Un presidente offre quote del proprio gruppo per ricambiare favori che gli hanno evitato penalizzazioni, uomini fidati nei consigli d’amministrazione, un bando – quello per assegnare le partite del campionato di Serie B – che sembrerebbe scritto appositamente per favorire Mediaset, un pacchetto dei diritti tv assegnato con una trattativa privata per aggirare un’offerta non accettabile pur di far avere interviste in anteprime e immagini dagli spogliatoi al Biscione. Le telefonate intercettate dagli uomini della Guardia di finanza nell’inchiesta sul “sistema Infront”, portata avanti dalla Procura di Milano, mettono in imbarazzo il calcio italiano.
Tutti i legami
C’è un advisor, Infront appunto, che dovrebbe gestire in maniera imparziale l’assegnazione dei diritti tv ma stando alle conversazioni ascoltate dalle fiamme gialle sembra fare tutt’altro. Sfruttando il suo ruolo di gestore del marketing delle società – veicolo attraverso il quale carica nelle casse dei club milioni decisivi per la loro sopravvivenza – è in grado di orientarne le decisioni politiche nell’assemblea della Lega Calcio. E parrebbe farlo con un solo intento: favorire Mediaset nella battaglia contro Sky per la trasmissione del campionato. Fino a stravolgere il risultato delle aste o a inserire clausole apposite nell’invito a offrire. Di più: quando una società “amica” è in difficoltà non lesina altri aiuti economici, oppure chiede di poter far sedere “uomini fidati” nel cda. Gli sviluppi dell’inchiesta di Milano – anticipati oggi da Repubblica, Corriere e Gazzetta dello Sport – rischiano di scatenare un terremoto giudiziario.
“Ci mettono in galera”
Ne erano consapevoli anche alcuni protagonisti all’epoca dei fatti, ma sono comunque andati avanti nel loro disegno. La scorsa primavera, infatti, la Lega avrebbe dovuto assegnare tramite un’asta il pacchetto C dei diritti tv, quello che garantisce la possibilità di intervistare per primi i giocatori e di far entrare le telecamere negli spogliatoi. L’offerta più alta viene presentata da Mediaset, ma secondo gli avvocati della Lega non è valida perché condizionata da una sub licenza. Infront fa pressioni – su input di Rti-Mediaset – perché il pacchetto finisca al Biscione. Ma lo spazio di manovra è ridotto. Il legale della Confindustria del pallone, Bruno Ghirardi: “Siamo arrivati al paradosso, perché questa soluzione è nata nell’ufficio legale di Rti. Dovrei dire a Mediaset: ‘Va bene la tua offerta è valida a condizione che cambi l’offerta’. Allora è come se dicessi a Sky: “Guarda, io l’accetto, a condizione che non mi offra due milioni ma tre”. Se dico una cosa del genere delle due l’una: mi buttano giù dalla finestra perché mi sono bevuto il cervello, o mi buttano giù dalla finestra perché mi sono venduto, perché è una roba che non sta in piedi”. Commenta il numero due di Infront, Giuseppe Ciocchetti: “Ci mettono tutti in galera”. Allora Ghirardi avanza una nuova ipotesi: “Andiamo a trattativa privata. Così rimuoviamo tutti gli ostacoli”. Va a finire esattamente proprio in questo modo. E dall’inizio di questo campionato la tv della famiglia Berlusconi intervista per prima i giocatori.
“Vi do il 3 per cento di Giochi Preziosi”
C’è poi il capitolo riguardante i “finanziamenti straordinari” ai club. Marco Bogarelli, numero uno di Infront in Italia, al telefono dice di aver fatto arrivare 700mila euro al Verona. Nei rapporti della Finanza si parla anche della rescissione del contratto con il Cagliari, costato a Infront 10 milioni di euro, anche se, dice Ciocchetti “ci dev’essere qualcosa che non sappiamo con Lotito” perché “un club che sta andando in B conta il due picche”. E nel mirino dei pm finisce anche un finanziamento di due milioni di euro del gruppo di Antonio Percassi, proprietario dell’Atalanta, girato a Infront e poi ritornato all’Atalanta perché – nota il Corriere – non raggiunge i ricavi previsti. Interessante anche la richiesta di Bogarelli affinché nel cda del Brescia finisca un suo uomo di fiducia. Un intervento di Infront per aiutare il Bari sarebbe invece stato chiesto da Lotito altrimenti “questo pija la penalizzazione”. Ma soprattutto agli atti c’è un dialogo tra il direttore generale di Infront, Ciocchetti, e Riccardo Silva, numero uno di Mp&Silva, che gestisce i diritti tv della A all’estero. Secondo gli inquirenti Infront avrebbe salvato il Genoa girando a Preziosi 15 milioni di euro, arrivati da Silva poco tempo prima dei controlli della Covisoc, l’organo che vigila sul rispetto delle scadenze dei pagamenti degli stipendi ai tesserati.
A operazione avvenuta, il presidente del Genoa avrebbe proposto agli uomini di Infront il 3 per cento della Giochi Preziosi, pronta a quotarsi a Hong Kong. Dice Ciocchetti a Silva, riportando un dialogo avuto con il patron rossoblu: “Diceva: siccome voi mi siete stati vicini, voglio ricompensarvi di questo sacrificio. Adesso la società vale 300 milioni. In quotazione varrà almeno il doppio. Quindi sono disposto a darvi il 3 per cento della Giochi Preziosi. Facciamo un contratto d’opzione (…) fate 25 milioni di guadagno. Fino a 25 milioni di guadagno di valore ve li tenete tutti voi, quindi più 15, poi dopodiché dividiamo fifty fifty”.
I diritti tv della B
Il potere di Infront si limita alla Serie A? No, ipotizzano i magistrati, perché è stato advisor anche della Serie B. E stando alle carte dell’inchiesta avrebbe provato a favorire Mediaset anche nell’assegnazione di quei diritti. L’escamotage ideato è l’inserimento di una clausola nel bando: un canale con almeno il 3% di ascolto medio, riporta La Gazzetta. Che tradotto in termini pratici, visto che le contendenti sono sempre Mediaset e Sky, vorrebbe dire escludere Murdoch e consegnare tutto al Biscione. La Lega dà l’ok, il bando appare sul sito, poi torna sui suoi passi. Il presidente Andrea Abodi spiega a Bogarelli, suo ex socio in Media Partners, poi diventata Infront Italy, che ci sarebbero delle “criticità” e sottolinea: “A me interessa che nessuno abbia da dire”. Alla fine i diritti vanno a Sky, dove in questi giorni, di fronte al contenuto delle telefonate, apprende ilfattoquotidiano.it, monta la rabbia “per un modo di fare che non ci appartiene e ci penalizza”.