Il confronto sui media e sui social francesi è acceso: il documentario sul jihadismo “Salafistes” è da vietare o no? Per molti è solo un racconto nudo e crudo sul fenomeno. Per altri invece fa il gioco dei terroristi. È la seconda discussione in pochi giorni sull’opportunità di diffondere film sul fondamentalismo islamico. Ed è la conferma di quanto sia cambiato il clima oltralpe dopo gli attentati del 13 novembre: la patria delle libertà civili ha messo in discussione molte delle sue conquiste, non solo prolungando lo stato d’urgenza (che ha appena provocato le dimissioni del ministro della giustizia), ma anche decidendo cosa sia giusto e appropriato che i cittadini francesi vedano al cinema.
Prima era toccato al film Made in France, del regista Nicolas Boukhrief: la pellicola racconta la storia di un giornalista musulmano infiltrato in una cellula jihadista parigina che si appresta a compiere attentati nella capitale. Il thriller doveva uscire nelle sale il 18 novembre, ma la sua proiezione fu rimandata all’indomani dell’assalto al Bataclan e agli altri luoghi della capitale francese. Non si era trattato, in quel momento, di una decisione calata dall’alto: erano state le sale cinematografiche di loro iniziativa a ritenere di dover evitare provocazioni. Rinviata al 20 gennaio con una locandina rinnovata (l’originale mostrava un kalashnikov che si confondeva con la Tour Eiffel), l’uscita nelle sale non ha però avuto luogo, anzi, si è deciso che il film sarebbe stato commercializzato solo sulle piattaforme on demand. Sebbene vi si dipinga un ritratto poco lusinghiero degli aspiranti terroristi, la pellicola è accusata di non avere uno sguardo critico né sul processo di radicalizzazione né sul jihadismo in genere, limitandosi a raccontarli.
Accuse non dissimili a quelle che colpiscono ora il documentario “Salafistes” di François Margolin e Lemine Ould Salem, co-prodotto da France 3, una delle reti di France Télévisions, la tv di Stato, la cui uscita nelle sale è prevista per oggi, 27 gennaio. “Violento e ambiguo, flirta con l’apologia del terrorismo”, scrive in prima pagina Le Figaro. Un’uscita contrastata e su cui sono piovuti i pareri negativi di ben due ministeri: quello della Cultura aveva chiesto che fosse vietato ai minori, quello dell’Interno che la proiezione venisse del tutto impedita, poiché il film sarebbe una “apologia del terrorismo”. Dopo un acceso dibattito, oggi il ministro della Cultura Fleur Pellerin ha optato per il solo divieto ai minori, riferisce Le Monde.
Ma perché tanto clamore? I due autori hanno raccolto interviste e materiali sull’ideologia e la pratica jihadista in Mali, Mauritania e Tunisia fra il 2012 e il 2015. In particolare, Lemine Ould Salem, giornalista di origini mauritane e autore di un libro su Mokhtar Belmokhtar (“Il Bin Laden del Sahara”) è l’unico giornalista ad aver documentato quello che accadeva a Timbuctù sotto l’occupazione jihadista fra il 2012 e il 2013. Alcuni dei materiali da lui girati, interviste esclusive a jihadisti e predicatori estremisti, sono confluiti in questo documentario, che mostra con crudezza e senza filtri il pensiero salafista, ma anche le loro pratiche, come il taglio della mano ai ladri. Non manca il proselitismo online, fatto anche di siti di vendita di attrezzature e vestiario “alla moda” per il perfetto jihadista.
Un racconto schietto che dovrebbe e vorrebbe aiutare a conoscere il fenomeno, una narrazione di 72 minuti senza commenti e voci fuori campo. Un’ “apologia di terrorismo” secondo altri, che ne hanno domandato l’interdizione, impossibile perché illegale. “Ricevere messaggi di critica o minacce da parte delle persone intervistate non ci avrebbe sorpreso. Ma che ci si accusi di fare il gioco del terrorismo mi sembra assurdo” ha commentato François Margolin alla testata francese L’Express. “Il nostro scopo è di mostrare che il salafismo è una vera ideologia, potente e in espansione, diffusa non da imbecilli, ma da gente istruita che, pacatamente, distorce il senso dei testi sacri per giustificare le proprie imprese mortifere”.
