Il 15 gennaio del 2014 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la sentenza della Corte Costituzionale che ha di fatto abrogato alcune parti dell’ormai celeberrima legge Calderoli, meglio nota alle masse con l’appellativo poco lusinghiero di “Porcellum”, all’epoca ancora in vigore. Tali norme infatti, riguardanti in particolare i premi di maggioranza e le liste bloccate, sono state giudicate incompatibili con la nostra Costituzione.

La sentenza è giunta ben otto anni dopo l’ingresso in vigore della legge il che sarebbe sufficiente per porsi serissimi interrogativi riguardo la reale efficienza della Corte e i motivi che ne rendono il funzionamento tanto farraginoso e intempestivo. Il problema più grave tuttavia è che nel frattempo la suddetta legge ha regolato l’inizio di ben due legislature prescrivendo per due volte le modalità di insediamento del nostro Parlamento sulla base di regole che oggi sappiamo essere illegittime.

camera 675

Nonostante questo abnorme vulnus, l’attuale organo legislativo, figlio di quella legge, ha potuto proseguire indisturbato il proprio operato giacché l’unica conseguenza concreta della succitata sentenza è stata la parziale abrogazione del Porcellum resa sostanzialmente inutile dalla successiva approvazione della nuova legge elettorale: l’Italicum.

Oggi alcuni illustri costituzionalisti ritengono che la nuova legge presenti le medesime criticità di quella già cassata dalla Corte e che quindi sia anch’essa incostituzionale. Indipendentemente dal fatto che tali giuristi abbiano ragione o torto, siamo dunque giunti al nostro incredibile paradosso. Se la Corte Costituzionale dovesse pronunciarsi sull’Italicum con gli stessi tempi che le furono necessari per smontare il Porcellum, possiamo star certi che faremo in tempo a votare almeno una volta, se non più di una, con le nuove regole tanto care al premier Renzi. E se poi si scoprisse che i critici avevano ragione? Pazienza: la legge verrà fatta a pezzi senza conseguenze per gli eletti e i nostri partiti avranno tempo di studiare una nuova riforma, magari nuovamente incostituzionale, tanto per non perdere il vizio.

In definitiva sembra emergere che nel nostro Paese emanare leggi elettorali illegittime sia perfettamente legittimo: al confronto il comma 22 di Heller più che un paradosso sembra un inattaccabile esempio di buona giurisprudenza.

di Mario Salomone

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