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Ascoltarlo mentre risponde ai giovani, nel silenzio dell’aula magna, è un piacere: ragiona, espone fatti, cita documenti. Colpisce la passione civile. Ferdinando Imposimato è con noi, al Liceo “Vailati” di Genzano, e subito gli studenti sono catturati dalle sue parole. Si sofferma su La Repubblica delle stragi impunite (Newton). Piazza Fontana. Via Fani. La strage di Capaci. Via D’Amelio. Risponde alle domande. L’aula è piena, ma il brusio si dissolve subito appena inizia a parlare.

In Italia c’è stata (c’è ancora) una “doppia magistratura”, una che protegge gli indagati e un’altra che lavora con serietà. Non è giusto – dice Imposimato – ma non basta indignarsi: bisogna capire. Partono le domande dei ragazzi: “Le stragi impunite hanno aumentato la sfiducia nelle Istituzioni. Che peso hanno avuto – non solo nei depistaggi – le potenze straniere?” Tema delicato. La domanda chiama in causa il contesto internazionale. Imposimato: “Doppia magistratura significa che chi delinque (mafioso o terrorista) ha protezioni nel potere giudiziario; che certi magistrati rispondono al potere romano; che Roma s’è mossa (si muove ancora?) sotto l’influenza degli Stati Uniti: nel clima della guerra fredda hanno fatto di tutto affinché la sinistra restasse fuori dal potere. L’Italia è stata un Paese a sovranità limitata.”

Il libro si snoda attraverso otto capitoli. Da Portella della Ginestra a Falcone e Borsellino. I ragazzi hanno letto i testi ma vogliono sapere di più: “Aldo Moro fu ucciso dalle Br. Ci furono altri responsabili?” Il magistrato: “Moro capì che la sua condanna a morte nasceva da suggerimenti stranieri. Si chiedeva: ‘vi è forse nel tener duro con me un’indicazione americana e tedesca?’ Comprese che c’era una lotta per il potere”.

Una tesi precisa, esposta con i dettagli di chi ha vissuto quegli anni da protagonista; i giovani, muti, ascoltano. Qualcuno prende appunti. Quest’uomo tenace e onesto, ferito negli affetti più cari – “per colpire me hanno ucciso mio fratello” – invita i ragazzi a studiare a farsi testimoni di verità: “L’Italia è il Paese degli attentati, racconta. Partono altre domande: quale ruolo ha avuto la politica nelle stragi di Stato? Perché uomini delle Istituzioni hanno favorito i criminali? Quale collegamento esisteva tra Gladio e le stragi? Emergono fatti, complicità, coperture terribili.

Imposimato cattura l’attenzione degli studenti con richiami precisi alla Costituzione: dobbiamo difenderla – dice – “il referendum è l’occasione giusta, informatevi, leggete i giornali liberi”; arrivano nuove domande anche dai docenti. S’avverte un’attenzione particolare e risuonano nel silenzio le parole “sul ruolo eversivo del governo americano, sulla sua influenza negli affari italiani in sintonia col Vaticano.”

Imposimato si muove tra presente e passato. Cita un telegramma segreto – è solo un esempio – dell’ambasciatore Martin “indirizzato a Kissinger, il 12 gennaio 1970”, un mese dopo l’attentato di Piazza Fontana: “Il Presidente della Repubblica potrebbe sciogliere le Camere. Se ciò avvenisse e i rapporti col Vaticano ci aiutassero ad appoggiare la Dc, potrebbe nascere un governo orientato al centro. Un regime così in Italia ci sarebbe utile nel mediterraneo.” Inevitabili nuove domande: perché una potenza straniera deve influenzare la politica italiana? Siamo ancora oggi un Paese a sovranità limitata? Quante coperture nelle stragi finalizzate a orientare la politica? Imposimato raccoglie i dubbi: sono anche i suoi. Poi un passaggio sulla trattativa Stato-mafia e Napolitano (“Il peggiore Presidente della Repubblica che abbiamo avuto”); sulle minacce di morte a Nino Di Matteo. Il magistrato ha parole precise: “Di Matteo rischia di morire, ma non si fermerà. Combattere la mafia significa sapere che ogni giorno la propria vita è in pericolo”. Una grande lezione.

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