L’Antitrust ha multato per 2 milioni di euro complessivi la laziale Acea e le campane Gori (Gestione ottimale risorse idriche), Citl (Consorzio idrico terra di lavoro) e Publiservizi per pratiche commerciali scorrette nella fatturazione dei consumi di acqua. In particolare l’authority ha accertato la mancata effettuazione delle letture periodiche dei contatori, la mancata acquisizione delle autoletture comunicate dagli utenti “con conseguente fatturazione sulla base di stime che a volte si sono rivelate errate o eccessivamente elevate” o “invio di fatture di conguaglio pluriennali di elevata entità”, il mancato rispetto della periodicità di fatturazione e una serie di procedure che facevano pesare sui consumatori gran parte dell’onere di pagamento dell’acqua non consumata a causa di perdite occulte nell’impianto idrico. Una volta emesse queste fatture, alla scadenza del termine per il pagamento i gestori hanno avviato immediatamente le procedure di morosità, minacciando il distacco dell’utenza.
I procedimenti sono stati aperti sulla base di numerose segnalazioni dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico e di consumatori e associazioni di consumatori. Tenendo conto delle condotte della dimensione dei fenomeni accertati, l’Antitrust ha sanzionato Acea per 1,5 milioni totali, riconoscendo come attenuanti le misure proposte per il miglioramento del servizio, Gori per 250mila euro (in questo caso valgono come attenuanti anche alcune difficoltà gestionali), Citl per 160mila euro e Publiservizi per 100mila euro per aver “preso parte attiva” ad alcune pratiche scorrette.
A giudizio dell’Autorità presieduta da Giovanni Pitruzzella, le condotte delle aziende sono state non solo connotate da una mancanza di diligenza, ma anche di carattere aggressivo perché “idonee cioè a determinare nei consumatori un indebito condizionamento” ovvero “a ottenere il pagamento di importi non corrispondenti ai consumi effettuati, oppure dovuti ma con modalità e tempistiche diverse, da parte delle imprese sanzionate che operano in regime di monopolio per la fornitura di un bene vitale ed essenziale come l’acqua e dispongono di un’importante leva commerciale come la minaccia di interrompere il servizio”. Gravi inerzie si sono registrate, inoltre, nella fase di gestione dei reclami e delle richieste di prestazione presentati dai consumatori, con la formulazione di risposte evasive, non pertinenti o non risolutive rispetto all’oggetto di reclamo e spesso senza che venissero sospese cautelativamente le procedure di riscossione e distacco delle utenze. Condotte che hanno ostacolato l’esercizio dei diritti contrattuali dei consumatori, condizionandoli attraverso la minaccia del distacco della fornitura in pendenza del reclamo o dell’istanza e costringendoli così al pagamento.