L’esercito del Family Day è in marcia. Oggi, per la terza volta in dieci anni, tenterà di sventare il riconoscimento delle unioni civili rivendicando il primato della famiglia tradizionale. Con Italo Treno e lo sconto, in pullman o in autostop poco importa: tra una manciata di ore confluiranno al Circo Massimo le tante anime del variopinto popolo che sfila contro il ddl Cirinnà, atteso martedì alla prova dell’aula. Raduno dalle 12 e svolgimento dalle 14 alle 16.30, niente più cortei fino in piazza San Giovanni che gli organizzatori ritengono troppo piccola per contenere il milione di persone che sperano di mobilitare grazie alle associazioni, ai movimenti cattolici e alla campagna della Conferenza episcopale, soverchiante rispetto al profilo defilato del Pontefice. Qualche motivo di ansia per gli organizzatori però c’è, tra defezioni, presenze ingombranti e quel tratto distintivo dell’evento che incrocia etica privata, morale pubblica e ragion politica. E vai a sapere, ogni volta, l’effetto che fa. L’edizione di sei mesi fa in piazza San Pietro, per dire, strombazzava un milione di presenze e furono 400mila. Ma contribuirono a impaludare il vecchio ddl Cirinnà in Senato, poi ripescato per spedirlo direttamente in aula.
Le presenze di oggi, dunque. Sul sito ufficiale della manifestazione l’elenco delle “adesioni istituzionali” è vuoto: “Pagina in aggiornamento”, si legge. Ma è una dicitura ingannevole perché il toto-adesioni si rincorre da giorni. In prima fila le associazioni di sempre: Non si tocca la famiglia, ProVita, Giuristi per la Vita, Comitato Articolo26 e i neocatecumenali. Alcuni pezzi dell’artiglieria pesante invece avanzano di lato o arretrano. L’azione cattolica e Cl, su tutti, hanno aderito senza appoggiare formalmente l’evento, lasciando liberi di partecipare o meno i propri associati. Era successo anche il 20 giugno 2015, segno forse del poco interesse a incoraggiare l’effetto referendario su un esecutivo a trazione catto-scoutista come quello renziano. Sembra lontanissima – del resto – l’edizione 2007 in cui i berlusconi-boys tentavano con la piazza la spallata al governo Prodi. Quello attuale, del resto, ricambia la cortesia: ha rimandato il voto al 2 febbraio e non per caso, ma proprio per vedere quale impatto avrà la manifestazione di oggi. Se la piazza sarà tiepida, il Pd forzerà la mano per saltare gli emendamenti e approvare la legge. Se – al contrario – sarà strapiena, ripiegherà su più miti consigli. Così la piazza di oggi diventa il termometro per le scelte politiche del centrosinistra. Non è dietrologia ma il progetto dichiarato del promotore della manifestazione, Massimo Gandolfini: “Il rallentamento del percorso del ddl Cirinnà, con la prima votazione martedì prossimo, rende ancora più determinante il risultato della nostra manifestazione, che non potrà non pesare sull’iter del disegno di legge”.
C’è poi il fronte della politica nella politica, cioè quello tutto interno al Pd e al governo. Da giorni si segnano le presenze come punti al pallottoliere del ddl sulle unioni di civili. Con particolare attenzione, ovviamente, a pezzetti rilevanti dell’area cattolica. Se il fronte dem si frantuma, se si riapre la vecchia ferita tra cattolici e laici, non c’è soccorso che tenga. Alfano l’ha detto: non ci va, non sulle proprie gambe “perché ministro”. Fa sapere però che ci va con il cuore. Molti alfaniani ci andranno con tutto il corpo, pur tenendo il piede nel governo. Ad esempio la portavoce nazionale del Nuovo Centrodestra, Valentina Castaldini, che ieri ha esortato colleghi e sostenitori di partito a marciare al Circo Massimo. E’ da vedere quanti risponderanno oggi, dopo che il governo ha concesso un’infornata di poltrone al partito di Angelino, compreso un ministero per gli Affari Regionali “con delega alla famiglia”. Non è dato sapere se Enrico Costa sarà in piazza. Ce n’è però un altro, Giuseppe Galletti, che ha rivendicato la libertà di dissentire dal disegno (di legge) del suo stesso governo. Al suo fianco Beppe Fioroni. Mancano quelli del “vorrei ma non posso”, ala cattolica: Rosy Bindi, Franco Monaco, Francesco Garafani ed Ernesto Preziosi, quest’ultimo promotore del documento dei parlamentari cattodem per lo stralcio della della stepchild adoption. Assenze giustificate dall’esigenza di evitare tensioni nel Pd, soprattutto dopo la riunione che in Senato ha dato l’ordine di scuderia sul voto favorevole e unanime all’impianto del ddl Cirinnà. Per la categoria opposta dei “non posso ma voglio”, si segnala Antonio Tajani, vicepresidente del Parlamento europeo.
