Riempiono le pagine dei romanzi, e per la verità anche gli studi di psicoterapia. Sono quelle che nel mio libro Anatomia della coppia, ho chiamato le coppie nel desiderio. Il loro motto è “sto con te perché mi piaci”. E cosa c’è che non va in questo, vi starete forse chiedendo? Nulla, se non fosse che poi accade che, se il nostro partner non fa quello che ci aspettiamo o ha dei lati che non ci piacciono, sorge il problema. Nelle coppie nel desiderio, vi è sempre una parabola o una ciclicità, un’alternanza di fasi.
La prima fase è quella del grande innamoramento e della passione che rende queste coppie così appetibili anche per le fantasie dello scrittore o dello scenografo. “Sto con te perché mi piaci e mi piace piacerti”: ci fa felici essere apprezzati e amati. Ma spesso pensiamo di essere amati solo se siamo bravi, se facciamo quello che vogliono gli altri, oppure se diventiamo indispensabili per l’altro. E ci aspettiamo che l’altro faccia lo stesso.
Così comincia la delusione, la lamentela: “Lui non è abbastanza affettuoso, lei è troppo soffocante. Se lui fosse più presente sarebbe perfetto. Se lei non mi stesse così addosso mi sentirei più disponibile a impegnarmi”. E così via. Nelle coppie nel desiderio l’altro non va mai veramente bene, in fondo lo vorremmo diverso, perché è il copione della mancanza e dell’insoddisfazione che mettiamo in atto.
Ci sono sempre un ma e un se davanti alla nostra felicità. Noi vorremmo che lui o lei fosse… facesse… volesse… qualcosa di diverso da ciò che è, fa, vuole. Storie… se ne potrebbero raccontare all’infinito. C’è chi accetta cose che in realtà non vuole e non condivide pur di non essere lasciato. Chi ha il terrore del tradimento. Chi si annulla pur di compiacere. Quasi tutti si lamentano, soffrono, finiscono per essere infelici nella relazione, talvolta cercando di cambiare l’altro, impresa ovviamente impossibile, talaltra collezionando storie destinate ad andare nello stesso modo, come un copione che si ripete all’infinito.
Copioni del passato che vengono ogni volta riproposti: cambiano gli attori con cui ci relazioniamo, ma la trama risulta sempre la stessa. Nelle coppie nel desiderio proiettiamo i nostri irrisolti, l’eco dei bambini feriti che siamo stati, il riverbero delle relazioni del passato, fino a quelle originarie con i nostri familiari che cerchiamo assurdamente di riparare nel presente. È così che cadiamo anche nelle dinamiche della dipendenza affettiva.
La coppia nel desiderio è una fortuna se affrontiamo dentro di noi il copione disfunzionale e finalmente lo lasciamo andare, una condanna se cerchiamo di risolvere il copione attraverso la relazione con l’altro. L’altro è infatti solo uno specchio delle zavorre emotive che ancora non abbiamo lasciato andare. La difficoltà di accettazione dell’altro è lo specchio della difficoltà di accettazione di noi stessi e fa sì che in realtà l’altro non sia mai accettato davvero per ciò che è, ma solo per la funzione riparativa che può avere, e questo genera un terribile sabotaggio del rapporto. “Sarà lui a dover cambiare!”, “Sarà lei a dover cedere!”: dietro al gioco delle colpe respirano paure e fragilità che vengono schermate attraverso il partner. E naturalmente anche la sessualità finisce per risentirne.
Vi suona familiare? Credo che davvero pochi di noi non abbiano vissuto almeno una storia di questo genere, semplicemente perché davvero pochi di noi hanno avuto accesso a un attaccamento infantile fatto veramente di vicinanza emotiva, sintonizzazione reciproca, intimità e sano rispecchiamento. A loro volta era stato così anche per i nostri genitori, ed ecco la trasmissione transgenerazionale dei copioni emotivi. Nelle coppie nel desiderio il passato domina il presente e infatti continuiamo a chiedere a chi è oggi con noi di fare ciò che avremmo voluto che altri facessero in passato.
Spesso tutto questo è inconsapevole. Ma a un certo punto, può accadere un salto quantico: i due partner cominciano a osservarsi, a interrogarsi, a riflettere, al di là del giudizio, comprendendo l’importanza di andare oltre la paura e le aspettative. Co-creano insieme i cardini dell’attaccamento sicuro: sintonizzazione e vicinanza.
Provano il desiderio di conoscere davvero l’altro, per quello che è. Nell’attaccamento sicuro siamo più interessati all’autenticità che al compiacimento: ci sentiamo liberi di essere come siamo, anche con i lati cosiddetti negativi, perché sappiamo che l’altro vuole conoscerci davvero, e noi pure vogliamo davvero conoscere l’altro. Le coppie nel desiderio divengono così coppie nel percorso, in evoluzione. Si adattano a loro tutte le metafore del viaggio e della guarigione. È così che co-creano l’unione come stato dell’essere.