Gli autori usano nel documentario anche alcune delle immagini di propaganda del sedicente Stato islamico. “L’idea è di mostrare come passano dalla teoria alla pratica. Siamo di fronte a un fenomeno mondiale che ci minaccia tutti. Meglio tentare di comprenderlo che nascondere la testa nella sabbia”. Un film che disturba. Così, mentre lo spauracchio della censura accresce la popolarità del documentario, parecchie sale francesi decidono di non proiettarlo comunque: se due giorni fa erano venti, oggi sono ridotte a cinque. Senza dimenticare le necessarie misure di sicurezza per le proiezioni: forse anche questo fa optare per una censura di fatto di un prezioso lavoro di documentazione.
Il tutto inserito in un clima già teso: il 9 gennaio il primo ministro Manuel Valls aveva affermato che nessuna spiegazione del terrorismo è ammissibile, perché tentare di darla significa già un po’ scusarlo. E le autorità hanno preso in considerazione anche la possibilità di vietare conferenze e dibattiti dedicati all’islamismo radicale.
Mondo
Terrorismo, in Francia scontro su docu-film che raccontano la Jihad. Governo vieta “Salafistes” ai minori
L'ultimo caso riguarda il documentario sul fenomeno in Mali, Mauritania e Tunisia. Il ministero dell'Interno voleva censurarlo. Uno degli autori: "Nostro scopo è raccontare salafismo, assurdo che ci accusino di fare il gioco del terrorismo". Mentre Made in France è stato vietato nelle sale
Il confronto sui media e sui social francesi è acceso: il documentario sul jihadismo “Salafistes” è da vietare o no? Per molti è solo un racconto nudo e crudo sul fenomeno. Per altri invece fa il gioco dei terroristi. È la seconda discussione in pochi giorni sull’opportunità di diffondere film sul fondamentalismo islamico. Ed è la conferma di quanto sia cambiato il clima oltralpe dopo gli attentati del 13 novembre: la patria delle libertà civili ha messo in discussione molte delle sue conquiste, non solo prolungando lo stato d’urgenza (che ha appena provocato le dimissioni del ministro della giustizia), ma anche decidendo cosa sia giusto e appropriato che i cittadini francesi vedano al cinema.
Prima era toccato al film Made in France, del regista Nicolas Boukhrief: la pellicola racconta la storia di un giornalista musulmano infiltrato in una cellula jihadista parigina che si appresta a compiere attentati nella capitale. Il thriller doveva uscire nelle sale il 18 novembre, ma la sua proiezione fu rimandata all’indomani dell’assalto al Bataclan e agli altri luoghi della capitale francese. Non si era trattato, in quel momento, di una decisione calata dall’alto: erano state le sale cinematografiche di loro iniziativa a ritenere di dover evitare provocazioni. Rinviata al 20 gennaio con una locandina rinnovata (l’originale mostrava un kalashnikov che si confondeva con la Tour Eiffel), l’uscita nelle sale non ha però avuto luogo, anzi, si è deciso che il film sarebbe stato commercializzato solo sulle piattaforme on demand. Sebbene vi si dipinga un ritratto poco lusinghiero degli aspiranti terroristi, la pellicola è accusata di non avere uno sguardo critico né sul processo di radicalizzazione né sul jihadismo in genere, limitandosi a raccontarli.
Accuse non dissimili a quelle che colpiscono ora il documentario “Salafistes” di François Margolin e Lemine Ould Salem, co-prodotto da France 3, una delle reti di France Télévisions, la tv di Stato, la cui uscita nelle sale è prevista per oggi, 27 gennaio. “Violento e ambiguo, flirta con l’apologia del terrorismo”, scrive in prima pagina Le Figaro. Un’uscita contrastata e su cui sono piovuti i pareri negativi di ben due ministeri: quello della Cultura aveva chiesto che fosse vietato ai minori, quello dell’Interno che la proiezione venisse del tutto impedita, poiché il film sarebbe una “apologia del terrorismo”. Dopo un acceso dibattito, oggi il ministro della Cultura Fleur Pellerin ha optato per il solo divieto ai minori, riferisce Le Monde.
