia subito” ha aggiunto il governatore pugliese, che con la sua regione si è fatto promotore dei sei quesiti referendari insieme ad altre otto regioni (Basilicata, Marche, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise, con l’Abruzzo ritiratosi all’ultimo momento). Emiliano, però, ha detto anche altro: “Ovviamente si tratta di un referendum eminentemente politico, che tende a spingere il governo a elaborare una politica energetica. E a dire se in questa politica energetica debbano o meno avere un ruolo le ricerche di idrocarburi e in particolare lo sfruttamento degli eventuali pozzi ritrovati. Cosa che il governo ancora non ha fatto”. Per l’ex sindaco di Bari c’è “l’occasione di fare una bella discussione finalmente sulle cose veramente importanti, non su questioni mediatiche e liti. Ma una bella discussione fino a ottobre, quando si svolgerà il referendum, per capire qual è il destino energetico del nostro paese”.

Emiliano: “Ora governo non faccia norma anti-referendum”
Il presidente della Regione Puglia, poi, ha auspicato che il governo Renzi non colga l’occasione per affossare la consultazione popolare: “Mi auguro che la paura della coincidenza di questo referendum con quello delle riforme costituzionali non stronchi questa discussione – ha sottolineato – Certo il governo può fare un’altra norma ‘uccidi-referendum’. Mi auguro che a questo punto la eviti – ha aggiunto – perché la campagna referendaria è partita oggi stesso e bisogna evitare che gli italiani pensino che di queste cose non si può discutere nel nostro Paese”. Non solo. Per Emiliano “i consigli regionali per la prima volta nella storia di Italia hanno capito che basta che cinque di essi non siano d’accordo su una legge dello Stato perché sia possibile chiedere il parere ai cittadini. E questa possibilità va utilizzata anche per altre leggi sopratutto quando, come succede in questo periodo, spesso i governi legiferano senza un adeguato coinvolgimento dal basso degli organismi intermedi e più in generale dei partiti”.

Sulla stessa linea d’onda Giovanni Paglia (Sinistra Italiana – Sel), secondo cui “la Consulta ha fatto giustizia perché con l’approvazione della legge di Stabilità il governo era riuscito a eliminare cinque dei sei referendum chiesti da regioni e comitato No Triv. E’ chiaro – ha aggiunto a ilfattoquotidiano.it – che il quesito ora assume un valore politico immenso in virtù del suo significato simbolico: essere o meno d’accordo con le ricadute ambientali della politica energetica di questo governo”.

Lacorazza (Basilicata): “L’interesse strategico di un Paese, con lealtà e trasparenza lo si costituisce insieme”
“È un’altra vittoria delle Regioni, degli enti locali a difesa dei principi costituzionali e dei diritti dei cittadini, della leale collaborazione tra istituzioni delle Repubblica. Non c’è uno Stato centrale che ama l’Italia e un territorio che la odia. L’interesse strategico di un Paese, con lealtà e trasparenza lo si costituisce insieme” ha detto invece il presidente del Consiglio regionale della Basilicata, Piero Lacorazza (Pd). “Dopo il il dietrofront del Governo e del Parlamento – ha sottolineato – che, per effetto dei tre quesiti referendari, hanno già modificato parte delle scelte contenute nella legge sullo ‘Sblocca Italia‘ la decisione della Suprema Corte di ammettere il sesto quesito è un altro passo avanti molto importante. Non è finita – ha concluso Lacorazza – poiché riteniamo che vada messo un punto fermo: ripristinare il Piano della Aree per la ricerca e la estrazione ma soprattutto definire una nuova strategia energetica nazionale, in linea con le decisioni assunte a Parigi Cop21“.

Zaia: “Ora impedire le trivellazioni nei nostri territori e nel nostro mare”
Soddisfatto anche il governatore del Veneto Luca Zaia: “Il primo obiettivo, quello della possibilità di effettuare il referendum, è stato raggiunto, ma ora dobbiamo guardare al traguardo decisivo: impedire le trivellazioni nei nostri territori e nel nostro mare e mettere la parola fine a questa spada di Damocle che pende sulle teste di milioni di cittadini e aziende del Veneto e delle altre regioni adriatiche”. Per l’amministratore leghista, però, la battaglia anti trivelle non è finita: “Continuiamo a opporci con fermezza alle perforatrici che il governo Renzi vuole calare sui nostri territori – ha detto Zaia – e a lottare con ogni mezzo contro lo sfruttamento petrolifero dell’Adriatico, che potrebbero provocare enormi danni al nostro ambiente e all’economia turistica costiera. Ora anche i cittadini potranno dire di no a questa sciagura“.

Costituzionalista Di Salvatore: “Per ora il fronte referendario batte Renzi 4 a 2”
“Tre quesiti erano stati superati in senso positivo dalle nuove norme poste in Legge di Stabilità, due andranno di fronte alla Corte per il conflitto di attribuzione, uno è passato: al momento il fronte referendario è sul 4-2 con Renzi”. Parola di Enzo Di Salvatore, costituzionalista di riferimento delle Regioni, nonché colui che ha materialmente scritto i quesiti. “Il Governo voleva far saltare i referendum per non sovrapporli alle amministrative, visto che i sondaggi davano la vittoria anti trivelle al 67% – ha sottolineato Di Salvatore, professore di diritto costituzionale all’Università di Teramo – Ora restano in piedi i quesiti su Piano Aree e durata titoli: secondo me la Corte Costituzionale dichiarerà ok anche gli altri due, quindi se il Governo non vuole i referendum, dovrà modificare la legge anche stavolta a nostro favore”. “Siamo soddisfatti – ha aggiunto – anche perché ripeto che lo scenario più probabile è che il Governo, che vuole a tutti i costi evitare i referendum, modificherà anche queste norme – prosegue Di Salvatore – la decisione di oggi rende più forte il conflitto di attribuzione, e se passa quello sul ripristino del Piano Area, a quel punto abbiamo messo una bella ipoteca sullo stop alle trivelle in mare Adriatico per sempre”. Secondo il costituzionalista “la paura di un referendum in materia energetica ha avuto il suo peso, non è la legge elettorale. Per ora c’è lo stop nelle 12 miglia, col Piano Area si riapre la partita in terraferma e sul mare continentale, laddove enti locali, regioni e governo si devono mettere d’accordo: questo sarà il referendum decisivo per il mare. Se Renzi lo vuole evitare, dovrà cambiare la norma e dire no alle trivelle”.

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