Quattro anni di carcere in primo grado. Crolla anche in Tribunale l’ex paladina dell’antimafia Rosy Canale. Si è concluso il processo “Inganno” nato da un’inchiesta della Dda di Reggio Calabria che nel 2013 aveva arrestato la presidente del movimento “Donne di San Luca” con l’accusa di truffa. La sentenza è stata emessa dai giudici di Locri.
Scrittrice anche di un libro sulla ‘ndrangheta, Rosy Canale con il suo movimento e la fondazione “Enel Cuore”, aveva ottenuto l’affidamento di uno stabile confiscato alla cosca Pelle di San Luca e un finanziamento di 160mila euro per allestire la sede dell’associazione antimafia. Stando all’inchiesta, però, quel denaro solo in minima parte è stato utilizzato per inaugurare la struttura che non ha mai funzionato. Secondo l’accusa, infatti, Rosy Canale si sarebbe intascata i soldi elargiti dalla prefettura e dalla presidenza del Consiglio Regionale della Calabria. Stessa sorte anche per i 40mila euro che la prefettura le aveva assegnato per il progetto “Le Botteghe artigianali” che doveva servire a promuovere l’attività manifatturiera del sapone. Piuttosto che valorizzare e finanziare l’impegno delle donne di San Luca che avevano aderito al movimento, la Canale acquistava direttamente il sapone da rivendere con il logo della sua associazione.
Con i soldi del ministero della Gioventù, la presidente delle “Donne di San Luca” avrebbe comprato una Fiat 500. Con l’allora ministro Giorgia Meloni, Rosy Canale si è anche incontrata nel 2010, lo stesso anno in cui ha ricevuto una medaglia dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
In alcune intercettazioni ambientali, i carabinieri sentono la Canale parlare della Meloni: “Giorgia vedi che cazzo devi fare e mi dai un posto e uno stipendio nel tuo ministero”, “Giorgetta mi ha dato un finanziamento di 18500 euro”. E sono sempre gli investigatori dell’Arma che riassumono una conversazione registrata dalle microspie piazzate all’interno della Fiat 500: Rosy dice che “la stessa Meloni le ha detto di fare quello che vuole con i soldi e di spenderli a sua discrezione e lei ha comprato la macchina e si è fatta fare la fattura a noleggio”.
Nato all’indomani della strage di Duisburg, il movimento “Donne di San Luca” è così uno degli esempi di come l’antimafia diventa un business, una tecnica per soddisfare appetiti personali. Scrive, infatti, il gip: “Il risalto mediatico che deve suscitare il movimento anche in ambito nazionale diventerà una prerogativa essenziale per la sua riuscita e soprattutto per la sua presidente che risulterà cavalcare, a seconda o meno che l’occasione lo richieda, la vocazione antimafia del movimento per fini non proprio attinenti alla natura dello stesso”.
Nell’inchiesta “Inganno”, era stato arrestato anche l’ex sindaco di c che sarebbe stato eletto con i voti della ‘ndrangheta e avrebbe favorito le cosche. In primo grado anche lui è stato condannato a 6 anni di carcere.