Non si arresta il crollo del Monte dei Paschi di Siena, che dopo le pessime sedute di lunedì e martedì è ancora maglia nera a Piazza Affari arrivando a perdere il 22,2 per cento. E, insieme agli altri titoli bancari e ai petroliferi, ha affossato di nuovo il listino milanese che, in una giornata particolarmente negativa per tutte le principali piazze globali, ha perso quasi il 5 per cento. Nelle settimane in cui il braccio di ferro tra il capo del governo italiano e Bruxelles si è fatto più intenso, Rocca Salimbeni ha più che dimezzato il proprio valore: il titolo della banca senese da inizio anno ha infatti registrato un tracollo vicino al 60 per cento. Con pesanti ripercussioni anche per lo Stato, che dall’estate scorsa è azionista della banca e ha visto l’investimento svalutarsi di quasi il 73 per cento con le maggiori perdite che si sono verificate proprio quando per il Tesoro si era aperta la via di fuga dal capitale dell’istituto. E intanto l’amministratore delegato della banca, Fabrizio Viola, nel tentare di rassicurare il mercato, ha ammesso che è in corso una fuga dei depositi, anche se “contenuta”.

Se il Monte piange le altre banche certo non ridono: Carige è precipitata del 18,56%, il Banco Popolare ha registrato un crollo del 10,88%, Unicredit del 7,7%, Banca Popolare dell’Emilia Romagna del 7,3%, la Popolare di Milano del 6,52%, Banca Mediolanum del 5,79%. Solo per citare alcuni esempi. A far recuperare terreno ai titoli italiani del credito non sono infatti bastate le rassicurazioni della Bce, che ha gettato acqua sul fuoco acceso dalla notizia degli esami avviati sulla consistenza e la gestione delle sofferenze di alcuni istituti. Continuano a pesare, invece, le tensioni tra Palazzo Chigi e la Commissione Ue, che sono anzi salite di tono con l’attacco del commissario agli Affari economici Pierre Moscovici che ha messo il dito nella piaga dei conti pubblici italiani. Inevitabile che lo scontro con l’Europa, con al centro il giudizio sulla manovra atteso la prossima primavera, influenzi il comparto bancario: il governo Renzi ha infatti bisogno del via libera di Bruxelles per varare la bad bank che dovrebbe aiutare gli istituti a sgravarsi di una parte dei 350 miliardi di crediti deteriorati che hanno in pancia.

Lo sa bene il presidente del Consiglio che martedì mattina ha incontrato il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e il direttore generale Salvatore Rossi per discutere delle “recenti turbolenze finanziarie”. Fonti di governo riferiscono che c’è “consapevolezza della complessità della situazione, anche alla luce degli eventi internazionali”, ma anche “convinzione che le misure passate e future del legislatore aiuteranno alcune banche italiane nel processo di aggregazione quanto mai necessario e aiuteranno gli intermediari finanziari nella gestione più rapida ed adeguata dei crediti in sofferenza”.

Per il Tesoro perdita teorica del 75% – Non a caso i titoli più nel mirino restano quelli della mancata sposa partecipata dallo Stato. Rocca Salimbeni mercoledì è arrivata a perdere più del 22% a 0,51 euro. L’amministratore delegato Fabrizio Viola in mattinata ha dichiarato che l’andamento del titolo in questi giorni “non ha riscontro nei fondamentali della banca” di cui dalla scorsa estate è azionista anche lo Stato, che ha ricevuto una quota del 4% al posto dei 243 milioni di interessi dovuti sui Monti bond. Considerato che il Tesoro ha avuto le azioni a un controvalore di 2,05 euro, in sette mesi il suo investimento si è deprezzato del 75%, che significa una perdita teorica di circa 180 milioni. Non male se si pensa che dall’inizio dell’anno, essendo scaduto il periodo di divieto di vendita (lock up), via XX Settembre avrebbe potuto iniziare a vendere i titoli e monetizzare l’investimento.

