Il 20 gennaio 1966 a Berlino Est nasceva la squadra che ha fatto la storia del Fussball tedesco. Al tempo della Ddr rappresentava l'opposizione sportiva alla Stasi e dopo la Guerra Fredda ha continuato a mantenere un legame viscerale con i suoi tifosi (in parte lo stadio è di proprietà della tifoseria). Nel 2001 si era qualificato alla Coppa Uefa partendo dalla Serie C
Buon compleanno, Union Berlino. Cinquant’anni di calcio popolare all’insegna della dissidenza, contro la dittatura del regime, o semplicemente contro le logiche del calcio moderno. Il 20 gennaio 1966 a Berlino Est nasceva l’Union, squadra che ha fatto la storia del Fussball tedesco, pur non avendo mai vinto praticamente nulla (solo una coppa nazionale nel ’68). Al tempo della Ddr rappresentando l’opposizione sportiva alla Stasi, dopo la Guerra Fredda continuando a mantenere un legame viscerale con i suoi tifosi. E a realizzare piccoli miracoli calcistici, come la qualificazione alla Coppa Uefa nel 2001 partendo dalla Serie C.
La storia dell’Union, questa formazione berlinese che oggi naviga nell’anonimato della bassa classifica della Bundesliga 2, viene da lontano. Il club, in realtà, è stato fondato nel 1906, per prendere dopo pochi anni la denominazione di Union Oberschöneweide (il quartiere dove ha sede). Allora, però, la Germania era ancora unita. E l’Union era una squadra forte, capace di arrivare fino alla finale del campionato nazionale (persa nel ’23 contro l’Amburgo). La vera epopea comincia dopo la Seconda Guerra Mondiale. Quando Berlino si divide in due, anche l’Union si scinde: gran parte della rosa fugge nella parte Ovest, per fondare l’Union 06 Berlin, rimasta in auge fino alla caduta del Muro e poi precipitata nelle categorie inferiori (ora è in Landesliga, settima serie). Altri restano. Il club cambia diverse denominazioni, fino ad approdare nel ’66 a quella definitiva di Union Berlino in un periodo in cui vengono rifondate quasi tutte le squadre della Ddr.
Il pallone, però, nella parte Est della Capitale è la Dinamo Berlin: la squadra preferita di Erich Mielke, capo della Stasi, che non a caso negli Anni ’70-’80 si trasforma in una corazzata. Grazie ad arbitraggi compiacenti e trasferimenti dagli altri club della Ddr (tutti i giocatori più forti sono “invitati” ad unirsi alla Dinamo) vince dieci titoli di fila dal 1979 al 1988. Non c’è spazio per un derby a Berlino Est. Invece l’Union resiste, continua a giocare. E diventa l'”altra” squadra della Capitale: quella della dissidenza, di chi almeno per novanta minuti vuole ribellarsi al regime. In campionato non c’è storia. Ma nella “zona franca” degli spalti riecheggiano cori contro la Stasi che altrove sarebbero inammissibili. E sul campo i giocatori si tolgono diverse soddisfazioni: come nel ’76, anno in cui riescono a vincere il derby sia all’andata che al ritorno.
A quello stadio, spazio di libertà, i tifosi sono rimasti legati anche dopo la Guerra Fredda. Come del resto all’Union, che era ed è ancora squadra del popolo. Per salvare la “Vecchia Foresteria” (nome dell’impianto) gli abitanti del quartiere hanno sottoscritto una raccolta fondi e si sono impegnati in prima persona: i lavori di ristrutturazione, durati dal 2008 al 2013, sono stati realizzati grazie all’impegno di oltre 2mila volontari e a quasi tre milioni di euro di finanziamenti dal basso. L’Alte Försterei è così diventata uno dei primi casi europei di stadio in parte di proprietà dei tifosi, rinnovato ma fedele alle origini: tribune a picco sul terreno di gioco e niente posti a sedere, contrariamente a quanto previsto dal protocollo di sicurezza che la società non ha voluto sottoscrivere. Questa è la casa degli Eisernen, gli “uomini di ferro”: ogni anno alla vigilia di Natale si riuniscono in migliaia per passare insieme un giorno speciale, fra canti di Natale e sciarpate.
Anche sul campo l’Union continua a non vincere ma le sue vicende entusiasmano. Da sette anni milita in Serie B, in un paio d’occasioni ha sfiorato la promozione. Ma nel 2000, quando giocava in Serie C, è riuscita ad arrivare in finale di Coppa Nazionale: ha perso con lo Schalke, ma si è qualificato alla Coppa Uefa della stagione successiva. Ennesimo miracolo di una squadra fuori dal comune, che non dimentica da dove viene. L’inno della squadra è firmato da una tifosa illustre: Nina Hagen, icona del punk espatriata da ragazzina insieme alla famiglia sgradita al regime; la sua “Eisern, Union”, incisa nel ’98 e cantata prima di ogni partita, scimmiotta l’inno sovietico. E fra i cimeli che i tifosi hanno voluto conservare nel nuovo impianto, c’è anche un vecchio tabellino manuale fermo sul punteggio di 8-0: è il risultato di uno storico derby giocato e vinto nel 2005, in quarta serie, contro gli antichi rivali della Dinamo Berlin, prima che quella che fu la squadra della Stasi scomparisse nelle categorie inferiori. Una vittoria per regolare i conti con la storia. Da allora è passato tanto tempo: Berlino è stata riunificata, il Muro è caduto. Il mondo è cambiato, l’Union no.