E’ un testo lucido, La guerra del Sacro, in linea con la storia dell’autore che da anni conduce una battaglia laica e libertaria – lotta alla partitocrazia, appoggio a “Mani pulite”, democrazia presa sul serio – in nome dei valori che Illuminismo e Rivoluzione francese hanno consegnato all’Occidente. In La democrazia ha bisogno di Dio. Falso! (Laterza, 2013), scrive: la libertà d’opinione “è la generalizzazione del diritto all’eresia”. Di più: il richiamo a Dio, nel discorso pubblico, trasforma ogni dissenso in odio teologico. Le crociate sono presenti tutti i giorni nella nostra vita: “non sono vittime di cristiani i medici abortisti assassinati negli Usa?” (pp. 43-44).
Flores non è nuovo al tema “religione/politica”; su MicroMega, rivista eretica, in libreria da trent’anni (1986-2016), ha dialogato con Ratzinger (2/2000) e smontato posizioni filosofiche forti: Le tentazioni della fede (undici tesi contro Habermas), 2007: un solo esempio: “Ogni legge occidentale sull’aborto non costringe nessuna donna. Mai. La lascia libera di scegliere.” “L’imposizione del punto di vista credente attraverso una legge costringe invece il non credente, cui è precluso di fare ciò che il papa ritiene ‘peccato’, pena la galera.” La guerra del Sacro è dentro questo universo concettuale, laico e libertario, che appare – ormai con evidenza – la caratteristica fondamentale della filosofia di Flores d’Arcais: “Quanto sia andato avanti l’abbassamento delle difese immunitarie in fatto di laicità – scrive – lo dimostra il paradosso per cui forme di laicità più che tiepide (…) negli Stati Uniti sono vissute come il massimo di laicità liberal. La star di questo tracollo progressista è oggi Martha Nussbaum” (p. 182). La filosofia richiede rigore logico. Flores: “Quanto fin qui affermato in modo apodittico va ora argomentato e dispiegato analiticamente”. E giù analisi sulla “dichiarazione di guerra contro il disincanto”, il 7 gennaio di Parigi e l’11 settembre di New York, pp. 27-35; sulla libertà d’opinione intesa – con filosofica coerenza – come “libertà di empietà”: belle le pagine (71-73) sul pugno di Francesco, la condanna a morte di Socrate e le Rane di Aristofane; sulla democrazia minima e “il quasi-comunismo in Costituzione”. Infiniti gli esempi possibili, ma urge tornare al punto decisivo: “Nella città non c’è spazio – dice Flores – per due sovranità: o quella del cittadino o quella di Dio.”
Non si tratta di negare valore alla religione, come anche l’ottimo testo di Stefano Feltri lascia intendere (“Contestare il ricorso alla religione come fonte di legittimità tende però a scivolare nel negare ogni legittimità alla religione”, il Fatto, 24 gennaio). La questione è più delicata, e la tocchiamo con mano oggi che il tema dei diritti civili è sulle prime pagine dei giornali: i cattolici invocano il “rispetto” della famiglia tradizionale. Flores: il credente che invoca il rispetto delle sue idee “pretende che la sua sensibilità diventi parametro di censura sovrana” (p. 24). E’ un ragionamento stringente. “Non un Dio, perciò: solo la coerenza laica ci può salvare”. Colpisce l’evidenza di quest’affermazione che Giuliano Ferrara degrada a opinione: “Flores non vorrà sentirsi dire da un vecchio stalinista di riporto come me che il progetto di esiliare Dio dalla vita pubblica si è realizzato per secoli nelle società giacobino comuniste naziste, ha tagliato un sacco di teste, forse troppe…” (Il Foglio, 17 Gennaio). Che i giacobini abbiano tagliato teste è vero, ma non c’entra nulla con La guerra del Sacro. Qui si afferma che la religione è un fatto di coscienza, e non deve monopolizzare la scena politica. Utilizzare Dio in politica produce odio: è un fatto. Flores citerebbe Arendt: “ha più volte ricordato che quando una verità di fatto viene retrocessa a mera opinione è la libertà di opinione a essere già a repentaglio” (Hannah Arendt. Esistenza e libertà, Donzelli, p. 80).
I testi di Flores d’Arcais sono un piacere logico ed estetico – una festa – per chi ama pensare. L’ultimo lavoro, La guerra del Sacro è anche un utile strumento per comprendere il nostro tempo.