Tra i centristi hanno dato l’adesione o comunque il loro sostegno Maurizio Sacconi, Eugenia Roccella e ancora il presidente del Comitato parlamentari per la famiglia Alessandro Pagano, Rocco Buttiglione, Lorenzo Cesa, Paola Binetti, Gianpiero D’Alia, Angelo Cera, Giuseppe De Mita e Antonio De Poli. Tra i fuoriusciti, Gaetano Quagliariello, fondatore di Idea, chiederà il voto segreto in aula sul ddl Cirinnà, ma ha già dichiarato ufficialmente di voler partecipare al Family Day. Forza Italia e Lega saranno in prima fila ma senza leader, viste anche le biografie da divorziati di Berlusconi e Salvini. A dare tutte le sfumature possibile arrivano, non ultimi, quelli di Casa Pound e Forza Nuova. E’ stato Roberto Fiore in persona ha rivendicare per l’estrema destra il diritto a difedenre “la legge divina e naturale” dall’attacco di un ordine “radicalmente immorale e rivoluzionario”. Parole che sono andate di traverso a Gandolfini, presidente del Comitato “Difendiamo i nostri figli”, promotore del Family day. Di fronte all’adesione convinta dell’estrema destra xenofoba, ha risposto con un certo imbarazzo e ha spiegato come le adesioni di questi gruppi non sono ufficialmente arrivate al comitato e di non condividere le loro “modalità d’azione ed espressione”. Nulla più di questo. Anche una testa rasata, del resto, fa numero.
Politica
Family Day, cattolici (e destra) tornano in piazza. ‘Un milione contro le unioni civili’
Per la terza volta in dieci anni i difensori della famiglia tradizionale tentano di bloccare una legge sui diritti delle coppie omosessuali. Obiettivo dichiarato: "Rallentare il percorso del ddl Cirinnà e pesare sull'iter del disegno di legge". Se il Circo Massimo sarà pieno, il Pd non forzerà la mano sugli emendamenti e tutto il ddl potrà slittare e impantanarsi. Così la piazza di oggi diventa il termometro per le scelte del governo e per il riconoscimento dei diritti civili nel Paese
L’esercito del Family Day è in marcia. Oggi, per la terza volta in dieci anni, tenterà di sventare il riconoscimento delle unioni civili rivendicando il primato della famiglia tradizionale. Con Italo Treno e lo sconto, in pullman o in autostop poco importa: tra una manciata di ore confluiranno al Circo Massimo le tante anime del variopinto popolo che sfila contro il ddl Cirinnà, atteso martedì alla prova dell’aula. Raduno dalle 12 e svolgimento dalle 14 alle 16.30, niente più cortei fino in piazza San Giovanni che gli organizzatori ritengono troppo piccola per contenere il milione di persone che sperano di mobilitare grazie alle associazioni, ai movimenti cattolici e alla campagna della Conferenza episcopale, soverchiante rispetto al profilo defilato del Pontefice. Qualche motivo di ansia per gli organizzatori però c’è, tra defezioni, presenze ingombranti e quel tratto distintivo dell’evento che incrocia etica privata, morale pubblica e ragion politica. E vai a sapere, ogni volta, l’effetto che fa. L’edizione di sei mesi fa in piazza San Pietro, per dire, strombazzava un milione di presenze e furono 400mila. Ma contribuirono a impaludare il vecchio ddl Cirinnà in Senato, poi ripescato per spedirlo direttamente in aula.
