Nessuna politica comune, nessuna linea guida condivisa, solo scontri tra i Paesi membri e continue violazioni delle direttive comunitarie. “Non esiste una vera strategia dell’Unione Europea in materia di immigrazione – spiega a IlFattoQuotidiano.it Angela Del Vecchio, docente di Diritto dell’Unione Europea all’Università Luiss “Guido Carli” di Roma – oggi Bruxelles è in balia delle esigenze dei singoli Stati che prendono decisioni secondo calcoli di politica interna e non come membri dell’Unione”. Così, tra un ricollocamento dei migranti promesso e mai portato a termine, muri, blocco del Trattato di Schengen e annunci di rimpatri di massa, in materia di immigrazione gli Stati dell’Unione Europea stanno calpestando i principi base su cui si fonda l’istituzione.

Ricollocamenti da Italia e Grecia: “Bloccati dagli interessi dei singoli” – Un primo segnale si era avuto quando, dopo l’ondata di arrivi del 2014, i Paesi di frontiera dell’Ue, soprattutto Italia e Grecia, si sono appellati a Bruxelles per un’emergenza immigrazione che doveva essere gestita a livello comunitario. Solo a maggio del 2015, con i centri di accoglienza pieni, le risorse insufficienti, l’aumento del flusso di disperati in arrivo sulle coste europee e il Mediterraneo diventato un cimitero per migranti, le prime risposte da parte dell’Unione. Potenziamento di Frontex, l’agenzia dell’Ue per il pattugliamento delle frontiere esterne, e ricollocamento in due anni di 40 mila immigrati sbarcati tra Italia e Grecia, più altri 20 mila presenti nei campi profughi all’estero. Da quel momento, con i numeri ancora lontani dal milione di immigrati entrati in Europa nel 2015, si è scatenata una guerra sulle quote di migranti da redistribuire in ogni Paese. “A che punto siamo oggi? – continua Del Vecchio – Ne sono stati ricollocati poche centinaia. Questo perché gli interessi dei singoli Stati hanno prevalso su quelli dell’Unione. Se la maggioranza dei membri dice che la redistribuzione non va fatta, non si fa. Non pensiamo come Ue, pensiamo come Italia, come Francia, Germania, Gran Bretagna”.

Così, spiega la professoressa, si è scatenato un effetto domino, con gli Stati impegnati a limitare il numero degli arrivi, senza mai riuscire ad abbracciare una politica condivisa. “I pochi provvedimenti presi dall’Unione Europea – dice – sono ancora in fase di attuazione e necessitano di altro tempo. Penso alle collaborazioni con Turchia e Paesi africani, al ricollocamento, ai rimpatri. Questo perché molti membri hanno fatto e fanno ancora oggi ostruzionismo, calpestando ogni principio cardine europeo in materia d’immigrazione e allontanando sempre di più la creazione di una politica comune sul diritto d’asilo”.

“Blocco di Schengen? Minaccia usata a fini politici” – E l’effetto domino è scattato anche sul blocco di Schengen. “Quando l’Ungheria iniziò a costruire il muro al confine con la Croazia – continua la docente – dissi che così si creava un precedente pericoloso per la tenuta di Schengen. Oggi siamo qui a commentare sei Paesi che minacciano di ricorrere, a maggio, all’articolo 26 del trattato sulla libera circolazione”, quello che permetterebbe loro di prolungare il blocco di Schengen per due anni. Un’eventualità prevista dall’accordo in casi eccezionali, ma che così viene utilizzata dagli Stati a fini politici. “Non credo si tratti solo di minacce – continua Del Vecchio – qualche Paese potrebbe realmente pensare di farlo. Certo, non so se questo metterebbe a rischio la tenuta dell’Ue, ma certamente rappresenterebbe un enorme passo indietro. Senza calcolare, poi, gli enormi danni economici conseguenti al reinserimento delle dogane”.

“Rimpatri sono inapplicabili, impossibile fare accordi con Paesi in guerra” – Anche la questione rimpatri, l’ultima in ordine di tempo, è un esempio dello scollamento interno tra gli Stati membri dell’Unione. “Le parole del governo svedese (che ha annunciato il rimpatrio di 80mila migranti irregolari, ndr) e la proposta del leader laburista olandese (l’Ue accoglierà 250mila migranti provenienti dalla Turchia, in cambio Ankara si impegna a riprendere tutti i migranti che sbarcano illegalmente sulle isole della Grecia, ndr) – afferma la professoressa – non rispecchiano la realtà. Si tratta di prospettive inapplicabili, non esiste una comune e possibile politica sui rimpatri al momento. Questo perché come Unione Europea non siamo riusciti a raggiungere, e non è facile, accordi con i governi dei Paesi africani, mediorientali e asiatici dai quali provengono queste persone. Non si può organizzare un rimpatrio di decine di migliaia di persone senza accordi. Inoltre, c’è da considerare che non si possono rispedire indietro persone mettendo a rischio la loro incolumità o i loro diritti fondamentali. E stiamo parlando di famiglie che provengono da Paesi in guerra, dove vigono dittature”.

“3,2 miliardi alla Turchia? Hanno già 2,2 milioni di rifugiati” – Sul tavolo ci sono anche i 3,2 miliardi di euro che Bruxelles è pronta a dare alla Turchia perché fermi il flusso di migranti provenienti dalle aree in guerra del Medio Oriente. “Possiamo finanziarla quanto vogliamo – conclude Del Vecchio – ma accoglie già 2,2 milioni di rifugiati siriani”.

Intanto i migranti continuano a morire in mare. Oim: “Nel 2016 già 244 vittime” – Joel Millman, portavoce dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni, ha spiegato che “sono 244 i migranti che hanno perso la vita nel Mediterraneo in meno di un mese del 2016″. La maggior parte di loro, 218 persone, sono annegate nel tentativo di attraversare il mar Egeo per dirigersi dalla Turchia verso le coste greche, “aumentando a un tasso allarmante“, mentre le altre sono morte sulla rotta che porta dalla Libia all’Italia. Secondo l’Oim i migranti sbarcati quest’anno in Grecia sono finora circa 55mila.

Twitter: @GianniRosini

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