Il gruppo Fiat Chrysler, escludendo Ferrari che all’inizio di quest’anno è stata scorporata dalla casa madre, ha chiuso il 2015 con un utile netto sceso a 377 milioni di euro dai 632 milioni del 2014. Solo se si tiene conto dell’apporto della casa di Maranello l’utile “aggiustato”, cioè escluse minusvalenze, oneri di ristrutturazione e altre uscite atipiche, sale a 2,02 miliardi dagli 1,06 del 2014. Il debito netto a dicembre era invece pari a 8,58 miliardi contro i 10,2 di settembre 2015, sempre incluse le Rosse. Le consegne totali di auto, sempre considerando anche il Cavallino rampante, sono state 4,61 milioni, sostanzialmente stabili rispetto al 2014.
Gli obiettivi finanziari per il 2016, aggiornati dopo lo scorporo di Ferrari, hanno deluso gli analisti perché prevedono ricavi netti “sopra i 110 miliardi di euro”, contro i 115 miliardi attesi, un utile netto aggiustato di 1,9 miliardi e un indebitamento netto industriale sotto i 5 miliardi. I titoli Fca e Ferrari, dopo la diffusione dei dati, sono passati in rosso a Piazza Affari. Fiat Chrysler nel primo pomeriggio è stata sospesa per eccesso di ribasso. Cala pesantemente anche Exor, azionista di maggioranza di Fca.
Indebitamento giù grazie a scorporo e quotazione Ferrari – La scissione di Ferrari, come previsto dall’amministratore delegato Sergio Marchionne, ha permesso a Fca di ridurre all’inizio di gennaio l’indebitamento industriale da 6 a 5 miliardi di euro. La discesa dai 7,7 miliardi del 31 dicembre 2014 a 6 miliardi è stata consentita, oltre che dal “flusso di cassa positivo della gestione operativa” e dall’effetto positivo dei cambi, anche da “incassi pari a 0,9 miliardi di euro relativi all’Ipo del 10% di Ferrari e 0,3 miliardi di euro versati ai soci di minoranza”. La liquidità disponibile al 31 dicembre 2015 era pari a 25,2 miliardi di euro, in calo rispetto ai 26,2 miliardi di euro di fine 2014.
Ricavi giù in America Latina e Asia – Per quanto riguarda i singoli mercati, i ricavi del gruppo sono aumentati da 52,4 a 69,9 miliardi nel Nord America e da 18 a 20,3 miliardi in Europa, Medio Oriente e Africa, mentre sono diminuiti da 8,6 a 6,4 miliardi in America Latina e da 6,2 a 4,8 miliardi nell’Asia-Pacifico. I ricavi di Maserati, che vengono contabilizzati a parte, sono calati del 13%, da 2,7 a 2,4 miliardi, a causa, si legge nella nota di bilancio, dei “minori volumi della Quattroporte conseguenti all’indebolimento della domanda nel segmento di riferimento negli Usa e in Cina”. Per il 2016 Fiat Chrysler prevede un miglioramento sui mercati americano ed europeo e il ritorno all’utile in Sudamerica, dove nel 2015 il risultato netto “aggiustato” è stato negativo per 85 milioni, mentre in Asia la redditività è attesa in miglioramento nel secondo semestre con il completamento della fabbrica di Jeep in Cina. Maserati, sempre stando alle stime di Fca, dovrebbe migliorare le performance nel secondo semestre 2016 in seguito al lancio del suv Levante.
Rivisti obiettivi al 2018: slitta il rilancio Alfa Romeo. E le auto vendute diventano “non importanti” – Il gruppo ha anche aggiornato, alla luce dello scorporo di Ferrari, gli obiettivi finanziari al 2018 previsti dal piano presentato nel 2014 da Marchionne. Che però non ha voluto dare dettagli sul target di vendite, che era stato fissato a 7 milioni, e ha dribblato la domanda sostenendo che “non è importante, siamo focalizzati sui nuovi target finanziari al 2018″ e quell’obiettivo “si basava sulla visione del mercato che avevamo nel 2014”.
La stima dei ricavi in ogni caso è stata rivista al rialzo a 136 miliardi di euro dai 129 miliardi comunicati finora e il risultato prima degli oneri finanziari (ebit) aggiustato è visto in una forbice compresa tra 8,7 e 9,8 miliardi, rispetto agli 8,3-9,4 miliardi stimati nel 2014. Sale invece l’indebitamento previsto al 2018: prima la forchetta era tra 1,9 e 2,4 miliardi, ora sarà tra 4 e 5. Viene rinviato poi di due anni, dal 2018 al 2020, il completamento dei lanci di Alfa Romeo. Di conseguenza anche gli investimenti saranno anche spostati in avanti. Non una buona notizia per gli impianti italiani, centrali nel rilancio del marchio del Biscione.