di Nicoletta Lazzarini * e Adele Caridi **
Spesso apprendiamo dai media di infortuni sul lavoro che avrebbero potuto essere evitati con un’adeguata azione preventiva. Quelli – disgraziatamente – mortali, ingenerano lunghi contenziosi, anche in sede penale.
Ma cosa accade, in generale, quando vi sono infortuni con conseguenze permanenti? Il lavoratore vittima di infortunio può contare in Italia su un sistema di tutele indennitarie e risarcitorie all’avanguardia, anche se le norme cardine restano quelle del Codice Civile (datato 1942) e del Testo Unico infortuni e malattie professionali (DPR n° 1124 del 1965).
Innanzitutto il lavoratore che si infortuna sul luogo di lavoro o in itinere (oppure che contrae una malattia professionale) ha diritto di ricevere dall’Inail, previa segnalazione e riconoscimento dell’infortunio o della malattia professionale, un indennizzo in unica soluzione se il danno subito è tra il 6% e il 15% (c’è una sorta di “franchigia” Inail, di cui diremo più sotto, per i danni che comportano invalidità permanente fino al 5%); laddove invece i postumi siano superiori al 16% è prevista una rendita vitalizia, ovvero un assegno mensile erogato per tutta la vita (salva l’eventuale revisione della rendita).
Qui non servono tecnici: le tabelle di valutazione Inail sono pubbliche e i Patronati, presenti in tutto il territorio nazionale, rappresentano un buon interlocutore istituzionale, che interviene gratuitamente nella verifica/determinazione delle conseguenze lesive e della correttezza della misura stabilita dall’Inail, assistendo altresì i lavoratori nella gestione delle procedure dirette a rivedere il provvedimento emesso dall’istituto.
La funzione di protezione sociale svolta dal sistema di assicurazione obbligatoria Inail non esaurisce tuttavia l’ambito delle tutele previste per il lavoratore infortunato: l’Inail, infatti, “indennizza”, ma non risarcisce in maniera completa il danno patito, né la sofferenza morale, esistenziale, di svago, di vita.
Questa ulteriore tutela risarcitoria, precisiamo subito, va agita nei riguardi del datore di lavoro ed implica l’accertamento della responsabilità del medesimo ai sensi dell’art. 2087 codice civile e/o l’accertamento della violazione di particolari misure di sicurezza prevista dal Testo Unico 81 del 2008 (che ha sostituito e integrato le previsioni delle più nota “legge 626” del 1994).
Una volta acclarata questa responsabilità, la differenza tra risarcimento pieno e indennizzo Inail, il cosiddetto “danno differenziale”, si calcola attraverso la seguente sottrazione:
– danno permanente determinato in base alle Tabelle del danno biologico pubblicate dal Tribunale di Milano (che sono il riferimento per l’intero territorio nazionale);
– meno indennizzo corrisposto dall’Inail.
Il risarcimento di questo danno può, inoltre, essere “personalizzato”, così garantendo al lavoratore un incremento del risarcimento anche in questo caso secondo i limiti massimi previsti dalle citate Tabelle del Tribunale. Ciò, si noti, solo dopo che il lavoratore dimostri particolari caratteristiche soggettive o abitudini di vita compromesse in conseguenza dell’infortunio: pensiamo, ad esempio, al danno permanente riportato alla mano da un lavoratore che nel tempo libero sia solito dedicarsi ad attività concertistica al pianoforte.
Nel caso di lesioni che procurano un’invalidità inferiore al 6% (che, come si diceva, non è indennizzata in alcun modo dall’Inail) il lavoratore potrà comunque richiedere al datore di lavoro responsabile il risarcimento pieno secondo le Tabelle del Tribunale.
Oltre al danno differenziale permanente, il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno non patrimoniale da inabilità temporanea, che è qualcosa di diverso dal trattamento economico erogato dall’Inail in costanza di infortunio (e sostitutivo della retribuzione che il lavoratore non può maturare proprio perché infortunato e impossibilitato a rendere la prestazione lavorativa): il risarcimento della cd. temporanea è, infatti, diretto a ristorare le sofferenze fisiche e psicologiche patite nei giorni seguenti all’infortunio, nel corso dei quali il dipendente non ha potuto attendere alle normali attività della propria vita (sport, uscite conviviali, viaggi, ecc.).
Il sistema risarcitorio consente, infine, al lavoratore di ottenere il ristoro dei danni patrimoniali subiti, con il rimborso delle spese mediche, anche in termini di terapie di riabilitazione che si siano rese necessarie per il ripristino delle normali condizione di salute.
Tutto il sistema si regge, al di là delle specificità dei singoli settori produttivi, su un principio cardine: è il datore di lavoro tenuto a dimostrare di aver adottato tutte “le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale” del lavoratore (art. 2087 c.c.).
Concetti di una modernità sconvolgente se si pensa che sono stati elaborati parecchi decenni fa e che ancora troppo spesso vengono ignorati perché si considerano eccessivi i costi di una seria prevenzione.
* Avv. Nicoletta Lazzarini – Profondamente convinta che il lavoro sia strumento di espressione della persona, oltre che di progresso e benessere collettivo, dedico il mio impegno professionale alla tutela di chi rischia di perdere o ha perduto la propria occupazione, di chi ha subito infortuni o riportato patologie professionali, di chi necessita di consulenza nella fase di avvio di un nuovo rapporto di lavoro o nella gestione delle criticità quotidiane. Sono di origine triestina, ma vivo a Milano e dal 2007 sono socia dello studio Legalilavoro.
** Avv. Adele Caridi – Giuslavorista. Ho maturato accanto a un Giudice la prima esperienza formativa e ho scelto di specializzarmi in diritto del lavoro. Affronto quotidianamente e con passione i problemi che caratterizzano tutte le tipologie dei rapporti di lavoro, con l’obiettivo di risolverli e contribuire alla serenità dei lavoratori che assisto. Originaria di Reggio Calabria, vivo a Milano ed esercito come avvocato in Legalilavoro.