Si è parlato ancora di questione meridionale nei giorni scorsi. Gerardo Adinolfi firma l’articolo Riparte il treno dei pendolari ma l’Italia su rotaia va a due velocità, pubblicato su Repubblica il 21 gennaio. Fa riferimento alla recentissima pubblicazione del Rapporto Legambiente, dal titolo “Pendolaria 2015”, da cui emerge una gravissima discrepanza nell’attuale offerta dei treni in Italia.
Il numero dei viaggiatori è cresciuto ovunque si sia migliorato il servizio offerto. È accaduto nei collegamenti tra Roma e Milano: rispetto al 2007, tra Frecciarossa e Italo, rispetto ai vecchi Eurostar, si è aumentata l’offerta del 370%. Mentre: “Ogni giorno in tutto il Sud circolano meno treni regionali che nella sola Lombardia. In particolare tra Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna i treni effettuano 1.738 corse, ossia decisamente meno dei 2.300 della sola Lombardia. E se si pensa che questo sia giustificato dalla quantità di persone presenti allora è necessario ricordare che la popolazione della stessa Lombardia equivale a quella di Sicilia e Campania messe assieme, e che le Regioni del Sud hanno oltre il doppio degli abitanti (19,5 milioni contro 9,7)”. E i treni del Sud sono più vecchi e più lenti, come spiega nei dettagli il Rapporto Legambiente.
Come se non bastasse “in Basilicata per muoversi tra i due capoluoghi di Provincia, Potenza e Matera, con Trenitalia non è più previsto alcun collegamento (nemmeno con cambi) mentre con ferrovie Appulo-Lucane sono obbligatori almeno 2 cambi. Altro caso è quello tra due capoluoghi pugliesi, Taranto e Lecce”.
Un errore strategico, secondo il rapporto, aver considerato il treno un mezzo “marginale” al Sud, approccio utile, più che altro, ad avallare politiche miopi e inadeguate. Lo dimostrerebbero il successo del collegamento diretto Palermo-Catania – dopo la chiusura dell’autostrada – e gli investimenti realizzati a Napoli nelle metropolitane e nel servizio ferroviario. Il rapporto ricorda il numero di passeggeri (150.000) che si servono quotidianamente della Linea 1 (erano 110.000 nel 2013 prima del prolungamento fino alla Stazione Garibaldi).
A chi volesse farsi un’idea chiara del divario ferroviario tra le varie aree del paese, consiglio vivamente la lettura di Il Divario del binario di Michelangelo Borrillo, (ed. Corriere della Sera) un agile e documentato saggio in cui si percorre senza intoppi la storia della ferrovia italiana.
Sempre di questi giorni un’interessante intervista a Raffaele Bonanni (ex segretario Cisl), in cui si legge che più il Sud avrebbe bisogno, a suo avviso, di due importanti misure: fiscalità di vantaggio per chi investe nelle aree del Meridione: taglio secco delle tasse sulle imprese del 50 per cento e, per dare più ampio respiro ai progetti infrastrutturali, una sorta di Agenzia speciale, che si occupi “di tutte le procedure (dalla progettazione agli appalti) per le grandi e meno grandi opere nel Mezzogiorno e per i finanziamenti alle imprese che derivano dai fondi europei”.
Nel frattempo, riflettevo su ciò di cui il Sud ha bisogno, e su ciò che proprio non ci serve affatto. E su certi aspetti è indispensabile esser chiari. Non ci servono, ad esempio, nuove ideologie feroci e rabbiose, dal piglio finto-leghista. Non ci serve un altro divario, in Italia, magari di stampo razziale, col suo turpe corredo di faciloneria fanatica e distruttiva di chi addossa tutte le responsabilità sugli altri: il Nord, l’Europa, gli altri.
Da queste parti, occorre soprattutto avere il coraggio e il buon senso di partecipare, partecipare, partecipare. E in molti lo fanno già, con sovraumano sforzo. Ma non basta. La gente che si accapiglia con veemenza per le cose da stadio, o si accalca negli ipermercati per acquistare compulsivamente i gratta e vinci deve cominciare a rivolgere le sue attenzioni al destino della cosa pubblica. Bisogna proteggere il decoro delle nostre strade con lo stesso amore con cui curiamo i nostri giardini privati. Occorre pensare ai nostri ospedali come se fossero la piccola farmacia domestica della casa di nonna. Dove nulla deve mancare. Occorre pensare alla dignità delle scuole e delle università, perché i nostri figli ci trascorreranno più ore che nelle loro camerette confortevoli.
Al Sud serve gente che si rechi alle urne, sempre, per votare una brava persona. Fosse anche l’unica in lista. Quella che non promette niente a nessuno. Quella senza il sorriso da squalo e il passato da rapace, o la fedina penale sozza. E se quella persona non ci fosse, ci serve gente che si senta in colpa per non essersi messa in gioco, in prima persona, per tutelare le nostre città dagli speculatori, i delinquenti voraci in giacca e cravatta, dal qualunquismo belluino che erode ogni entusiasmo e lo smonta come un lego.
Correre il rischio di sbagliare, in buona fede. Ma agire, senza indugio. E senza la necessità tribale di additare un colpevole. E, se si sbaglia, nonostante tutto, sarà anche responsabilità di tutti gli “esperti” che vivono nell’ombra per paura di scontentare i potenti di turno. Nascondendo la vigliaccheria sotto una patina di snobismo.