L’accordo di Schengen è salvo. Anzi, sta per saltare. Il vertice informale dell’Unione europea ad Amsterdam non risolve il nodo dei controlli alle frontiere fra Paesi europei sull’onda della crisi dei profughi. Da un lato le preoccupazioni “nordiche” per l’arrivo di migliaia di migranti, dall’altro quelle di Italia e Grecia, lidi di approdo dei barconi, che temono l’effetto collo di bottiglia.

Schengen “sta per saltare”, ha affermato la ministra dell’Interno austriaca Johanna Mickl-Leitner a margine dell’incontro. “Ciascuno è consapevole che l’esistenza dello spazio Schengen è in bilico, e che deve succedere qualcosa velocemente”. Gli Stati membri hanno “invitato la Commissione Ue a preparare le procedure per l’attivazione dell’articolo 26 nell’ambito del codice Schengen”, ha chiarito il ministro olandese alla Sicurezza Klaas Dijkhoff. L’articolo prevede la possibilità per uno o più Stati membri di estendere i controlli alle frontiere interne, fino a due anni. Controlli temporanei già in vigore  fra gli altri in Austria e Germania, con scadenza a maggio, mese da cui potrebbe partire l’applicazione dell’articolo e quindi il prolungamento fino a due anni.

Di tutt’altro tenore l’intervento del ministro dell’Interno italiano Angelino Alfano: “Alla fine di questa giornata di lavoro Schengen è salva, per ora. Abbiamo poche settimane per evitare che si dissolva tra gli egoismi nazionali”. Alfano punta a prendere tempo e spiega: “A mio avviso fino a maggio siamo in tempo per ragioni tecniche e politiche”. E quelli che pensano che un ripristino dei controlli alle frontiere interne dell’Ue sia “la soluzione per l’Italia”, afferma il ministro, “al di là dei principi generali, dico: ma si rendono conto o no che non possiamo mettere il filo spinato nel mar Mediterraneo e nemmeno nell’Adriatico e il danno economico sarebbe enorme?”. E’ la linea di Matteo Renzi: “Mettere in discussione l’idea di Schengen significa uccidere l’idea di Europa”, è la posizione del presidente del consiglio.

Sono Danimarca, Francia, Germania, Austria, Norvegia e Svezia i Paesi che hanno reintrodotto i controlli alle frontiere. La decisione del governo francese è stata presa in seguito all’attacco terroristico del 13 novembre, gli altri hanno adottato il provvedimento per far fronte al flusso di migranti.

“Ci sono abbastanza Paesi favorevoli ad applicare l’articolo 26 per far fronte all’elevato numero di arrivi di persone sul suo territorio”, ha riferito il ministro dell’Interno spagnolo Jorge Fernandez Diaz. Contrari Grecia e, appunto Italia. Atene – che negli ultimi mesi ha registrato uno stillicidio di naufragi e di morti di fronte alle proprie coste – rimprovera ai Paesi Ue la lentezza nella risposta su molti fronti, dai finanziamenti alle guardie di frontiera, all’equipaggiamento per il rilevamento delle impronte digitali, nonché al rifornimento di ambulanze e letti. “È comprensibile che un Paese sia nel panico, abbia paura e chiuda i confini”, accusa il ministro greco per l’Immigrazione Yannis Mouzalas. “Ed è una questione da accettare il fatto che la crisi europea sarà una crisi umanitaria in Grecia, con migliaia di rifugiati e migranti intrappolati“.

Il tempo sta finendo, avverte il connazionale Dimitris Avramopoulos, commissario Ue alle Migrazioni e agli Affari Interni. “E’ ora che gli Stati membri attuino pienamente” le misure concordate, perché “l’unica soluzione alla crisi dei rifugiati è una risposta europea”. Avramopulos chiede in concreto “hotspot pienamente operativi, tutti quelli previsti. Bisogna che chiunque arrivi venga correttamente registrato e dobbiamo procedere a tutta velocità con le rilocalizzazioni. E dobbiamo rimandare a casa le persone che non hanno diritto di restare”.

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