Avanti adagio. Anzi no, stop. La tormentata vicenda dei cantieri del Terzo Valico – tra Liguria e Piemonte – segna un’ulteriore battuta di arresto. I due bandi, rispettivamente dei lotti 3 e 4 a Cravasco (Liguria) e Vallemme (Piemonte) del valore rispettivamente di 245 e 293 milioni di euro (scaduti a luglio e a novembre 2015) sono stati sospesi a tempo indeterminato. Recita un comunicato del Cociv (il Consorzio titolare del maxi appalto): “Entro qualche tempo (in termini di mesi) i lavori saranno ripresi”. Nel frattempo tutto resta in stand by: le ditte che avevano partecipato al bando europeo e i lavori di cantiere, già fermati una volta, ripresi e nuovamente fermati a causa della presenza di rocce amiantifere in concentrazione superiore a quella ammessa: 1000 milligrammi per chilogrammo di roccia e terra estratta. Il Cociv è il consorzio di imprese che si è aggiudicato l’appalto per la costruzione del tunnel di 37 chilometri sul tracciato di complessivi 53, fra Liguria e Piemonte, che dovrebbe ospitare il Treno ad Alta velocità. Un’opera che costerà, anzi costerebbe visto che i tempi si stanno allungando, 6,4 miliardi di euro e non sarà terminata prima del 2020.
La vicenda è parecchio aggrovigliata e non promette di chiarirsi facilmente. Riassunto delle puntate precedenti. I lavori sul versante ligure-piemontese, quasi tutti in galleria, erano stati osteggiati fin dal 2013 dai sindaci e dalle popolazioni (riunite nei comitati anti-Tav) delle vallate interessate che avevano lanciato per tempo l’allarme amianto. Nel febbraio 2013 prima battuta d’arresto. Il Cociv licenzia alcune ditte inadempienti nell’esecuzione dei lavori nel cantiere di Arquata Scrivia. A luglio 2015 si fermano i cantieri di Cravasco a seguito delle proteste degli abitanti e alla scoperta di amianto nelle rocce di scavo superiore alla norma, 1,7 milligrammi per chilo. Quasi il doppio del consentito. A novembre il Cociv presenta al tavolo tecnico una serie di misure impiantistiche atte a ridurre il rischio amianto. In quella sede viene stabilito di riprendere i lavori sulla base di un periodo sperimentale di 15 cicli di scavo attraverso i quali valutare l’efficacia delle misure adottate in termini di sicurezza e salute dei lavoratori. Completati i primi due cicli di scavo a fine novembre Cociv ha introdotto alcune modifiche alla procedure di scavo e si è proposto di riprendere l’attività a pieno regime.
Ma Arpal Liguria e Arpa Piemonte – le agenzie delegate alla tutela ambientale territorio – decidono che il limite dell’amianto deve scendere da 1000 a 100 milligrammi e questo limite viene recepito dal Put (Piano di utilizzo di terre da scavo) che impone a sua volta a Cociv di effettuare campionamenti su tutte le terre estratte. La decisione fa schizzare i costi dei lavori. Cociv impugna il Put davanti al Tar del Lazio e sospende le gare di appalto. Chiede al ministro della salute di chiarire se le procedure di estrazione sono quelle normali previste dalla legge ovvero quelle introdotte dal Put.
Il punto in contesa è dunque economico. Chi paga i costi lievitati? Rfi, il Consorzio Cociv o le ditte appaltanti? In attesa di chiarire questo punto cruciale, Cociv l’antivigilia di Natale sospende i lavori a Cravasco e in Vallemme e comunica alle ditte appaltanti dei nuovi lotti “che possono svincolarsi dall’offerta presentata senza oneri aggiuntivi oppure mantenerla per 180 giorni”. Il resto alle prossime puntate.