A dirlo è la "relazione annuale Anticorruzione" del segretario generale e guida della Direzione trasparenza Serafine Buarné e pubblicata da il Messaggero: "Manca una cultura dell'etica e la trasparenza viene vissuta come un mero adempimento"
“Eventi corruttivi hanno attraversato tutte le aree a rischio del Comune di Roma“. “Manca una cultura dell’etica e la trasparenza viene vissuta come un mero adempimento”. E infine, anche dopo Mafia Capitale, “emerge la saldatura tra mafia e politica”. E’ questa l’analisi sulla situazione del Campidoglio nel 2015, illustrata nella “relazione annuale Anticorruzione” del segretario generale del Comune e guida della Direzione Trasparenza Serafine Buarné. “Si può constatare”, si legge nel documento pubblicato da il Messaggero, “che gli eventi corruttivi verosimilmente hanno attraversato trasversalmente tutte le aree a rischio”.
Nel corso dell’anno sono stati registrati 150 casi di violazione delle regole, di cui “61 penalmente rilevanti” e 26 episodi di corruzione. In totale sono 22 i dipendenti indagati. I settori più interessati: servizi e forniture, area controlli e affidamento lavori. Le irregolarità sarebbero state possibili anche perché il “Sistema dei controlli interni” del 2013, secondo quanto evidenziato dai tecnici, non è mai stato attuato.
In generale viene evidenziato come il Campidoglio sia caratterizzato da una “macchina amministrativa macroscopica dove la dimensione e la complessità della macrostruttura costringono ad operare in condizioni di particolare difficoltà organizzativa”. Nel Comune, scrive il segretario generale, “emerge la saldatura tra mafia e politica e si realizza attraverso una rete capillare di relazioni, che mirano ad alterare le determinazioni della pubblica amministrazione”.