La curva San Luca dello stadio Dall’Ara di Bologna sarà dedicata ad Arpad Weisz, allenatore dei rossoblu negli anni Trenta e morto ad Auschwitz nel 1944. Accogliendo la richiesta arrivata al Comune dagli studenti della scuola Guinizelli, il sindaco Virginio Merola, Pd, ha infatti annunciato di voler di proporre al Consiglio comunale l’intitolazione all’allenatore ebreo ungherese della curva San Luca, quella che si trova dalla parte opposta alla curva Bulgarelli che ospita la tifoseria organizzata rossoblu. Sulla decisione si dovrà esprimere anche il Bologna calcio. Già dal 2009 all’interno dell’impianto sportivo c’è una lapide che ricorda il tecnico e in occasione della Giornata della memoria, proprio lì davanti, si è tenuta una piccola cerimonia: presenti i dirigenti del Bologna, il presidente della Comunità ebraica di Bologna e il sindaco che ha annunciato un po’ a sorpresa la novità. Una scelta unica in Italia, quella di intitolare una curva a un ebreo vittima dell’antisemitismo, in un mondo, quello delle curve appunto, composto spesso anche di persone che si rifanno a ideologie di estrema destra e razziste.

Con Weisz la squadra emiliana conquistò due scudetti nel 1935 e nel 1936 e il Torneo dell’esposizione universale di Parigi del 1938, una specie di Champions League dell’epoca. Il Bologna venne soprannominato la squadra che “tremare il mondo fa”. Weisz, esponente di spicco di quel calcio danubiano allora quasi più importante di quello dei maestri inglesi, era arrivato in Italia nel 1924 come calciatore al Padova. Appese a 30 anni le scarpette al chiodo e poco tempo dopo iniziò ad allenare l’Inter. A Milano vinse uno scudetto nel 1930 (il più giovane allenatore di sempre avincere il titolo, aveva 34 anni) e scoprì un talento che si chiamava Peppino Meazza.

Insomma una stagione di trionfi. Ma con il 1938 si chiuse improvvisamente l’avventura italiana di Weisz. Le leggi razziali promulgate dal governo fascista di Benito Mussolini e il conseguente licenziamento da parte del Bologna Calcio, costrinsero il tecnico a cercarsi lavoro altrove. I figli, che studiavano a Bologna, furono costretti anche loro ad abbandonare la scuola. La famiglia giunse così in Olanda dove tra il 1938 e il 1940 fece le fortune del Dordrecht, una piccola squadra che conoscerà le due stagioni migliori proprio con il tecnico magiaro. Poi per l’allenatore arrivò l’inferno. Nell’Olanda occupata dai nazisti Weisz prima venne diviso dalla moglie e dai due figli piccoli: furono deportati e uccisi a Birkenau nell’ottobre 1942. Il 31 gennaio 1944, dopo 15 mesi di campo di lavoro, uno dei più famosi allenatori del mondo moriva dimenticato da tutti in una camera a gas di Auschwitz.

Per sessantanni non ne parlò più nessuno. Il suo nome era stato rimosso e si erano perse le tracce di quel gigante del football. Ci vorrà un libro del giornalista Matteo Marani a riportare alla memoria il nome dell’allenatore e della sua fine.

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