I trafficanti calabresi sono riusciti a far arrivare in Italia un carico ufficialmente diretto nei Balcani. La droga era stata nascosta sotto uno strato di schiuma solidificata
Una “strisciata” di 25 chilometri. Se fosse stata messa in fila, tanto sarebbe stata lunga la “dose” di cocaina sequestrata al porto di Gioia Tauro dagli uomini della guardia di finanza del comando provinciale di Reggio Calabria, guidati dai colonnelli Mario Intelisano e Luca Cioffi, e dall’ufficio antifrode dell’Agenzia delle Dogane. Non è il primo sequestro: di recente sono stati fermati oltre 350 chili provenienti dal Sud America.
Cocaina purissima che i trafficanti calabresi erano riusciti a fare arrivare in Italia all’interno di un container carico di banane proveniente dall’Ecuador, in transito nel porto di Gioia Tauro e ufficialmente diretto nei Balcani. Complessivamente 168 chili di sostanza stupefacente che, una volta tagliata, avrebbe fruttato alle organizzazioni criminali circa 31 milioni di euro. I panetti erano stati nascosti alla base del container sotto uno strato di schiuma solidificata al poliuretano. Una tecnica utilizzata dai trafficanti per “mascherare” la droga anche negli scafi delle imbarcazioni e che, questa volta, è stata adottata per la cocaina sotto il carico di banane. Il carico è stato trovato grazie a sofisticate apparecchiature scanner e ai cani antidroga utilizzati durante i controlli dei container che transitano dal porto di Gioia Tauro. Ora l’inchiesta condotta dal sostituto procuratore della Dda Luca Miceli cercherà di risalire a chi ha organizzato il carico e per conto di quale famiglia mafiosa.
Oltre che nasconderla sotto lo strato di schiuma solidificata come se fosse un pavimento rialzato del container, buona parte della droga viene fatta passare grazie alla tecnica del “rip off” adottata dalla ‘ndrangheta e dai narcos assieme ai metodi tradizionali. Consiste nell’inserire i panetti di stupefacente all’interno di alcuni borsoni nascosti nei container in transito dai porti italiani e in particolare da quello di Gioia Tauro dove, negli ultimi anni, sono stati sequestrati tonnellate di cocaina. All’interno dei borsoni c’è anche un sigillo del porto di partenza che poi viene applicato da chi recupera la droga in modo da far ripartire il carico di merce per la destinazione finale.