Le presenze di oggi, dunque. Sul sito ufficiale della manifestazione l’elenco delle “adesioni istituzionali” è vuoto: “Pagina in aggiornamento”, si legge. Ma è una dicitura ingannevole perché il toto-adesioni si rincorre da giorni. In prima fila le associazioni di sempre: Non si tocca la famiglia, ProVita, Giuristi per la Vita, Comitato Articolo26 e i neocatecumenali. Alcuni pezzi dell’artiglieria pesante invece avanzano di lato o arretrano. L’azione cattolica e Cl, su tutti, hanno aderito senza appoggiare formalmente l’evento, lasciando liberi di partecipare o meno i propri associati. Era successo anche il 20 giugno 2015, segno forse del poco interesse a incoraggiare l’effetto referendario su un esecutivo a trazione catto-scoutista come quello renziano. Sembra lontanissima – del resto – l’edizione 2007 in cui i berlusconi-boys tentavano con la piazza la spallata al governo Prodi. Quello attuale, del resto, ricambia la cortesia: ha rimandato il voto al 2 febbraio e non per caso, ma proprio per vedere quale impatto avrà la manifestazione di oggi. Se la piazza sarà tiepida, il Pd forzerà la mano per saltare gli emendamenti e approvare la legge. Se – al contrario – sarà strapiena, ripiegherà su più miti consigli. Così la piazza di oggi diventa il termometro per le scelte politiche del centrosinistra. Non è dietrologia ma il progetto dichiarato del promotore della manifestazione, Massimo Gandolfini: “Il rallentamento del percorso del ddl Cirinnà, con la prima votazione martedì prossimo, rende ancora più determinante il risultato della nostra manifestazione, che non potrà non pesare sull’iter del disegno di legge”.
C’è poi il fronte della politica nella politica, cioè quello tutto interno al Pd e al governo. Da giorni si segnano le presenze come punti al pallottoliere del ddl sulle unioni di civili. Con particolare attenzione, ovviamente, a pezzetti rilevanti dell’area cattolica. Se il fronte dem si frantuma, se si riapre la vecchia ferita tra cattolici e laici, non c’è soccorso che tenga. Alfano l’ha detto: non ci va, non sulle proprie gambe “perché ministro”. Fa sapere però che ci va con il cuore. Molti alfaniani ci andranno con tutto il corpo, pur tenendo il piede nel governo. Ad esempio la portavoce nazionale del Nuovo Centrodestra, Valentina Castaldini, che ieri ha esortato colleghi e sostenitori di partito a marciare al Circo Massimo. E’ da vedere quanti risponderanno oggi, dopo che il governo ha concesso un’infornata di poltrone al partito di Angelino, compreso un ministero per gli Affari Regionali “con delega alla famiglia”. Non è dato sapere se Enrico Costa sarà in piazza. Ce n’è però un altro, Giuseppe Galletti, che ha rivendicato la libertà di dissentire dal disegno (di legge) del suo stesso governo. Al suo fianco Beppe Fioroni. Mancano quelli del “vorrei ma non posso”, ala cattolica: Rosy Bindi, Franco Monaco, Francesco Garafani ed Ernesto Preziosi, quest’ultimo promotore del documento dei parlamentari cattodem per lo stralcio della della stepchild adoption. Assenze giustificate dall’esigenza di evitare tensioni nel Pd, soprattutto dopo la riunione che in Senato ha dato l’ordine di scuderia sul voto favorevole e unanime all’impianto del ddl Cirinnà. Per la categoria opposta dei “non posso ma voglio”, si segnala Antonio Tajani, vicepresidente del Parlamento europeo.
Tra i centristi hanno dato l’adesione o comunque il loro sostegno Maurizio Sacconi, Eugenia Roccella e ancora il presidente del Comitato parlamentari per la famiglia Alessandro Pagano, Rocco Buttiglione, Lorenzo Cesa, Paola Binetti, Gianpiero D’Alia, Angelo Cera, Giuseppe De Mita e Antonio De Poli. Tra i fuoriusciti, Gaetano Quagliariello, fondatore di Idea, chiederà il voto segreto in aula sul ddl Cirinnà, ma ha già dichiarato ufficialmente di voler partecipare al Family Day. Forza Italia e Lega saranno in prima fila ma senza leader, viste anche le biografie da divorziati di Berlusconi e Salvini. A dare tutte le sfumature possibile arrivano, non ultimi, quelli di Casa Pound e Forza Nuova. E’ stato Roberto Fiore in persona ha rivendicare per l’estrema destra il diritto a difedenre “la legge divina e naturale” dall’attacco di un ordine “radicalmente immorale e rivoluzionario”. Parole che sono andate di traverso a Gandolfini, presidente del Comitato “Difendiamo i nostri figli”, promotore del Family day. Di fronte all’adesione convinta dell’estrema destra xenofoba, ha risposto con un certo imbarazzo e ha spiegato come le adesioni di questi gruppi non sono ufficialmente arrivate al comitato e di non condividere le loro “modalità d’azione ed espressione”. Nulla più di questo. Anche una testa rasata, del resto, fa numero.