Ma perché tanto clamore? I due autori hanno raccolto interviste e materiali sull’ideologia e la pratica jihadista in Mali, Mauritania e Tunisia fra il 2012 e il 2015. In particolare, Lemine Ould Salem, giornalista di origini mauritane e autore di un libro su Mokhtar Belmokhtar (“Il Bin Laden del Sahara”) è l’unico giornalista ad aver documentato quello che accadeva a Timbuctù sotto l’occupazione jihadista fra il 2012 e il 2013. Alcuni dei materiali da lui girati, interviste esclusive a jihadisti e predicatori estremisti, sono confluiti in questo documentario, che mostra con crudezza e senza filtri il pensiero salafista, ma anche le loro pratiche, come il taglio della mano ai ladri. Non manca il proselitismo online, fatto anche di siti di vendita di attrezzature e vestiario “alla moda” per il perfetto jihadista.
Un racconto schietto che dovrebbe e vorrebbe aiutare a conoscere il fenomeno, una narrazione di 72 minuti senza commenti e voci fuori campo. Un’ “apologia di terrorismo” secondo altri, che ne hanno domandato l’interdizione, impossibile perché illegale. “Ricevere messaggi di critica o minacce da parte delle persone intervistate non ci avrebbe sorpreso. Ma che ci si accusi di fare il gioco del terrorismo mi sembra assurdo” ha commentato François Margolin alla testata francese L’Express. “Il nostro scopo è di mostrare che il salafismo è una vera ideologia, potente e in espansione, diffusa non da imbecilli, ma da gente istruita che, pacatamente, distorce il senso dei testi sacri per giustificare le proprie imprese mortifere”.
Gli autori usano nel documentario anche alcune delle immagini di propaganda del sedicente Stato islamico. “L’idea è di mostrare come passano dalla teoria alla pratica. Siamo di fronte a un fenomeno mondiale che ci minaccia tutti. Meglio tentare di comprenderlo che nascondere la testa nella sabbia”. Un film che disturba. Così, mentre lo spauracchio della censura accresce la popolarità del documentario, parecchie sale francesi decidono di non proiettarlo comunque: se due giorni fa erano venti, oggi sono ridotte a cinque. Senza dimenticare le necessarie misure di sicurezza per le proiezioni: forse anche questo fa optare per una censura di fatto di un prezioso lavoro di documentazione.
Il tutto inserito in un clima già teso: il 9 gennaio il primo ministro Manuel Valls aveva affermato che nessuna spiegazione del terrorismo è ammissibile, perché tentare di darla significa già un po’ scusarlo. E le autorità hanno preso in considerazione anche la possibilità di vietare conferenze e dibattiti dedicati all’islamismo radicale.
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Damasco, 16 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Difesa siriano ha accusato domenica il gruppo libanese Hezbollah di aver rapito e ucciso tre soldati in Libano. Lo hanno riferito i media statali.
"Un gruppo della milizia di Hezbollah... ha rapito tre membri dell'esercito siriano al confine tra Siria e Libano... prima di portarli in territorio libanese ed eliminarli", ha affermato il ministero della Difesa, citato dall'agenzia di stampa Sana.
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - L'esercito israeliano ha dichiarato che un colpo d'arma da fuoco proveniente dal Libano ha colpito un veicolo all'interno di un centro residenziale nel nord di Israele. "Stamattina, uno sparo ha colpito un veicolo parcheggiato nella zona di Avivim. Non sono stati segnalati feriti. Lo sparo è molto probabilmente partito dal territorio libanese", ha affermato l'esercito in una dichiarazione. "Qualsiasi fuoco diretto verso Israele dal territorio libanese costituisce una palese violazione degli accordi tra Israele e Libano", ha aggiunto l'esercito.
