Traffico illecito di i rifiuti, violazione alle norme ambientali e getto pericoloso di cose: queste le accuse che hanno portato i pm della procura ionica a disporre il provvedimento. Per anni gli abitanti di Lizzano sono stati costretti a vivere barricati in casa a causa delle esalazioni dei siti coinvolti, che non rispettavano i dettami delle autorizzazioni integrali ambientali
Finestre chiuse. Sempre. Anche d’estate. Vivevano praticamente segregati in casa gli abitanti di Lizzano, piccola cittadina della provincia di Taranto. Barricati nelle loro abitazioni per evitare che i cattivi odori provenienti dalla discarica “Vergine” situata a breve distanza dal centro cittadino invadesse le case procurando, soprattutto nei bambini, bruciore agli occhi, secchezza della gola e persino nausea e vomito. Una vera e propria emergenza che negli anni scorsi ha scatenato l’ira dei cittadini e delle associazioni ambientaliste, capeggiate da “Attiva Lizzano”.
Sull’onda delle segnalazioni la procura ionica ha sequestrato l’impianto il 10 febbraio 2014, ma poi ha proseguito le indagini accertando che le società che hanno gestito la discarica non avrebbero “inertizzato” i fanghi che confluivano in discarica. I gestori, in sostanza, avrebbero dovuto sottoporre i rifiuti a untrattamento proprio per evitare che i cattivi odori potessero giungere nei comuni limitrofi all’impianto, ma come spiega nel suo decreto il gip Simona Panzera “le società di gestione non hanno eseguito alcuna operazione di pretrattamento previste dagli atti autorizzatori”.
Nella discarica, quindi, i gestori “si limitavano a stoccare i rifiuti senza alcun trattamento, così ottenendo un consequenziale enorme risparmio nei costi di esercizio dell’attività e quindi, verosimilmente, riuscendo ad applicare dei prezzi che consentivano un cospicuo risparmio ai produttori“. Secondo le indagini effettuate dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Lecce coordinati dai pubblici ministeri Lanfranco Marazia eAlessio Coccioli, guadagni ottenuti grazie a questa omissione ammonterebbero a oltre 6milioni di euro. Denaro che a scapito della salute e della qualità della vita dei cittadini è finito così nellecasse aziendali.
Poche ore fa, però, i militari agli ordini del tenente colonnelloNicola Candido hanno notificato un decreto di sequestro per equivalente che mette sotto chiave denaro, azioni e beni delle due società che in questi anni hanno gestito l’impianto per un ammontare complessivo di poco superiore ai 6milioni. Una somma esattamente pari all’importo secondo l’accusa indebitamente incassato. Gli inquirenti, infatti, dopo aver calcolato il ricavo totale finito nelle casse della Vergine per i rifiuti stoccati tra il 2010 e il 2014 hanno individuato la somma che la società avrebbe dovuto spendere per inertizzare i rifiuti e che invece ha intascato illegittimamente. Non solo. Gli inquirenti hanno accertato che nonostante l’autorizzazione integrata ambientale rilasciata nel 2008 dalla Regione Puglia prevedesse la costruzione di un impianto interno alla discarica per il trattamento dei rifiuti, di questa struttura non vi è alcuna traccia. Nel registro degli indagati sono finiti i rappresentanti legali della società Paolo Ciervo eMario Petrelli (quest’ultimo vice presidente del Taranto calcionegli anni scorsi) e il responsabile tecnico dell’impianto Pasquale Moretti. L’accusa è di traffico illecito di i rifiuti, violazione alle norme ambientali e getto pericoloso di cose. I pm Marazia e Coccioli, infine, hanno iscritto nel registro degli indagati anche le due società applicando le norme introdotte nel 2011 al testo unico dell’ambiente.