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Marvin Minsky, morto il “padre dell’Intelligenza artificiale”. Aveva 88 anni

Nel ritratto pubblicato sul New York Times, Alan Kay, professore e amico di Minsky ricorda: “Marvin è stata una delle poche persone nel campo dell’informatica la cui visione e le cui prospettive liberarono il computer dall’essere una glorificata macchina per il calcolo, per iniziare a pensarlo come uno dei più potenti amplificatori degli sforzi umani”

di Luisiana Gaita

Molti scienziati lo chiamavano ‘il grande vecchio (e anche padre) dell’Intelligenza artificiale’. È morto a Boston all’età di 88 anni, per un’emorragia cerebrale, Marvin Minsky, il professore che per un’intera vita ha seguito l’idea rivoluzionaria di esplorare la mente umana e riprodurre nei computer e nei robot capacità umane come percezione e intelligenza. Un vero pioniere e uno dei più influenti scienziati cognitivi del secolo scorso. Ma Minsky era anche altro. Partecipò come consulente alla realizzazione del film diretto da Stanley Kubrick2001 Odissea nello spazio’ e rischiò di perdere la vita a causa di un incidente avvenuto sul set. Viene citato nel film e anche nel libro di Arthur C. Clarke, dove è ancora più centrale il rapporto tra gli astronauti e il computer di bordo Hal 9000. Fu sempre lui a suggerire a Michael Crichton la trama di ‘Jurassic Park’. Insieme a John McCarthy fondò l’Artificial Intelligence laboratory del Mit di Boston, uno dei centri di ricerca più famosi al mondo.

LE SUE INVENZIONI – Nato a New York nel 1927 da una famiglia ebrea, veterano della seconda guerra mondiale, si laureò in matematica ad Harvard nel 1950.  Aveva appena 24 anni quando sviluppò il dispositivo a valvole Snarc, la prima macchina di apprendimento casuale a rete neurale. Ottenne un dottorato a Princeton nel 1954. Due anni dopo costruì il primo microscopio confocale in grado di riprendere immagini ad altissima risoluzione. Nel 1963 inventò il primo display grafico da indossare e, in seguito, insieme a al matematico e pedagogista Seymour Papert, la prima versione del linguaggio di programmazione Logo.

GLI STUDI SULL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE – Al Mit Minsky arrivò nel ’58 e l’anno dopo fondò insieme a John McCarthy il Laboratorio di Intelligenza Artificiale, l’attuale Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory (dove ha trascorso la maggior parte della sua vita). Saranno proprio le ricerche del laboratorio a rendere famoso in tutto il mondo l’istituto di Boston. Nel ritratto pubblicato sul New York Times, Alan Kay, professore e amico di Minsky ricorda: “Marvin è stata una delle poche persone nel campo dell’informatica la cui visione e le cui prospettive liberarono il computer dall’essere una glorificata macchina per il calcolo, per iniziare a pensarlo come uno dei più potenti amplificatori degli sforzi umani”. Minsky ha lavorato allo sviluppo di mani robotiche in grado di gestire gli oggetti grazie a sensori tattili. Insieme al matematico Seymour Papert, negli anni Settanta elaborò la teoria della società della mente, secondo cui l’intelligenza non è il prodotto di un singolo meccanismo mentale, ma deriva invece dall’interazione di unità mentali che svolgono differenti compiti. Nel 1985 divenne un membro fondatore del MIT Media Lab, insieme a Nicholas Negroponte e iniziò a lavorare a progetti di dispositivi indossabili, interfacce tangibili e affective computing. Insomma, i più avanzati sistemi tecnologici di comunicazione. Nella sua carriera ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il prestigioso A.M. Turing Award nel 1969.

L’EREDITÀ – “L’idea di intelligenza artificiale che abbiamo oggi la dobbiamo a Marvin Minsky” ha detto Daniela Rus, direttore del laboratorio di intelligenza artificiale del Mit. Marvin Minsky ha scritto testi scientifici e anche alcuni racconti di fantascienza. Nei volumi ‘La società della mente’  e ‘La macchina delle emozioni’ sono raccolte le sue idee rivoluzionarie. Il suo ultimo libro, “The Emotion Machine: Commonsense Thinking, Artificial Intelligence, and the Future of the Human Mind”, è stato pubblicato nel 2006. Nel testo Minsky mette in relazione gli stati emotivi e i processi del pensiero. Nelle pagine c’è il suo lavoro di una vita, legato all’idea che sia possibile progettare macchine in grado di sentire e pensare. L’evoluzione dei robot. Che tutto devono a Minsky.

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