L'ex conduttore di Barracuda e Satyricon, allontanato dalla Rai dopo l'editto bulgaro di Berlusconi, chiede al leader M5S di "rinunciare alla proprietà del marchio Movimento 5 Stelle" se davvero vuole "tornare quello di prima". Poi spiega: "Il problema riguarda tutti i satirici che pubblicano su giornali di partito e invitano un segretario di partito in un loro programma"
“Dal momento in cui il comico decide di compiere questo passo”, “fare attività partitica”, “la sua satira diventa, inevitabilmente, propaganda“. La critica è diretta al leader M5S Beppe Grillo e arriva dal comico Daniele Luttazzi. Il punto di partenza del post pubblicato sul blog dell’ex conduttore di Barracuda e Satyricon è la notizia che Grillo tornerà in tour in teatro con un nuovo monologo. “L’evento è molto più interessante di quanto possa sembrare a chi, in materia, è digiuno”, sostiene Luttazzi. “Infatti, quella che Grillo porterà sul palco non sarà più satira”. Ma appunto, secondo il protagonista di monologhi come Sesso con Luttazzi e Tabloid, propaganda. L’unico modo per uscirne, spiega, sarebbe quello di rinunciare alla proprietà del marchio Movimento 5 Stelle. Solo così “potremo giudicare fino a che punto è credibile la sua satira contro Casaleggio, Fico, Di Battista e Di Maio”.
“Il comico che fa propaganda ne ricava vento in poppa: è la lusinga del potere”, argomenta il post. “E prima che gli influencer del Pd mi strumentalizzino per l’ennesima volta (non mi illudo, lo faranno comunque), aggiungo questo: il problema riguarda tutti i satirici che pubblicano su giornali di partito; e quelli che, in periodo elettorale, invitano un segretario di partito in un loro programma tv per fargli da spalla comica; e quelli che salgono su palchi identitari senza fare satira sull’identità ospite. Satira e comicità sono forme particolari di argomentazione del verosimile. Sono tecniche di persuasione, ma l’effetto a cui devono persuadere è la risata, non il voto. Altrimenti non è più arte: è propaganda”.
Nello specifico, continua Luttazzi, “Grillo, animale da palcoscenico, fiuta il pericolo, e così titola la nuova impresa “Grillo contro Grillo”, come se questo bastasse a farlo tornare vergine. Purtroppo, con la scelta di fare attività partitica, Grillo ha ceduto alla lusinga del potere, che è nemico della satira; e questa decisione, benché ottima per il marketing, ha cambiato la natura della sua comicità per sempre. Grillo adesso vorrebbe tornare quello di prima, dice che si fa da parte. Troppo tardi. Ed è falso: ha forse rinunciato alla proprietà del marchio Movimento 5 Stelle? Ci rinunci, dunque, e potremo giudicare fino a che punto è credibile la sua satira contro Casaleggio, Fico, Di Battista e Di Maio”.
Luttazzi non è mai rientrato in Rai dopo il cosiddetto “editto bulgaro” del 2001, quando l’allora premier Silvio Berlusconi accusò lui, Michele Santoro e Enzo Biagi di fare un uso “criminoso” della tv di Stato. Il talk show di Luttazzi, Satyricon, fu interrotto. Nella prima puntata aveva intervistato Marco Travaglio, oggi direttore de Il Fatto Quotidiano, sul libro L’odore dei soldi, che ricostruisce l’origine delle ricchezze dell’ex Cavaliere. Anche le trasmissioni Sciuscià di Santoro e Il Fatto di Biagi spariscono dai palinsesti del servizio pubblico.