La comunicazione del ministro degli interni Angelino Alfano è già arrivata sul tavolo del primo cittadino Fernando Ferioli che a ilfattoquotidiano.it conferma: “È una giornata da ricordare"
Il Comune di Finale Emilia, simbolo della ricostruzione post sisma, il cui nome era finito nelle carte dell’inchiesta di ‘ndrangheta Aemilia della Dda di Bologna, non sarà sciolto per infiltrazioni mafiose. La comunicazione del ministro degli interni Angelino Alfano è già arrivata sul tavolo del sindaco Pd Fernando Ferioli che a ilfattoquotidiano.it conferma: “È una giornata da ricordare dopo un anno di incubo. C’è una archiviazione da parte del ministero per la mancanza di elementi che ci leghino alla mafia”.
La bufera per il comune della Bassa modenese era iniziata esattamente un anno fa, il 28 gennaio 2015. L’allora responsabile comunale dei lavori pubblici Giulio Gerrini, era finito ai domiciliari per quasi due mesi con l’accusa di abuso d’ufficio, cui poi si era sommata l’aggravante di avere agevolato con il suo comportamento l’associazione mafiosa. Secondo i magistrati della Dda di Bologna, Gerrini avrebbe infatti avuto un occhio di riguardo per la ditta Bianchini Costruzioni di San Felice sul Panaro nell’ottenimento di lavori, anche di quelli riguardanti la ricostruzione successiva al terremoto del maggio 2012. E secondo i pm, uomini delle ‘ndrine tentarono di infiltrarsi anche a Finale Emilia proprio dentro cantieri della ditta Bianchini. Michele Bolognino, uno dei più importanti imputati del processo, era risultato presente nei cantieri della ricostruzione con alcuni suoi uomini. “Il signor Bolognino non so chi è, non so neanche che aspetto ha e non sono mai stato al corrente che lavorasse con Bianchini, quindi in quel cantiere di prima, come in questo, io queste persone non so chi sono”, ha spiegato Gerrini l’11 gennaio 2015 davanti al giudice. Il tecnico, nell’ambito del processo Aemilia, ha infatti scelto il rito abbreviato e la sentenza dovrebbe arrivare entro febbraio.
Il prefetto Michele Di Bari a giugno 2015 aveva inviato quindi tre commissari perché indagassero se vi fossero i presupposti per uno scioglimento dell’amministrazione per condizionamenti mafiosi. Una procedura inedita in Emilia Romagna e quasi contemporanea a quella aperta a Brescello, per la quale si attende presto l’esito. Per Finale Emilia la relazione della commissione aveva segnalato alcuni problemi. I tre commissari nel loro rapporto avrebbero parlato solo in minima parte di condizionamenti mafiosi, mentre si sarebbero soffermati più sulle difficoltà burocratiche dell’amministrazione. Tra gli elementi sottolineati nella relazione (rimasta comunque sempre segretata) c’era anche l’assenza a Finale per anni di un segretario comunale. Assenza che avrebbe fatto mancare una verifica di legalità nelle delibere degli uffici e un rischio di permeabilità agli interessi della criminalità organizzata. A ottobre il prefetto aveva poi mandato un suo resoconto ad Alfano. E avrebbe suggerito comunque lo scioglimento o almeno la rimozione di alcuni funzionari. Ma il ministro Alfano ora ha rigettato la proposta.
Critico per la scelta del governo il deputato Vittorio Ferraresi, eletto con il Movimento 5 stelle: “Questa è una decisione presa da Alfano, ministro del governo Renzi. È una risposta politica e tra l’altro non dimentichiamo che Renzi è amico e sostenitore di Ferioli”, ha spiegato Ferraresi al Fatto. Nel 2011 l’allora sindaco di Firenze Matteo Renzi arrivò a Finale a sostenere Ferioli in campagna elettorale. “Questa scelta è una risposta politica a una relazione tecnica. Ho presentato una interrogazione perché voglio che la relazione dei commissari venga desecretata in modo che i cittadini possano farsi un’idea ”, ha detto il deputato. “Non abbiamo mai detto che il sindaco sia colluso o mafioso. Mai. Ma abbiamo detto che c’è una responsabilità politica”.
“Ferraresi dovrebbe conoscere la legge”, replica Ferioli, che ha già annunciato la volontà di ricandidarsi. “La legge non parla di scioglimento per responsabilità politiche. E Ministero e prefetto hanno detto che non c’è mafia. Renzi poi non è entrato neppure nella procedura perché non è passata per il consiglio dei ministri”. Poi arriva la stoccata finale al Movimento 5 stelle: “Noi di voti dalla camorra come a Quarto non ne abbiamo presi”.