Il racconto del senatore del Carroccio arrivato allo scontro con l'ex coordinatore del Pdl. "Sono volate parole grosse. Abbiamo condiviso molte battaglie e vederlo votare dall'altra parte non è facile. Cosa si aspettava? Petali di rosa?"
“Verdini No”. Denis Verdini, ala destra del governo Renzi, vota contro la mozione di sfiducia targata Lega Nord e Forza Italia. Boato in aula. Inizia così la tenzone tra il leader di Alleanza Liberalpopolare e il leghista Nunziante Consiglio. Verdini, dopo il voto, si gira verso l’emiciclo e sorride. Viene bersagliato di insulti. Si va dal “traditore” al canonico “venduto”, fino a scivolare nelle pieghe più torve e scurrili del vocabolario italiano. Sebbene Palazzo Madama da diverso tempo non sia frequentato da orecchie innocenti e animi intonsi (basti ricordare il gesto di Barani, capogruppo dei verdiniani), l’ex coordinatore del Pdl si è risentito per le ingiurie e di tutto quel coro oltraggioso, ha colto una voce in particolare. Quella di Nunziante Consiglio: “Sarà perché ho un tono più grosso degli altri, mi avrà sentito meglio”. Consiglio, parlamentare dal 2008, come tradisce il nome di battesimo non ha parenti “puramente” nordici: è nato a Montoro, in provincia di Avellino. Ma da tempo vive nel Bergamasco: è stato sindaco di Cazzano Sant’Andrea. E’ noto per essere tifoso del Napoli, grande appassionato di calcio, tanto che è stato anche presidente della squadra della Padania.
Tant’è che Verdini s’è preso la briga di attendere il voto del leghista, per potergli parlare a quattr’occhi e rispondergli a tono. Ma quando il senatore toscano chiede udienza al senatore bergamasco con un perentorio “devo parlarti”, questo tira dritto e lo liquida con un secco: “Io con lei non parlo, non ho nulla da chiarire”. Gelo.
Capirai: abituato com’è ad essere rispettato e riverito, il buon Denis rimane di pietra e osserva l’avversario andarsene impunito dopo l’affronto. “Sono volate parole grosse, sicuramente qualcuna di troppo – conferma Consiglio -, come accade spesso in queste occasioni. Del resto con Verdini abbiamo condiviso molte battaglie e vederlo votare dall’altra parte, pur rimanendo formalmente all’opposizione, non è una cosa facile da digerire”. Incassati gli insulti e dopo aver rimuginato un po’ sull’accaduto, Denis Verdini inizia a raccogliere le forze, mette insieme la sua sporca dozzina e al grido di “buffone” e “ti faccio un mazzo così” conditi da una genuina ed espressiva gestualità, si dirige verso la parte dell’Aula occupata dalla Lega Nord ed invita nuovamente Consiglio a colloquio.
Il senatore del Carroccio, divertito per l’accaduto, si gode il suo momento di celebrità (e chissà di quanto sarebbero aumentate le sue quotazioni se non avesse resistito e fosse passato dalle parole ai fatti) e racconta che prima di mercoledì sera non aveva mai avuto a che fare con Verdini: “Non gli avevo mai parlato”, e sul controverso personaggio non fornisce ulteriori giudizi: “Mi stupisce che si risenta degli insulti. Cosa si aspetta? Probabilmente lui è talmente dentro ad un certo sistema, incancrenito, che non ha più la sensibilità per capire… Se io prendo una multa me ne vergogno e non lo racconto a nessuno, poi c’è gente che se fa bancarotta viaggia a testa alta come nulla fosse”.