Reda Hammad, egiziano de Il Cairo con passaporto italiano da più di vent’anni, è l’interprete arabo di Palazzo Chigi dal 2001. Nell’ordine, ha servito i governi di Silvio Berlusconi, Romano Prodi, ancora Berlusconi, Mario Monti, Enrico Letta e Matteo Renzi. C’era anche Hammad la notte tra domenica 8 e lunedì 9 novembre 2015 in Arabia Saudita, spettatore esterrefatto di quel parapiglia per i Rolex donati dai sovrani sauditi agli italiani in trasferta con Renzi: “Ho perso il lavoro e molti soldi per riuscire a consegnare quel maledetto orologio. Ora devo soltanto tutelare la mia reputazione e rendere pubbliche le verità ancora nascoste”. Hammad è il testimone oculare che, sette giorni fa, in maniera anonima, ha fornito ulteriori dettagli sui fatti di Ryad. Quest’ultimo tassello completa il racconto a puntate del Fatto Quotidiano e sveste le bugie del governo. Proprio dell’esecutivo che veste le statue di marmo.
Perché ha coperto la sua identità?
Vi ho contattato dopo che ho letto la storia sul vostro giornale, ma ho chiesto di non comparire perché stavo tentando, fra infinite peripezie, di depositare il Rolex al Diprus, il dipartimento competente della Presidenza del Consiglio.
Scusi, ma perché non ha affidato subito il Rolex a Palazzo Chigi?
Ci ho provato, ma non volevano lasciare tracce. Ho chiesto trasparenza e mi hanno risposto con le intimidazioni. Ma occorre pazienza per ricostruire la vicenda.
Cosa è acceduto dopo la cena nel palazzo di re Salman?
I delegati italiani, inclusi giornalisti e imprenditori, hanno ricevuto un regalo.
Di che tipo?
Orologi preziosi: cronografi Rolex e di altre marche, ma comunque costosi, di valore diverso.
Chi ha provocato la rissa?
La scorta di Renzi e alcuni dipendenti del Cerimoniale sono andati al piano di sopra per raccogliere i regali. Ma uno dei militari ha rivendicato il Rolex, accusando una persona del Cerimoniale di aver scambiato le scatolette. È finita con gli insulti, la scorta che ha preso i regali assegnati e l’imbarazzo del personale saudita.
Anche per l’interprete c’era un Rolex.
Sì, e non me l’aspettavo. Non sapevo se accettare o rifiutare l’omaggio, perché il mio impiego è di natura occasionale. Sono un collaboratore del governo. Ma la tensione era troppo elevata per domande così ingenue. Il giorno dopo mi ha avvicinato Ilva Sapora, il capo del Cerimoniale. Voleva rimediare a una figuraccia ormai consumata.
E cosa ha chiesto la Sapora?
Mi diceva: ‘Il presidente vuole tutti i regali nella sua stanza’. Mi è sembrata un po’ strana come giustificazione e non proprio in linea con le regole. Allora in cambio ho proposto di darmi una richiesta scritta e una ricevuta a consegna avvenuta, un documento ufficiale per proteggermi: va dimostrato che Hammad ha depositato il Rolex a Palazzo Chigi. Ma Sapora non ha accettato.
Poi siete rientrati in Italia.
Per risolvere presto la questione, l’11 novembre ho mandato invano un’email alla dottoressa Sapora. Il 20 mi ha telefonato un suo collaboratore e mi ha ribadito che potevo recarmi a Palazzo Chigi a portare il Rolex, ma non dovevo pretendere una carta scritta. Io gli ho ripetuto con fermezza che esigevo una richiesta e una ricevuta. Poco dopo mi ha richiamato per avvisarmi che la Sapora tollerava solo una consegna spontanea e che in ogni caso non avrei più ricevuto incarichi di lavoro dalla Presidenza del Consiglio. Non potevo più fidarmi, e dunque ho deciso di farmi assistere da un avvocato.
È sicuro che sia una ritorsione?
Vi racconto un episodio. Non vorrei sembrare pedante, ma è un obbligo essere precisi. Il 27 novembre mi ha contattato Fabio Sokolowicz, il consigliere diplomatico, per un lavoro che si sarebbe svolto il giorno stesso. Poi non mi ha chiamato più nessuno, né per confermare né per disdire. Quando l’ho sentito l’indomani mi ha rivelato che la pratica era stata bloccata dal Cerimoniale.
Compromessi i rapporti col Cerimoniale, come ha reagito?
Dapprima telefonicamente e poi attraverso la posta certificata, mi sono rivolto al Diprus, l’ufficio che gestisce i regali: erano gentili e attenti, ma all’inizio hanno ammesso di non conoscere niente dei Rolex e di Ryad. Ho atteso ancora la conclusione delle vacanze natalizie, e poi a gennaio ho spedito una lettera raccomandata dell’avvocato. E mi hanno convocato dopo l’uscita del vostro pezzo di una settimana fa.
Ora il Rolex è al Diprus.
Mi hanno ricevuto mercoledì, a distanza di oltre due mesi. Mi hanno accompagnato l’avvocato e il senatore Nicola Morra del Movimento Cinque Stelle. I responsabili del Diprus mi hanno confessato che non c’era un modulo o un verbale già pronto per la restituzione di un regalo di Stato, che non era mai successo dagli anni di Prodi e il mio Rolex era il primo che prendevano fra le mani tra quelli donati nella missione di novembre in Arabia.
Palazzo Chigi ha giurato: “I regali di cortesia sono nella disponibilità della Presidenza del Consiglio”.
A fatica, il mio ce l’hanno da un giorno e mezzo. Ho sofferto, mi hanno umiliato. Ho speso del denaro e molto tempo prezioso sottratto ai miei impegni e agli studi.
Da Il Fatto Quotidiano del 29/01/2016