Cosa nostra in Sicilia nel 2016? Bisogna conviverci dato che non è possibile sconfiggerla. È la risposta fornita dal venti percento degli studenti coinvolti nel sondaggio realizzato dal centro studi Pio La Torre. Il questionario su temi di mafia e antimafia è la tappa finale del progetto “Giovani cittadini consapevoli, attivi e responsabili”, realizzato con il sostegno del servizio civile nazionale.

Il progetto prevedeva una serie di conferenze, la visita alla cantina Centopassi, bene confiscato a Cosa nostra nella zona di San Cipirello (vicino Corlene), e due questionari ai quali sono stati sottoposti circa 400 studenti tra i 16 e 21 anni che frequentano 14 scuole distribuite in tutta l’isola, più i ragazzi del centro diurno del dipartimento per la giustizia minorile di Palermo. Sono proprio questi ultimi che considerano a larga maggioranza (circa l’80 percento) come ininfluenti le conseguenze delle proprie scelte sulla vita degli altri. Spiccano, invece, i dati sui rapporti di forza tra Cosa nostra e le istituzioni: il 39 percento degli studenti interpellati considera la mafia più forte dello Stato, il 34 percento pensa si equivalgano, mentre appena il 16 percento considera le Istituzioni più potenti della piovra. “Quel 39 per cento che ritiene ancora la mafia più forte dello Stato ci indica la strada da percorrere insieme alle scuole, le agenzie educative più importanti, per contrastare, seguendo l’esempio di Pio La Torre, ogni connivenza tra mafia e parte della classe dirigente, in qualunque epoca”, dice Vito Lo Monaco, presidente del centro studi La Torre, intitolato al deputato del Pci ucciso da Cosa nostra il 30 aprile del 1982.

Curiosi anche i dati relativi alla domanda “ti è mai capitato di avvertire concretamente la presenza della mafia nella tua città?”: il 34 percento degli studenti intervistati ha risposto con “abbastanza”; mentre il 21 percento si è fermato a “molto”. Un’ampia parte del sondaggio riguarda invece la conoscenza da parte degli studenti dei principali interpreti della lotta a Cosa nostra, ma anche di alcuni tra i più famosi boss mafiosi. “Per quanto concerne i nomi presi in considerazione e collocati appunto correttamente, si può azzardare una lettura di questo tipo: Falcone e Borsellino vs Riina e Provenzano; Impastato vs Badalamenti. Si può, sostanzialmente, individuare una opposizione che vede contrapposti gli eroi dell’antimafia agli ‘eroi’ della mafia stessa. Si tratterebbe dunque di elementari opposizioni di personaggi di una storia; un dispiegarsi di personaggi (nel nostro caso del tutto reali) che segue l’elementare schema dell’eroe vs l’antieroe”, scrive Laura Borino nel rapporto conclusivo del progetto. E se 55 studenti su 234 considerano la mafia come “qualcosa da combattere”, appena sette pensa invece si tratti di “qualcosa che può aiutare a risolvere i problemi”, mentre ben 45 la definiscono appunto come “qualcosa con cui convivere perché non si può eliminare”. A ben vedere, si tratta di una tesi non troppo diversa da quella espressa pubblicamente nel 2001 da Pietro Lunardi, che, però, all’epoca era il ministro delle Infrastrutture.

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