Kiev, 16 mar. (Adnkronos/Afp) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sostituito il capo di stato maggiore delle forze armate, con un decreto emesso oggi, mentre le truppe in prima linea di Kiev continuano ad essere in difficoltà. Secondo un comunicato, Anatoliy Bargylevych è stato sostituito da Andriy Gnatov, a cui "è stato affidato il compito di aumentare l'efficienza della gestione".
"È un combattente", ha detto Zelensky parlando di Gnatov. "Il suo compito è quello di apportare maggiore esperienza di combattimento, l'esperienza delle nostre brigate nella pianificazione delle operazioni, difensive e offensive, nonché uno sviluppo più attivo del sistema dei corpi d'armata", ha aggiunto. "Tutto ciò che le nostre brigate hanno imparato dalla guerra dovrebbe essere implementato al cento per cento a livello di pianificazione".
Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Un uomo di 45 anni è stato dato alle fiamme nel bel mezzo di Times Square, a New York, la scorsa notte. Lo ha riferito la polizia. Le immagini delle telecamere hanno immortalato il momento in cui l'uomo, a torso nudo e gravemente ustionato, è stato trasportato d'urgenza dalle autorità in ambulanza dopo che le fiamme erano state spente.
La polizia afferma che il 45enne è stato soccorso alle 4 del mattino ed è stato portato in un ospedale vicino in condizioni stabili. Il suo aggressore sarebbe fuggito dalla scena ed è ricercato dalle autorità. Non sono state in grado di dire se l'attacco fosse casuale o mirato.
Gli investigatori hanno riferito che l'uomo era stato cosparso con un liquido infiammabile prima che qualcuno appiccasse il fuoco. La vittima, avvolta dalle fiamme, si era messa poi a correre, quando qualcuno è uscito da un'auto e ha spento il fuoco con un estintore a polvere.
Skopje, 16 mar. (Adnkronos) - La Macedonia del Nord ha dichiarato un periodo di lutto nazionale di sette giorni per l'incendio in una discoteca che ha causato almeno 59 morti e decine di feriti, mentre le autorità hanno arrestato 15 persone per interrogarle e il ministro degli Interni ha affermato che un'ispezione preliminare ha rivelato che il club stava operando senza la licenza necessaria.
Al termine di una giornata in cui il piccolo Paese balcanico è stato alle prese con un disastro mai visto da decenni, il ministro degli Interni Panche Toshkovski ha dichiarato che il club nella città orientale di Kočani, dove si è verificato l'incendio prima dell'alba, sembrava operare illegalmente.
Più di 20 persone sono sotto inchiesta, 15 delle quali sono sotto custodia della polizia, mentre altri sospettati di coinvolgimento si trovano in ospedale, ha aggiunto Toshkovski. La maggior parte delle vittime dell'incendio, che ha devastato il nightclub Pulse durante un concerto hip-hop, erano adolescenti e giovani adulti. Circa 155 sono rimasti feriti, molti in modo grave.
Mosca, 16 mar. (Adnkronos) - Il desiderio della Gran Bretagna di rubare i beni russi è legato alla lunga tradizione inglese della pirateria, diventata un segno distintivo della corona britannica insieme a "rapine e omicidi". Lo ha affermato la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova.
"Questa è una delle tradizioni inglesi, come bere il tè e le corse di cavalli. Il fatto è che la pirateria è stata legalizzata in Inghilterra", ha scritto la diplomatica sul suo canale Telegram. "Ai pirati era proibito attaccare le navi inglesi, ma era loro permesso derubare le navi dei concorrenti. Moralità immorale".
Beirut, 16 mar. (Adnkronos) - I media libanesi riferiscono di un morto in un attacco aereo israeliano nella città meridionale di Aainata. Ulteriori raid sono stati segnalati a Kafr Kila. Non ci sono commenti immediati da parte delle Idf.