Non so se questo Paese è maturo per avere una legge sulle unioni civili. Certo, a livello internazionale ci invitano a colmare celermente una lacuna che ci mette ai margini rispetto alle altre nazioni più avanzate; ma l’Italia è pur sempre il luogo in cui, ciclicamente, qualche pesante gaffe o infelice caduta di stile viene a dimostrare quanto poco “friendly” ci dimostriamo di fronte a un tema ancora delicato come quello dell’omosessualità.
E’ il calcio a consegnarci, ancora una volta, il teatrino meno edificante; qui troviamo chi inesorabilmente cade (nello stile, appunto) e chi tenta la risalita. L’allenatore dell’Inter, Mancini, accusa quello del Napoli, Sarri, di avergli urlato contro “frocio”; Mancini considera questo epiteto un’offesa e si scaglia contro il collega con un siparietto offerto alle tv italiane in fase post-partita. L’allenatore neroazzurro preferisce parlare di omofobia e intolleranza piuttosto che della partita e appella Sarri come un personaggio indegno di calcare il verde prato del campionato più bello del mondo (così si diceva una volta).
Penso si tratti, viceversa, della fiera delle vanità o meglio delle ipocrisie, con chi maschera la propria rabbia (inspiegabile, vista la vittoria) con una veemenza a favore dei diritti civili e chi, viceversa, non presenta alcuna remora nell’utilizzare come impropero una parola spregiativa nei confronti della comunità lgbt.
Ma questo è anche il Paese che con protervia si dedica a spettacolini del genere, piuttosto che concentrarsi su una legge che potrebbe porre fine a decenni e decenni di discriminazione e garantire diritti civili a tutti. Sto parlando, naturalmente, della legge sulle unioni civili che proprio in queste ore rischia di restare vittima di un teatrino ben più grave e pericoloso, quello della politica, che vorrebbe depotenziarla e riscriverla, prima di andare al voto.
La legge Cirinnà potrebbe essere un tassello importante per l’evoluzione culturale di questo Paese e per evitare, un giorno, che possano scoppiare certe liti attorno al rettangolo verde. Potrà forse evitare che qualcuno per offendere l’avversario pensi a certi termini e questi, per vendicarsi, si sfoghi a favor di camera.
Sarri ha tentato di scusarsi col collega. “Sono cose da campo – ha detto – che dovrebbero finire in campo. Era meglio se non succedevano. Ho chiesto subito scusa a Mancini”. “Era un insulto di rabbia – ha proseguito – mi è scappata una parola, ma non tiriamo fuori l’omofobia. Mi sono scusato con Mancini in privato e pubblicamente. Mi sembrava una normale litigata con toni da non usare. Mi è sfuggito questo termine, le mie scuse agli omosessuali sono palesi”.
Naturalmente sono parole che non reggono, ma da qui a pensare per lui una squalifica di diversi mesi mi sembra un’esagerazione. Non mi intendo di giustizia sportiva, vedo però l’ipocrisia quando si presenta così apertamente e senza vergogna. In questo Paese si pretende che nei templi in cui settimanalmente si celebra il dio pallone, si mantenga il massimo di rispetto verso tutti, si applichi una sorta di legge sui diritti civili impraticabile altrove, senza che la stessa sia garantita alle coppie omosessuali nella vita vera, nella sostanza, e per loro non ci sia alcuna legittimità normativa e giuridica, non si parli per loro di famiglia, men che meno di matrimonio e guai solo ad accennarlo al tema delle adozioni.
Vorrei che Roberto Mancini partecipasse questo sabato, in una delle tante piazze italiane scelte per l’occasione (a Milano saremo in piazza della Scala a partire dalle 15), all’appuntamento organizzato dalle associazioni Lgbt per supportare il lavoro del Senato a favore della legge Cirinnà, affinché sia votata senza cambiamenti la settimana prossima. L’augurio è che in Italia siano spazzate via le tante ipocrisie che si concentrano attorno al tema omosessualità.