Alessandro Quero, 35 anni, si è trasferito da Seveso (Monza e Brianza) a Bertrange, dove lavora per una compagnia assicurativa. La tassazione è inferiore, i benefit e i servizi per le famiglie tanti. E anche sua moglie Francesca, che ha perso il lavoro perché incinta, ha ricominciato una nuova avventura professionale
“Qui si cresce. Le opportunità capitano e le prospettive si vedono. E per una persona che ha un minimo di voglia di lavorare e di impegnarsi è grandioso”. Il luogo di cui parla Alessandro Quero, laureato in Economia, è Bertrange, a Lussemburgo, dove ad agosto si è trasferito insieme alla moglie Francesca e al piccolo Federico, di appena 22 mesi. Ha lasciato Seveso, in provincia di Monza e Brianza, perché dal punto di vista professionale l’Italia non gli offriva quello che cercava. In più la moglie aveva perso il lavoro dopo la gravidanza e fino ad allora aveva avuto solo contratti a progetto e poche soddisfazioni.
“Non vedevamo sbocchi né un futuro chiaro e allettante. Appena ho iniziato a valutare l’ipotesi estero sono piovute le richieste, sono mutate completamente le prospettive perché le posizioni offerte a un trentacinquenne erano decisamente diverse rispetto a quelle italiane dove se sei ‘giovane‘ non meriti opportunità”. A quel punto, prosegue, “la decisione è stata quasi naturale.Invece di accanirci in un Paese che non aveva più niente da offrire abbiamo aperto la porta su un mondo semisconosciuto fatto di lavoro, opportunità e servizi”.
Il risultato: oggi Alessandro dirige il team marketing di una compagnia assicurativa. Un lavoro a tempo indeterminato non molto diverso da quello che faceva a Milano. Ma, in realtà, le novità sono tante. “Sono passato da una piccola realtà ad un’azienda internazionale grande e strutturata – racconta -. Ho cambiato ambiente, ruolo, e sto imparando il francese ma qui la mobilità interna alle aziende è velocissima”. Una decisione che si accompagna anche a uno stipendio migliore perché le tasse sono meno. “In Italia avevo una buona posizione e non potevo lamentarmi dello stipendio ma qui prendo circa il 20% in più lordo e, grazie alla differenza di tassazione, questo si traduce praticamente in un 50% in più netto”. A questo poi si aggiungono i benefit, “che in Italia – precisa- almeno per me, non esistevano. Senza contare le coperture sanitarie, a livello aziendale, per tutta la famiglia, la pensione integrativa, formazione, sconti nei negozi, buoni pasto”.
La scelta di approdare a Bertrange è stata una delle alternative possibili, perché Alessandro prima di partire aveva mandato curriculum a molte aziende che avevano accolto la sua richiesta. “Lussemburgo si è rivelata la migliore sotto molti aspetti: la qualità della vita è molto alta, il lavoro meno frenetico rispetto a Milano e tutti hanno tempo da dedicare a se stessi”. In più, “anche a livello di divertimenti e cultura non manca nulla: tra locali, ristoranti, mostre, concerti ed eventi c’è davvero tanto”. E poi i servizi, “soprattutto per le famiglie come la nostra – dice – Qui ci sono convenzioni comunali, assegni statali, riduzioni, sconti, babysitting gratuito per alcune ore la settimana, servizi per genitori e bimbi quando sono malati, permessi di paternità fino a sei mesi. Ci sono decine di asili nido e una scelta di scuole pubbliche e private molto varia. Ci sono ovunque parchi e spazi gioco. Tutto è fatto per favorire le famiglie“. Il risultato è che “ci sono pochissimi figli unici e tutte le mamme, anche con 3 o 4 bimbi, lavorano tranquillamente”.
Se sul fronte dei servizi le agevolazioni sono tante, la nota dolente arriva però con gli affitti. “Sono molto cari, intorno ai 1.500 al mese per un trilocale, come anche i mutui – racconta Alessandro –. Poi c’è lo scoglio culturale e climatico”. Ma nonostante questo e il fatto che gli affetti siano rimasti a quasi 700 chilometri dalla nuova casa, Alessandro è determinato ad andare avanti. “Il dispiacere più grande è stato togliere il nipotino ai nostri genitori che sono rimasti in Italia, lasciare gli amici, la mia band, fratelli con cui ho condiviso praticamente 20 anni di sogni e divertimento – continua – però in Italia non si poteva più andare avanti”.
Un’Italia che, racconta Alessandro, “ha escluso mia moglie dal mondo del lavoro il giorno che ha comunicato di essere incinta; in un’azienda che ha fatto di tutto per lasciarla a casa dopo il parto”. Ma in Lussemburgo anche Francesca ha iniziato a costruirsi un futuro. Sempre a Bertrange. “Lei in passato aveva lavorato qui in trasferta per qualche settimana, ha riallacciato i vecchi contatti e sta aprendo un’attività. Anche qui, altro mondo. Poche decine di euro per aprire una ditta individuale, nessuna tassa finché non si fattura e ovviamente aliquote distanti anni luce dalle vessazioni italiane”.
Da Lussemburgo, quindi, si riparte. Tutti. “Credo che qui anche mio figlio avrà grosse opportunità. Già per il fatto di crescere imparando due o tre lingue sarà parecchio avvantaggiato rispetto a un coetaneo italiano. Poi, sinceramente, credo che qui abbia la possibilità di vivere e crescere in uno stato laico, dove le libertà fondamentali sono tutte riconosciute a tutti e in cui la parola multiculturale non è vuota di significato”.
Insomma di tornare in Italia non se ne parla. “Qui ho scoperto che può esistere un mondo in cui imprese e lavoratori pagano poche tasse pur avendo servizi di altissimo livello, che può esistere un reddito minimo che ti consente di vivere dignitosamente, che può esistere un’azienda in cui si avanza per merito e in cui il lavoratore non deve accettare a capo chino qualsiasi condizione economica e lavorativa che gli viene imposta. Ho scoperto un mondo dove la gente lavora contenta e motivata, in cui le aziende coccolano i dipendenti, lo Stato i cittadini. Le imprese investono continuamente in nuovi progetti e lo Stato in infrastrutture“. Alessandro non nega che ci siano “imperfezioni ed eccezioni” ma “il fatto che la qualità del lavoro e della vita siano diverse si respira nell’aria. Paesi come il Lussemburgo sono la prova che limitarsi a togliere le tutele per i lavoratori non risolve alcun problema di occupazione. Perché mai dovrei tornare e rimanere in Italia in un sistema fortemente compromesso?”.