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Palermo, 9 mar. (Adnkronos) - I vigili del fuoco del Comando provinciale di Palermo resteranno per tutta la notte tra via Quintino Sella e via Gaetano Daita per tenere sotto controllo l'edificio in cui ieri mattina si è propagato un vasto incendio che ha distrutto l'appartamento all'ultimo piano dell'ex sottosegretario alla Salute, Adelfio Elio Cardinale, e della moglie, l'ex magistrato Annamaria Palma. I due sono riusciti a mettersi in salvo, tutti i residenti sono stati evacuati, un uomo di 80 anni è rimasto intossicato. "Le fiamme sono state circoscritte e non si propagano più. Sono in corso adesso le operazioni di bonifica che consistono nello smassamento della parte combusta e nello spegnimento dei focolai residui. Per tutta la notte sul posto sarà effettuato un servizio di vigilanza antincendio", ha spiegato in serata all'Adnkronos Agatino Carrolo, direttore regionale dei vigili del fuoco della Sicilia, da ieri mattina sul luogo del rogo.
"Abbiamo dovuto tagliare il tetto con le motoseghe. I miei uomini hanno lavorato a 25 metri su un piano inclinato di 30 gradi e abbiamo lavorato con la dovuta cautela. Tagliato il tetto si impedisce alle fiamme di propagarsi. Quindi rimangono da effettuare le operazioni di bonifica, di rimozione del materiale combusto e laddove ci sono dei focolai residui spegnerli. Oltre a questo si prevede di effettuare un'operazione di vigilanza antincendio ceh consiste in un presidio fisico a vigilare lo stato dei luoghi fino a quando non ci sarà più bisogno", ha detto.
E ha aggiunto: "Ci siamo trovati ad operare ad un altezza di 25 metri dal piano di calpestio. Dobbiamo spegnere un incendio importante di un tetto di circa 400 mq di falde e le fiamme sono particolarmente insidiose perché questa combustione è caratterizzata dal cosiddetto fuoco covante ossia una combustione in condizione di sotto ossigenazione che corre nello spazio di ventilazione del tetto. Quindi in superficie non si vede nulla ma ad un certo punto le fiamme affiorano dove è possibile".
Roma, 8 mar (Adnkronos) - "Non c’è molto da dire, se non che mi vergogno e che mi dispiace molto. Il Pd è germogliato dalle tradizioni più alte e più nobili della storia politica del Paese. Ha nel suo dna l’europeismo. Ed è di tutta evidenza che non può essere questo il nostro posizionamento". Lo scrive sui social Pina Picierno rispondendo alle proteste sui social per il post del Pd sulla questione del piano di Difesa Ue in cui si legge 'bravo Matteo' a proposito delle posizioni di Matteo Salvini.
"Mi vergogno, infatti. E sono allibita", aggiunge la vice presidente del Parlamento europeo.
Roma, 8 mar (Adnkronos) - "Ma vi siete bevuti il cervello Elly Schlein? Vi mettete a scimiottare Salvini. I riformisti sono vivi? Hanno qualcosa da dire? Paolo Gentiloni, Lorenzo Guerini certificate la vostra esistenza in vita al netto di Pina Picierno e Filippo Sensi". Lo scrive sui social Carlo Calenda, rilanciando un post del Partito democratico sulla questione del piano di Difesa Ue in cui tra l'altro si legge 'bravo Matteo' a proposito delle posizioni di Salvini.
Roma, 8 mar (Adnkronos) - "In Italia si aggira un tizio - si chiama Andrea Stroppa - che rappresenta gli interessi miliardari e le intrusioni pericolose di Elon Musk. Dopo avere espresso avvertimenti vagamente minatori e interferito sull’attività di governo, questo Stroppa ha insultato due giornalisti, Fabrizio Roncone e la moglie Federica Serra, con il metodo tipico dell’intimidazione". Lo dice il senatore del Pd Walter Verini.
"Esprimiamo solidarietà ai due giornalisti. E ci chiediamo anche cosa aspetti Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio di questo Paese, a far sentire la sua voce contro queste ingerenze, questi attacchi, questi tentativi di intimidazione a giornalisti e giornali”, aggiunge il capogruppo Pd in Antimafia.
Roma, 8 mr (Adnkronos) - "Mentre il dibattito politico italiano viene inevitabilmente attratto dalla demagogia, da Trump arriva un’altra sberla: l’ipotesi del ritiro di 35.000 soldati americani dalla Germania. Si va di cigno nero in cigno nero, ma tutto questo sembra non ridestare dalla bolla della politica politicante il governo". Lo scrive sui social il senatore Enrico Borghi, vicepresidente di Italia Viva.
