Può la povertà essere un’attrazione turistica? Sì, secondo il tour operator peruviano Haku Tours, che offre ai viaggiatori desiderosi di scoprire il vero Perù uno “shanty town tour”, cioè un giro per i quartieri più marginali, poveri e pericolosi di Lima.
Per 50 dollari a persona si può camminare, accompagnati da una guida, nelle strette strade delle colline di Villa El Salvador, uno dei quartieri più grandi e poveri della capitale peruviana, visitando anche uno dei suoi asili, un artigiano che lavora l’argento e alcune famiglie di questa comunità. Ai turisti viene spiegato come si è sviluppata, i progetti di urbanizzazione, le politiche, la religione, entrando anche nelle case dei suoi abitanti, vivendo momenti della loro vita di tutti i giorni e partecipando in alcuni casi alle loro attività.
A Lima, abitata da nove milioni di persone, più di un milione è povero e vive in settori nuovi, nati con l’arrivo in massa di immigrati da altre regioni del Paese a partire dagli anni ’40. Lo Stato non è riuscito a far fronte alla loro domanda abitativa, e così sono stati gli stessi cittadini a costruirsi le case semplicemente con i materiali che trovavano, cartone, plastica, legno e zinco, ma prive di acqua e luce. Villa El Salvador è una delle baraccopoli più grandi della città, nata negli anni ’70 nella parte meridionale di Lima, e si trova esattamente dalla parte opposta di Miraflores, uno dei quartieri più esclusivi.
La passeggiata, garantisce Haku Tours, avviene in totale sicurezza per i turisti. Dopo che in passato molti bambini hanno subito furti dagli abitanti della comunità, ora durante le visite c’è sempre un poliziotto a sorvegliare e proteggere. Non manca qualche raccomandazione comunque, come quella di indossare abiti colorati, perché per i locali li preferiscono (i colori scuri infatti sono sinonimo di sfortuna e cattivi presagi) e quella di trasformare i propri nomi nell’equivalente spagnolo, in modo da renderli più ‘comprensibili’. Evitare poi di portare con sé borse grandi, ma solo una piccola macchina fotografica insieme ad una bottiglietta d’acqua.
Con gli introiti generati dalle visite turistiche, Haku Tours finanzia alcuni progetti per aiutare e migliorare la vita delle comunità, supportare i trasporti locali, dare lavoro alle famiglie in difficoltà e organizzare progetti sociali di volontariato e donazioni. Progetti di cui c’è davvero bisogno visto lo stato in cui vivono molti degli abitanti di Villa El Salvador: in case di 30 metri quadrati possono abitare anche fino a 22 persone, che si dividono le spese dell’acqua che comprano da camion cisterna, e per l’allaccio clandestino alla luce, mentre non hanno né bagni ma solo latrine, che vengono pulite con la calce viva.
Quella peruviana non è però l’unica esperienza del genere. Anche a Rio de Janeiro in Brasile, per 90 real (pari a circa 38 euro) è possibile fare un tour per Rocinha, la più grande favela della città brasiliana, dove si stima che vi abitino fino a 180mila persone. Secondo un censimento del 2010, circa il 6 per cento della popolazione brasiliana vive nelle favelas, pari cioè a 11,2 milioni di persone (più o meno l’intera popolazione del Portogallo). Come nel caso peruviano, anche qui la guida è uno del posto, nato cioè nella favela, ma in grado di parlare inglese.
Come spiega sul suo sito Brazilexpedition, molti hanno un’idea di Rio e delle sue favela basata solo su pregiudizi, veicolati anche da film come “City of God”, e proprio per dargli un’immagine più veritiera della vera e moderna Rio, offrono questi favela tour a Rocinha, per mostrare com’è la vita di ogni giorno in questa parte della città. Non è come andare in un safari, dove gli animali li si guarda da lontano col binocolo. Anche in questo caso i turisti incontrano gli abitanti della favela, e possono sentir raccontare le loro storie. Il tour dura 4 ore e parte del biglietto pagato va alla comunità della favela. Le cose però stanno cambiando nelle favelas. Ad abitarci non c’è solo gente povera, ma anche parte della nuova classe media brasiliana e spesso le case dispongono di elettricità. Ma come racconta Carlos, una guida turistica che lavora nella favela, “il 99 per cento dei visitatori è straniero. I brasiliani non hanno la minima curiosità di conoscere la favela, almeno una volta nella vita”.