E’ un’offensiva in piena regola, quella lanciata dalle alte cariche vaticane: contro il disegno di legge Cirinnà, (un debole tentativo, all’italiana, di allargare le maglie dei diritti per le unioni non codificate), ora c’è anche la lettera dei vescovi liguri, ‘preoccupati’ per la famiglia. Chissà come se la ridono nella cattolicissima Irlanda, primo paese al mondo a introdurre il matrimonio tra persone dello stesso sesso nella propria Costituzione.
La lettera arriva dopo le esternazioni di Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, che ha benedetto il prossimo Family Day, appuntamento di massa nel quale ogni anno si fa grande sfoggio di devozione a principi ai quali nessuno sta facendo la guerra, né mettendo in discussione, come la bontà e legittimità della famiglia eterosessuale, o il battesimo o l’abito bianco e l’abito elegante per dire sì per tutta la vita, finché morte non ci separi. Come insegnano i percorsi fatti dai movimenti delle donne si sta parlando di proposte di legge che chiedono estensione, non riduzione, così come avvenuto nel divorzio e nell’interruzione di gravidanza.
Spicca, nel lungo documento rilasciato alla stampa, l’aver acquisito la tecnica del benaltrismo anche da parte di questo antico luogo di potere religioso: “Noi, Vescovi liguri, sentiamo il grave dovere di esprimere, innanzitutto alle comunità cristiane, la nostra preoccupazione per il momento che attraversa la società. Oltre alle persistenti difficoltà economiche e lavorative che pesano su singoli e famiglie, oggi è in gioco la stessa realtà familiare nella sua universale natura di un uomo e una donna uniti in matrimonio”.
Come a dire: c’è la crisi economica, e voi gay berciate per avere diritti?
Il fatto comico, (se non fosse tragico), è che i vescovi non si rendono davvero conto che allargare il godimento dei diritti civili è sempre accompagnato dall’estensione dei doveri, e quindi dalla conseguente attivazione della rete di controllo sociale: tutto quello che la lettera dice della famiglia eterosessuale è trasferibile senza alcun cambiamento a qualunque altra. Ecco il passaggio: ”La famiglia, così, è il fondamento e il centro della società. E’ comunità d’amore, grembo di vita, luogo nativo di incontro fra generazioni, palestra di dialogo tra generi diversi, cellula di giustizia sociale, prima risorsa economica del Paese, scuola di umanità nel rispetto del diritto del bambino ad avere padre e madre”.
Fermo restando che una madre e un padre ci sono sempre, e che nessuna famiglia omosessuale è un pianeta distante dal resto del mondo e dai generi che lo popolano, colpisce un’altra passaggio nella missiva, attribuito al Papa: ”La famiglia è un fatto antropologico (umano), non ideologico”. Appunto. Se la famiglia, come ogni costruzione sociale umana è un fatto non ideologico ma concretamente storico e in fieri perché solo un tipo di nucleo deve essere, ideologicamente, quello giusto, assoluto, inimitabile, esclusivo?
Le alte sfere vaticane non si rendono conto dell’occasione storica che stanno perdendo: quella di dimostrare la capacità dell’unica religione rivelata attraversata dal cambiamento e dalla rivoluzione di mettere in pratica la vocazione accogliente che tanto dichiara. Popolo cristiano, forza: disertate il family day e popolate le piazze di sabato 23 gennaio: l’ora della vera misericordia è adesso.