L’ad ammette il deflusso dei depositi, ma “contenuto” – Eventualità che a questi prezzi si allontana sempre di più. E il serpente finisce col mordersi la coda se si considera che mentre il Tesoro tratta con Bruxelles per la bad bank che ripulisca i conti delle banche italiane dai prestiti che difficilmente verranno restituiti, la Bce si appresta a passare al lentino i 45 miliardi di sofferenze lorde del Monte con esiti al momento non prevedibili. Viola in una nota ammette che “ovviamente i clienti che oggi si rivolgono alle nostre filiali sono preoccupati per tutte le cose che si leggono” e che è in corso una fuga dei depositi, anche se “contenuta: al momento la dimensione della raccolta di quei clienti che hanno deciso di spostare parte dei loro risparmi è contenuta e comunque inferiore a quella riscontrata nella precedente crisi che la banca ha vissuto nel febbraio 2013 che è stata brillantemente superata. Per questo motivo, anche alla luce dei fondamentali decisamente migliori oggi rispetto a due anni fa, sono convinto che la banca saprà superare, come accaduto nel passato, anche questa fase non facile”. E’ chiaro, però, che le attese del mercato non sono positive né su un fronte né sull’altro.

Le “assicurazioni contro il default” della banca – Lo si vede guardando i drammatici corsi di Borsa dell’istituto, ma anche l’andamento dei credit default swap, una sorta di assicurazione contro il rischio di fallimento di un’emittente, e dei bond subordinati, i titoli che con l’entrata in vigore del bail in sono percepiti come maggiormente a rischio dopo le azioni. I cds sul debito senior della banca a cinque anni solo saliti a 573 punti base dai 280 di inizio anno. Per fare un confronto, si consideri che quelli sul debito sovrano dell’Italia sempre a 5 anni sono a 108, contro i 98 di inizio 2016. I cds sulle obbligazioni subordinate di Rocca Salimbeni sono poi schizzati a 1315 punti contro i 600 di due settimane fa. Chi sicuramente non crede alla possibilità di un fallimento, ma anzi spera di guadagnare dall’andamento dei titoli di queste settimane, è il finanziere vicino al premier Davide Serra, a capo del fondo londinese Algebris. “Per la prima volta stiamo guardando e iniziando a investire sul debito di Montepaschi, proprio noi che pubblicamente per anni siamo stati ribassisti: guardiamo sia ai bond senior che i subordinati. Dopo l’esito della verifica degli attivi da parte della Bce hanno preso misure e i numeri mi dicono che sono ben patrimonializzati”, ha detto Serra a margine del forum di Davos. Il crollo dei titoli? “Una reazione eccessiva dei mercati che deriva in parte dall’instabilità globale, ma anche dal panico a livello dei piccoli investitori dopo l’intervento sulle quattro piccole banche a novembre”, ma rispetto ad allora “c’è una differenza dal giorno alla notte: adesso il mercato pensa che tutte le banche in Italia possono fare la fine di queste quattro banche. E’ follia, non succederà. Nemmeno a Mps”.

La Bce getta acqua sul fuoco – Se Mps soffre, non va meglio del resto agli altri istituti da tempo in bilico come la Popolare di Vicenza e Carige. E a poco servono affermazioni come quelle del governatore della banca centrale austriaca ed esponente della Bce, Ewald Nowotny, che alla domanda se ci sia “un caso Italia in Europa” ha risposto: “No, credo che questa sarebbe del tutto in esagerazione. C’è una discussione su alcune banche italiane ma nel complesso anche per l’Italia vediamo un andamento positivo e nessun segnale di crisi”.

Il petrolio in caduta libera affossa anche il resto d’Europa – Fuori dai confini della Penisola, in ogni caso, la situazione non è molto migliore: la giornata è stata molto negativa sia per tutte le principali piazze europee, da Parigi (-3,45%) a Francoforte (-2,82%), sia per Wall Street che a metà seduta perde oltre il 3 per cento. Colpa ancora una volta del petrolio che ha aggiornato i minimi: il Wti è ormai sotto i 27 dollari al barile e il Brent poco sopra. L’Agenzia internazionale dell’energia ha lanciato un allarme, spiegando che con il ritorno sul mercato dell’oro nero dell’Iran il mondo rischia di “affogare nel petrolio” e il barile potrebbe scendere ancora. E il comparto petrolifero paga anche le indicazioni preliminari di Shell che per il quarto trimestre 2015 prevede un utile in forte calo tra 1,6 e 1,9 miliardi di dollari, dai 3,3 miliardi del quarto trimestre 2014. I listini scontano anche la revisione delle stime di crescita mondiali resa nota martedì dal Fondo monetario internazionale. Il Fmi ha tagliato di 0,2 punti, rispettivamente a +3,4 e +3,6%, le previsioni per il 2016 e il 2017. Quanto alla Cina, gli economisti di Washington hanno confermato che quest’anno crescerà del 6,3% e il prossimo del 6%, contro il 6,9% del 2015 che già è stato il dato peggiore dal 1990.

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