Le storie raccolte nel bollettino della associazione delle vittime. Secondo l'Eurispes 8 italiani su dieci sono contrari alla caccia. A 25 anni dal referendum i radicali vogliono limitare "i privilegi" dei cacciatori, istituendo maggiori limitazioni e controlli
Sedici morti e 64 feriti, tra cui tre minori, da settembre dello scorso anno a gennaio. Tra gli ultimi casi, un 12enne in provincia di Salerno con un polmone perforato da un proiettile. Era a caccia con il padre e lo zio durante le feste di Natale. Lo stesso non si può dire di una 15enne che, in provincia di Treviso, a poche settimane dall’inizio della scuola è stata ferita mentre andava in bicicletta. Sparito il cacciatore responsabile. Poi ci sono stati due raccoglitori di frutta nel veronese, un ciclista a Saronno e una donna che, colpita mentre si trovava sui suoi terreni, “dovrà convivere per il resto della vita con 50 pallini di piombo nel corpo”, racconta a ilfattoquotidiano.it Maria Cristina Tassi dell’Associazione vittime della caccia. Queste le storie che si incontrano leggendo il bollettino dell’associazione. Eppure “la maggior parte dei cittadini è contraria alla caccia”, continua Tassi. Ed è per questo che, a 25 anni dall’ultimo referendum, i Radicali Italiani depositeranno a fine gennaio una proposta “per una riforma della legge che tuteli persone e ambiente”, racconta il tesoriere Valerio Federico.
“In una corretta democrazia la caccia sarebbe già sparita da tempo”, commenta Massimo Vitturi, responsabile nazionale animali selvatici della Lega anti vivisezione (Lav). Stando all’ultimo rapporto Eurispes, infatti, otto italiani su dieci sono contrari alla caccia, favorevole solo un quinto della popolazione (21,2%), contro il 24,4% dello scorso anno. “Ma, nonostante questo, i cacciatori continuano ad avere immensi privilegi – continua il responsabile della Lav – Il tutto nell’assenza più totale di controlli. La polizia provinciale, infatti, è stata smantellata e anche il corpo forestale si appresta a raggiungere lo stesso destino. Restano le guardie venatorie volontarie che, nella maggior parte dei casi, sono anche loro cacciatori”.
La proposta di legge, elaborata insieme ai deputati Walter Rizzetto (gruppo Misto) e Gessica Rostellato (Pd), fa parte della campagna dei Radicali #Scacciamoli. “Troppi i privilegi concessi a chi va a caccia – continua Federico – Con questa proposta vogliamo vietare di sparare in aree protette e nei fondi privati”. L’articolo 842 del Codice Civile, infatti, consente ai cacciatori di avere accesso a tutte le proprietà private di campagna. “Praticamente, il proprietario di un terreno può allontanare una persona che sta facendo una passeggiata nei suoi fondi ma non può dire nulla a una squadra di cacciatori – continuano i Radicali – Non è previsto, inoltre, il divieto di cacciare sotto l’effetto di alcool e neppure con la nebbia”. Porte aperte alle battute di caccia anche nelle aree naturali protette, tanto che “è in corso una procedura di infrazione per l’Italia da parte dell’Ue”, segnala il tesoriere dei Radicali.
Una proposta di legge che chiede più controlli, soprattutto per gli over 50 (“come accade con la patente di guida”, continua Federico), ma anche il raddoppio delle distanze di sicurezza dagli immobili e la messa al bando delle altamente inquinanti cartucce al piombo. “Sono oltre 5mila le tonnellate annue di piombo disperse sul territorio nazionale – precisa Vitturi di Lav – Un danno enorme non solo per gli animali, ma anche per l’acqua che beviamo e i vegetali di cui ci cibiamo”.
Fare una stima degli animali uccisi è un compito arduo vista l’assenza di dati. “Ma sommando il numero massimo di animali che possono essere uccisi ogni anno in Veneto, Lombardia, Sicilia e Toscana (ogni stagione venatoria prevede un massimo numero di animali che possono essere abbattuti, ndr) si arriva a 154 milioni di capi. Una cifra calcolata per difetto – continua il responsabile di Lav – visto che i cacciatori non rispettano quasi mai il numero massimo di animali da uccidere”. Se vogliamo poi indagare l’attività venatoria come strumento di controllo delle popolazioni di animali selvatici, secondo la Lav basta vedere il numero di cinghiali tutt’ora presenti in Italia per capire quanto la caccia non sia efficace a limitarne il numero.
“Sicuramente c’è una pressione delle imprese di armi – continua il tesoriere dei Radicali – inoltre i cacciatori spostano un gran numero di voti”. Una nota politica, inserita in un contesto in cui “gli agricoltori hanno paura di minacce e ritorsioni – conclude Vitturi – dovendosi confrontare con persone arroganti con un fucile in mano”. Li chiamano incidenti. Eppure dei 64 feriti dell’ultima stagione venatoria, un quarto sono “civili”, ovvero persone estranee alla caccia. Restringendo lo sguardo solo ai bambini, “dal 2007 a dicembre 2015 sono stati uccisi undici minori, 23 i bambini feriti”, sostiene l’Associazione vittime della caccia.