Patrizio Giliberti è il papà di Alessandro, affetto da una rarissima patologia neurodegenerativa. "Mi sono rivolto a tutti gli ospedali indicati dall'Istituto superiore di Sanità ma la risposta è sempre la stessa: nessuna possibilità di cura". Ora lancia un appello per trovare i fondi per una terapia sperimentale con le cellule staminali
“Per il governo e il sistema sanitario italiano mio figlio è solo un peso”. Patrizio Giliberti è il papà di Alessandro, un bambino di otto mesi affetto dalla sindrome di Krabbe, una rarissima patologia neurodegenerativa che colpisce la guaina mielinica del sistema nervoso. Solo un bambino su 100mila viene colpito da questa malattia. Il piccolo Alessandro è uno di questi. La sua vita, secondo il padre, è appesa alla possibilità di seguire una terapia sperimentale con le cellule staminali al Children’s Hospital di Pittsburgh negli Stati Uniti: costo preventivato 500mila dollari circa. Un viaggio impossibile per papà Patrizio, guardia giurata all’aeroporto di Roma e mamma Palma, costretta a casa per seguire il piccolo. Patrizio non s’arrende e lancia l’appello perché chi può dia una mano alla famiglia.
Un sostegno economico e/o un rimborso per seguire una terapia sperimentale non rientra nelle competenze della sanità pubblica. Secondo il ministero in Italia c’è chi si può occupare di questo caso: “Sono stati identificati”, spiega Domenica Taruscio, responsabile del reparto test genetici del Centro nazionale malattie rare dell’Istituto superiore di Sanità, “presidi per la prevenzione, la diagnosi, il monitoraggio e il trattamento specifico della patologia. I più rappresentativi sono il San Raffaele e l’istituto Carlo Besta a Milano; il Bambin Gesù e il policlinico romano Umberto I; le Scotte a Siena; il Meyer a Firenze; il Gaslini e l’Università degli studi Federico II a Napoli”.
Il padre però sostiene che in Italia non è stata offerta “alcuna possibilità di cura” al figlio. “La sindrome”, spiega, “è stata scoperta al Bambin Gesù di Roma ma mi sono rivolto anche al Gaslini di Genova, al San Raffaele di Milano e a Telethon: nessuno mi ha dato speranza. Dicono che trattano la sindrome di Krabbe e invece la scoprono e basta. Non fanno altro. Mi sono rivolto a tutti gli ospedali indicati dall’Istituto superiore di Sanità ma la risposta è sempre la stessa: mio figlio deve morire. Ciò che potrebbero fare a Pittsburgh per me è fantascienza, non sono un medico ma voglio crederci”. Il problema per Giliberti restano i finanziamenti: “Sulla questione del rimborso, io proverò a seguire la strada indicata ma so già che per ottenerlo ci dev’essere il benestare dell’ospedale che ha individuato la sindrome. Se non approvano questo tipo di terapia non potrò avere un euro. Un sottufficiale dell’aeronautica militare mi ha informato della possibilità di effettuare voli di Stato per ragioni sanitarie, ma serve sempre quel benestare”.
Nei giorni scorsi il Tg1 ha dato spazio alla sua battaglia ma ora il padre di Alessandro rilancia il suo appello e attacca le istituzioni italiane: “Il ministero della Salute non approva queste cure sperimentali perciò dovremo pagare tutto noi. Questa è una ‘guerra’”. In Italia ci sono altre cinque famiglie che hanno bambini con la sindrome di Krabbe. So di una famiglia che si è arresa e sta inesorabilmente attendendo la fine della vita di quel piccolo ma altre due coppie sono entrate nel programma delle cellule staminali: i loro figli ora hanno cinque anni, hanno superato ogni aspettativa di vita prevista. Io non mi arrendo: se avrò ragione la mia missione sarà far luce su tutto quanto sta accadendo”.
Mamma Palma e papà Patrizio vogliono fare tutto il possibile. Scoprire che Alessandro è affetto dalla rara sindrome non è stato facile: “A quattro mesi non provava più a prendere gli oggetti con la manina, non teneva il collo dritto. Al Bambin Gesù hanno fatto gli accertamenti necessari, hanno visto una macchia nella parte del cervello; i nervi ottici, delle braccia e delle gambe erano già intaccati. Hanno fatto altre analisi e hanno definito che si trattava di questa malattia”. Intanto in molti si sono mossi, dai commercianti della zona dove vive la famiglia Giliberti alla Croce Rossa Abruzzese: Patrizio nei giorni del terremoto all’Aquila era corso sul posto a spalare le macerie ora sono gli amici di quella regione a dare lui una mano.