La notizia lo ha raggiunto mentre si trovava nel suo laboratorio, dove conduce ricerche sulle malattie genetiche rare. Andrea Ballabio, fondatore e direttore dell’istituto Telethon per la genetica e la medicina (Tigem) di Napoli ha vinto, insieme al biochimico americano John Diffley, direttore associato della ricerca presso il Francis Crick Institute di Londra, il premio Louis-Jeantet per la medicina 2016. È il primo in Italia. A IlFattoQuotidiano.it lo scienziato partenopeo racconta il suo impegno in Telethon e l’emozione provata per il prestigioso riconoscimento internazionale, che ritirerà a Ginevra il prossimo aprile.
Qual è stata la sua prima reazione?
Sono rimasto incredulo. Non me lo aspettavo proprio quando, lo scorso novembre, ho ricevuto la telefonata dalla fondazione Louis-Jeantet. In questi mesi, a parte la mia famiglia e poche persone della fondazione Telethon, ho dovuto mantenere il riserbo, perché l’annuncio ufficiale è stato dato solo oggi. È un riconoscimento molto importante, mi spiace solo di non poterne condividere la gioia con la persona che mi ha permesso di tornare a fare ricerca in Italia, Susanna Agnelli. Se non fosse stato per Telethon, di sicuro adesso sarei ancora all’estero.
Invece anche in Italia la ricerca di qualità viene premiata
È la dimostrazione che finanziando la ricerca scientifica – nel caso del Tigem attraverso la maratona Telethon, grazie alla generosità degli italiani nonostante le difficoltà di questi anni – anche nel nostro Paese si possono ottenere risultati scientifici eccellenti. Ci tengo ad aggiungere una considerazione…
Di che cosa si tratta?
Il merito di questo riconoscimento non è solo mio: il nostro è un lavoro di squadra, e io dai miei ragazzi ho imparato più di quanto posso avere insegnato loro.
Quando si parla di premio alla scienza si pensa subito al Nobel. Può spiegarci l’importanza di questo suo riconoscimento?
La principale differenza rispetto al Nobel e, al tempo stesso, la cosa bella di questo premio è che non viene dato alla carriera, ma a ricercatori in piena attività, per continuare le proprie ricerche. È un riconoscimento internazionale molto prestigioso, come dimostra il fatto che in passato è stato dato a dieci scienziati vincitori del Nobel. È assegnato ogni anno, ma solo in campo biomedico, e in particolare per una specifica scoperta scientifica.
Nel suo caso quale scoperta è stata premiata?
Il riconoscimento è stato assegnato per il nostro contributo alla comprensione dei meccanismi molecolari che controllano il funzionamento dei lisosomi, componenti della cellula che svolgono un ruolo molto prezioso nello smaltimento dei rifiuti. Il nostro gruppo ha identificato, in particolare, un gene, denominato “TFEB”, che regola il funzionamento dei lisosomi, promuovendo la rimozione dalle cellule delle sostanze di scarto che tenderebbero altrimenti ad accumularsi, portando alla comparsa di gravi malattie neurodegenerative.
Può farci alcuni esempi?
Oltre alle più comuni patologie come il Parkinson o l’Alzheimer, esistono una cinquantina di malattie genetiche rare che hanno in comune il malfunzionamento dei lisosomi. Sono, infatti, definite “malattie da accumulo lisosomiale”. Purtroppo, si tratta di patologie che si manifestano molto precocemente, soprattutto in età pediatrica, portando ad esempio a cecità.
Quali ricadute potrebbero avere in futuro questi studi?
Le nostre ricerche hanno portato, per il momento, a individuare un nuovo meccanismo biologico che potrà, speriamo, in futuro essere usato per modulare la funzione dei lisosomi nel trattamento di diverse patologie. La nostra prospettiva è utilizzare il gene TFEB come strumento per possibili terapie geniche future, o per lo sviluppo di nuovi farmaci. Ci vorrà, ovviamente, del tempo. Siamo, infatti, in una fase preliminare, in cui stiamo ancora conducendo test di laboratorio.
Il premio odierno può aiutare in questo senso?
Dopo la nostra scoperta tanti gruppi di ricerca nel mondo si sono messi a studiare i lisosomi. Questo, da un lato ha aumentato la competizione, ma dall’altro dimostra anche che siamo nella giusta direzione. Stiamo battendo strade completamente nuove, e il premio di oggi, il cui ammontare per statuto è quasi interamente destinato a finanziare la ricerca, potrà accelerare lo sviluppo di possibili applicazioni terapeutiche dei nostri studi.