Arriva con due giorni di ritardo sugli altri. Pierre ha una malformazione ai piedi che li fa rivolgere l’uno contro altro. Cammina a stento e per questo ha tentato il viaggio in troppi paesi. Parte, infine, con un milione di franchi in tasca per farsi operare in Marocco, in Algeria o allora in Europa. Ci sono i dottori più famosi e gli ospedali sono attrezzati. Invece nel Mali sono i ribelli che operano il furto e Pierre si ritrova ad Algeri passando da un ufficio all’altro.
Sono quelle le migrazioni più lunghe e complicate. Pierre torna a un paese che somiglia al Senegal e chiede chi potrà aiutarlo adesso che ha perso tutto. Partito da Algeri è passato da Gardaia, Tamanrasset, In Guezam, Assamaka, Arlit, Agadez, Niamey e infine raggiunge Bamako. E’ l’ultima tappa prima di Dakar dove attraverserà le frontiere più ostiche: gli uffici statali.
Prima di lui arriva Lamine che indossa la maglia del Barcellona di Messi. Gliel’ha prestata il suo amico per la pelle, Camara. Lui sì, a sedici anni giocatore di intenzione. La squadra di Conakri, capitale della Guinea non gli bastava più. Ha piedi buoni e calcia con entrambi, attaccante come dice, che segna anche di testa. La sua è partita guardando gli schermi televisivi e la seduzione del pubblico che non fa altro che cantare. E’ quello che credeva anche lui finché non l’hanno espulso dall’Algeria perché minorenne non accompagnato. Per questo ha prestato la maglia a Lamine che di calcio non si intende. Tutta questione di piedi nella vita. Quelli di Pierre che convergono al centro e lui che non riesce a trovare un posto da centravanti in una squadra. Solo che Lamine porta la maglia della sua squadra del cuore. La presta solo per il viaggio, perché vuole smarcarsi.
Barry cammina piano e col soffio pesante. Gli ha preso un attacco d’asma in carcere. Viaggiava con un pazzo che gli era stato affidato. Arrivati alla frontiera l’amico tira un sasso contro la macchina della polizia. Una follia che costerà ad entrambi tre giorni di detenzione. Barry viene liberato dietro cauzione. Gli portano via due cellulari e i soldi guadagnati in sei mesi di lavoro come manovale ad Algeri. I cinesi fanno lavorare dodici ore e pagano di più. I siriani come imprenditori sono severi e pagano meno. Gli algerini quando devono pagare chiamano la polizia e denunciano i lavoratori. Storie vecchie come il mondo che Barry ha capito tardi. L’hanno liberato per grazia economica e lui deve fermasi alla tappa successiva perché gli manca il fiato. Commerciava scarpe da tennis per camminatori ambulanti di passi perduti.
L’altro Barry, originario dello stesso paese, uno dei produttori mondiali di ferro, è solo stanco. Dice che non dorme da tre giorni che coincidono con l’ultimo pranzo mendicato altrove. Trascina i piedi e dice che alla dogana nesuno gli ha chiesto nulla viste le sue pietose condizioni. Proprio un miracolo da incorniciare tra i Guinness della storia. Mai accadde a memoria di migrante:una frontiera gratuita per clandestini. A Barry questo sembrava normale perché, dice, vedevano che non avevo nulla, vuoto lo stomaco e di conseguenza la borsa. Un sacco di plastica con dei ricordi immaginari disegnati di polvere. Si riprende dopo qualche panino imbottito che gli offre una mensa inventata col tagliando verde di speranza. Barry ora cammina meglio e racconta di quando guidava un taxi. Ora si domanda dove condurre la sua vita.
Lamine, con la maglia di riserva del Barça, studia filosofia peripatetica. Voleva andare in Angola, e una volta a Bamako gli amici lo convincono per l’Algeria. Mohamed invece sognava il petrolio del Gabon quando ancora c’era un buon prezzo a barile. Una telefonata amica lo invita ad Algeri dove c’è lavoro, si sta bene e si può guadagnare quanto basta per viaggiare altrove. Si convince e, una volta a destinazione, l’amico sparisce e il numero risulta inesistente. Ora sposa la filosofia di Eraclito e quella del migrante dove tutto scorre e la sabbia di prima non è più la stessa. Della lista dei migranti in attesa da Algeri ormai manca solo Diallo. L’unico che viaggia con le stampelle.