Per decenni gli stranieri residenti in Italia sono stati esclusi dal campione auditel perché i nominativi venivano estratti dalle liste elettorali (che contengono, ovviamente, solo i cittadini italiani) Da qualche tempo, sulla spinta particolare di Sky che contava di trovare proprio tra i “non italiani” un privilegio di attenzione, l’immigrazione, quella più stanziale e consolidata che pare ammonti al 7% degli abitanti in Italia, si è fatta spazio anche fra gli indici d’ascolto.
Come ce la mostra l’auditel: integrata o appartata? Confusa con gli indigeni o tuttora “diversa”. A dare retta ai dati di gennaio: molto diversa, ma anche molto uguale.
Diversa perché molti telecomandi stranieri si spargono nella molteplicità, anche linguistica, dell’offerta satellitare di Sky o dei canalini del digitale terrestre. Il che vuol dire che solo un terzo degli “stranieri” trova qualcosa di interessante nel mainstream della tripletta generalista di Rai, Mediaset e La7. Ma è qui dentro che si hanno le maggiori sorprese, perché Rai 1, altro che ammiraglia, raccoglie tra il 4% e il 5%, ovvero la metà della metà dell’audience a cui è abituata con gli italiani, mentre Rai 2 e Rai 3, ma anche Rete 4 e La7, restano comunque non lontane dai loro ordini di grandezza piccolo-generalisti. Il vero exploit è di Canale 5 e Italia 1, con il primo che prende fra gli stranieri quasi il 13%, molto più della metà del dato usuale fra gli indigeni. Dunque se la cava assai meglio di Rai 1. Italia 1, addirittura, arriva quasi all’8%, sopra il dato nazionale globale. Però il successo di Italia 1 è facilmente spiegabile grazie all’accoglienza per i tanti film blockbuster, e dunque di per sé di gusto internazionale, che ne hanno popolato le serate (e che conquistano fra i giovani multietnici il triplo dello share medio nazionale) mentre l’adesione a Canale 5, più popolata da programmi tv come talk show e talent, sembra piuttosto il frutto di una scelta di fondo.
Come se quel modello di consumismo con lontane radici nella originale idea di tv commerciale che risale agli anni ’80 costituisse il vero “sogno” perseguito da chi, dopo anni di residenza tra noi, sceglie quel che somiglia a ciò a cui vorrebbe somigliare. Non, evidentemente, Don Matteo o Bruno Vespa, ma, semmai, Maria De Filippi.
Ed è qui che la diversità fra stranieri e autoctoni sembra rovesciarsi in similarità, perché i nostri “stranieri” non rifiutano, a quanto pare, l’italico nazional-popolare (incarnato nelle due ammiraglie generaliste), ma scelgono senza esitazioni fra le due versioni televisivamente correnti. Ed è così che il Biscione va più veloce del Cavallo e (per l’invidia di Achille ancora alle prese con la tartaruga) lo sorpassa di molto.