"Oggi il Capitano ha animato i suoi gazebo nei fatti contro la linea della Premier e dell’altro Vicepremier (che dovrebbe essere il Ministro degli Esteri). Di fronte a questi scenari, serve un soprassalto di responsabilità. Oggi - aggiunge Borghi - di fronte agli sviluppi della guerra in Ucraina e alla svolta anti-Nato di Trump sono in gioco le nostre libertà democratiche: questo è il tema chiave di questi anni".
Washington, 8 mar. (Adnkronos) - E' stata eseguita tramite fucilazione la condanna a morte di Brad Keith Sigmon, che aveva scelto il plotone di esecuzione alla sedia elettrica e all'iniezione letale, i metodi adottati dalla South Carolina per le pene capitali. La Corte Suprema dello Stato aveva rifiutato l'ultima richiesta di sospensione dell'esecuzione, la prima tramite fucilazione eseguita negli Stati Uniti in 15 anni.
Il legale dell'uomo, condannato a morte per l'omicidio dei genitori della sua ex fidanzata con una mazza da baseball, ha spiegato al Washington Post che il suo assistito ha scelto il plotone di esecuzione perché "ha paura" ed è preoccupato per le possibili sofferenze provocate dall'iniezione letale, il cui procedimento, ha aggiunto il legale, viene "tenuto segreto".
Secondo quanto riferiscono i media americani, un plotone di esecuzione di tre agenti ha sparato all'uomo da una distanza di circa 4,6 metri all'interno del Broad River Correctional Institution nella capitale dello stato Columbia.
I giornalisti che hanno assistito all'esecuzione da dietro un vetro antiproiettile hanno affermato che Sigmon indossava una tuta nera con un piccolo bersaglio rosso fatto di carta o stoffa sul cuore. In una dichiarazione finale letta dal suo avvocato, Gerald King, Sigmon ha dichiarato di voler inviare un messaggio di "amore e un invito ai miei fratelli cristiani ad aiutarci a mettere fine alla pena di morte".
Al condannato è stato quindi messo in testa un cappuccio e circa due minuti dopo il plotone di esecuzione, composto da volontari del South Carolina Department of Corrections, ha sparato attraverso fessure in un muro.
Da quando è stata reintrodotta la pena di morte negli Usa nel 1976 sono state eseguite solo tre condanne a morte per fucilazione, tutte nello Utah, nel 1977, nel 1996 e nel 2000.
Roma, 8 mar. (Adnkronos) - “Il risultato record raggiunto con il 2x1000 per il 2024 consente al Partito democratico un investimento straordinario sui territori: questa settimana abbiamo inviato oltre un milione di euro alle nostre articolazioni regionali e provinciali, che si somma alle 440.000 euro già anticipate. Si tratta solo del 70% di quanto pattuito, in quanto lo Stato non ha ancora trasferito l’intero 2x1000 spettante ai partiti politici. Ma noi invieremo comunque entro marzo il restante 30%, superando in totale i 2 milioni di euro relativi al solo 2024. Se sommiamo queste risorse al mezzo milione di euro trasferito lo scorso anno, possiamo calcolare che, in questi due anni di segreteria, il Pd nazionale ha trasferito ai territori più del doppio delle risorse trasferite negli otto anni precedenti sommati insieme, cioè dalla fine del finanziamento pubblico al 2022". Lo sottolinea il tesoriere del Pd, Michele Fina.
"Oggi -aggiunge- possiamo farlo perché sta arrivando a compimento una grande opera di risanamento del nostro bilancio, ma soprattutto perché abbiamo fatto fin dall’inizio una scelta precisa: investire per sostenere la partecipazione, l'attività politica e, in ultima istanza, la democrazia nel Paese. Abbiamo unito tutti i livelli del partito in un unico sforzo corale. Per questo nel 2024 siamo risultati il primo partito in assoluto con 10.286.000 circa di risorse, con una crescita di 3 milioni in due anni e ben 628.000 contribuenti che ci hanno scelto. È il dato più alto della nostra storia”.
“In un tempo in cui -le democrazie liberali sono messe in discussione dalla prepotenza finanziaria di plurimiliardari stranieri e dalla forza economica delle big tech, il Partito democratico -aggiunge la segretaria Elly Schlein- riparte dai territori, dal coinvolgimento della base, dal riacquisto e riapertura delle sedi, dalla formazione politica".