Fate un sospiro di sollievo: il cielo è sempre più blu. In questo caso non lo dice la canzone, ma un libro, firmato da un fisico che nella vita studia lo stato di salute dell’aria che respiriamo. Lui si chiama Stefano Zauli Sajani, è modenese, è dipendente dell’Arpa Emilia-Romagna, e da poco ha pubblicato “Ma il cielo è sempre più blu” (editore Il Fiorino). Un lavoro che va decisamente in controtendenza rispetto a quello che spesso si legge sui giornali, che vuole sfatare tabù e fare piazza pulita di falsi miti e di allarmismi su un argomento quantomai attuale: lo smog. “In Italia, per parlare di ambiente e di salute sembra che sia necessario iscriversi o al partito dei negazionisti o a quello dei catastrofisti. Io vorrei evitare queste contrapposizioni e fare un libro equilibrato”. Il concetto è semplice: oggi non stiamo vivendo alcuna emergenza, perché l’inquinamento atmosferico, secondo l’autore, è molto più basso di dieci anni fa.
Secondo lei la percezione del fenomeno in generale è sbagliata?
Sì, soprattutto per quanto riguarda l’evoluzione delle concentrazioni degli inquinanti presenti nell’aria che respiriamo. Sicuramente le tematiche ambientali si prestano molto bene ad approcci apocalittici, e difficilmente i mezzi di comunicazione riescono a resistere alla tentazione di fare da amplificatori a paure e conflitti. Ma c’è di più. All’origine della percezione sbagliata c’è anche una sfiducia nello Stato nelle sue diverse articolazioni, sfiducia quindi verso chi dovrebbe proteggere il cittadino e la sua salute. Dove non c’è fiducia in chi controlla crescono facilmente paure anche se ingiustificate.
È corretto secondo lei il termine “emergenza smog”, che nelle settimane scorse ha riempito i giornali?
No, non lo è nel senso che il rischio non è maggiore adesso rispetto agli ultimi decenni e non lo è nemmeno confrontando i rischi legati all’inquinamento con gli altri. È un tema delicato. Da una parte sappiamo che l’inquinamento fa male. Provoca o aggrava i sintomi di un insieme vastissimo di patologie inclusi i tumori. Dall’altra parte bisogna però evidenziare che l’inquinamento atmosferico è uno dei tanti rischi a cui siamo sottoposti nella nostra vita quotidiana. E l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha sottolineato come in Europa l’inquinamento atmosferico sia all’ottavo posto nei fattori di rischio, ben distanziato dopo il fumo, l’essere sovrappeso, il consumo di alcool, la sedentarietà. Senza dimenticare l’importanza della ricchezza: la differenza nell’aspettativa di vita in Italia tra chi è più ricco e chi è più povero è di circa 10 anni. In Inghilterra di 15.
Come è cambiato l’inquinamento atmosferico negli ultimi 20 anni?
Anche se la percezione generale è di un progressivo degrado, non è affatto vero che le cose vanno sempre peggio. Anche le ultime settimane del 2015 non sono state eccezionali. Si pensi che a Milano agli inizi degli anni 2000, c’erano ogni anno circa 150 superamenti della soglia di PM10. Nel 2015, un anno comunque in controtendenza, il numero dei superamenti è stato pari a circa 100. E ancora: negli ultimi 30 anni le concentrazioni di biossido di zolfo, uno degli inquinanti più pericolosi, sono diminuite di ben 30 volte. Di 10 volte il piombo, il benzene, il monossido di carbonio. Alcuni inquinanti come il particolato, il biossido di azoto e l’ozono rimangono a livelli alti e talvolta sopra i limiti di legge, ma è possibile affermare con tranquillità che nessuno di questi è aumentato negli ultimi decenni. E’ interessante anche come è cambiata la qualità dell’aria all’interno delle nostre case: anche qui i miti sono tanti e le nostalgie fuori luogo: i nostri nonni respiravano un’aria molto peggiore della nostra, e questo soprattutto a causa della legna e degli altri materiali che venivano utilizzati per scaldarsi e per cucinare.
Cosa succede alla nostra salute quando si superano i limiti di legge?
Niente di particolare, si può dire. Gli effetti sanitari dell’inquinamento, sia a breve che a lungo termine, non hanno una soglia e crescono proporzionalmente con le concentrazioni degli inquinanti. Appena sopra i limiti di legge, quindi, non succede niente di qualitativamente diverso da quello che succede appena sotto. Anche la spasmodica attenzione verso il superamento dei limiti giornalieri non ha una forte giustificazione. La cosa più importante per la difesa della nostra salute non sono i picchi ma le medie annue, non gli effetti acuti ma quelli cronici.
Gli amministratori cosa dovrebbero fare per tutelare la salute dei cittadini?
Negli ultimi decenni, va detto, la politica ha promosso a livello europeo e internazionale leggi e regolamenti che hanno portato a una riduzione dei livelli di inquinamento. Adesso è arrivato il momento di un salto di qualità: non più migliorare le tecnologie esistenti ma passare a nuovi sistemi di gestione della mobilità e della produzione dell’energia.
“Ma il cielo è sempre più blu”. È davvero così?
Sì, non è certo la cosa più importante, ma il cielo è sempre più blu. Ce lo dicono i dati. E’ sempre più blu perché gli inquinanti sono diminuiti e anche in parte perché la temperatura si è alzata riducendo la presenza di nebbie e foschie.
Nel libro si parla anche dei rischi legati agli inceneritori e agli impianti industriali. Quali sono, a suo parere, i falsi miti legati a questo tema?
In Italia, sono stati condotti alcuni degli studi più importanti a livello internazionale sull’effetto sulla salute da parte degli inceneritori. E questi non hanno evidenziato rischi né rispetto all’insorgenza di tumori, né rispetto alle malattie cardiovascolari e respiratorie. Una conclusione che vale per gli inceneritori di nuova generazione, costruiti negli ultimi 10 o 15 anni. Certo si sono riscontrati campanelli d’allarme sulle nascite pretermine e sugli aborti spontanei e su questi aspetti sono in corso approfondimenti. Ma possiamo dire con ragionevole certezza che gli inceneritori non rappresentano un rischio maggiore per la salute rispetto, per esempio, a vivere vicino a strade trafficate.