Questo post è per cercare di capire che cosa i precedenti contributi hanno smosso in chi li ha letti, perché non si tratta di una valutazione trascurabile. Devo dire che, fino ad ora, ne ho ricavato una sensazione un poco amara. A me sembra che sia giusto riflettere un po’ come segue:
1. in Italia abbiamo una grande ricchezza fatta di uomini, risorse materiali, strutture, idee, know-how: un po’ confusa, per la verità, ma esistente;
2. a me sembra che questa realtà assomigli un po’ a quegli individui che hanno preso dei ‘tic’, delle stranezze ambulatoriali, degli atteggiamenti fuori dal normale: caratteristiche che riducono l’efficienza normale, ma che richiedono comunque energie come per gli altri individui ‘normali’;
3. se mi riferisco a ciò che abitualmente leggo in materia ho la sensazione che da molti anni si circuiti su un solo prevalente argomento: il ’costo del lavoro’. Ma che da molti anni non solo non esca un ragno dal buco, ma sono convinto/certo che la situazione peggiori: dal punto di vista della penetrazione estera della nostra industria manifatturiera e/o dal punto di vista dell’efficienza commerciale, visto che siamo quasi sempre a prendere ordini all’estero con le mani di dietro e pronti a dire sempre grazie. Combattere sul ‘costo del lavoro’ significa aver deciso che si continua a fare la concorrenza a Romania, Bulgaria, Moldavia, Albania, Cina, ecc, ecc. Cioè che si va avanti con lo stesso ‘mix-prodotto’ sul quale questa nazioni sono sufficientemente preparate e comunque vincenti: politica stupida;
4. noi dobbiamo ‘uscire’ dal loop delle soluzioni schematiche: dobbiamo inventare qualcosa di nuovo, senza dubbio e senza fallo: e invece che succede? Che cosa dicono i lettori? Succede che: pochissimi lettori hanno condiviso la necessità di trovare nuove soluzioni all’uso che facciamo di questa macchina manifatturiera decisamente in affanno da anni nessuno dei lettori ha espresso idee nuove la grande maggioranza ha espresso commenti improntati alla sfiducia sulla possibilità di risolvere questo problema facendo appello non già ad esperienze vissute ma alla letteratura disponibile: esempio di una cultura negativa, quella che io chiamo della ‘Magna Grecia’;
5. in realtà, se ipotecare il futuro è sempre sport perdente, ipotecarlo nella sua proiezione negativa è sciocco: significa aver giudicato qualcosa con una supponenza un po’ eccessiva;
6. no. Non è questo che il Paese si aspetta dalle sue teste pensanti: con questi così lucidi cervelli non si sarebbero mai avuti sviluppi nella conoscenza, e la ritengo una posizione colpevole.
In concreto però, se ben ci pensiamo, dalle chiacchierate fin qui sviluppate una piccola traccia comincia già a delinearsi: e cioè la prospettiva di uno sviluppo ‘assistito’ verso una industria manifatturiera fortemente ‘olonica’. ‘Assistito’, ‘invitato’, assolutamente non forzato e neppure coatto. Chi ci sta ci sta: gli altri restano ‘fuori’.
Abbiamo tutto per fare una motocicletta: ma questa la facciamo fare ad altri: il bello è che andiamo pure a comprarcele queste motociclette straniere, poi ci lamentiamo che i nostri giovani non hanno lavoro; abbiamo tantissime forze disperse: ma proprio per questo le usiamo male e con efficienza molto bassa.
Si tratterebbe di una scelta di ‘schema’: e vorrei fare l’esempio della bicicletta prima e dell’automobile dopo: vorrei dire che fu l’uscita dagli schemi quello che portò alla bicicletta moderna e all’automobile moderna: e probabilmente altri ‘schemi’ dovranno saltare, chissà quali, che faranno ancora evolvere questi mondi tecnologici in direzioni oggi inimmaginabili.
La bicicletta: per passare dalla ‘draisina’ al ‘bicicletto’ ci sono voluti quasi cento anni (1791-1897) e non fu tanto una questione tecnica: la ‘catena’ era conosciuta anche da Leonardo da Vinci: fu un problema di ‘fuoruscita dagli schemi’ (e anche di poderosi e rovinosi capitomboli dal ’biciclo’ a ruotone anteriore).
L’automobile: dalla impostazione a ‘telaio’ a quella inventata da Gianni Lancia della ‘scocca’: una vera rivoluzione dovuta ad una intuizione di Lancia: quaranta anni, i vantaggi furono enormi e oggi le auto sono soltanto come le ha pensate Lancia. Altro esempio straordinario di risultati che si ottengono quando la mente umana riesce (sempre con enorme fatica) a ‘rompere gli schemi’.
Personalmente sono convinto che la nostra industria manifatturiera sia – nella media – piuttosto arretrata nella cultura relativa alla gestione aziendale: e sono convinto che questa sia la causa fondamentale della ‘stasi’ attuale. Altro che il ‘costo del lavoro’!!! Questo è vero solo se ci si rifiuta di ‘diversificare’ e si vuole continuare a fare quello che si crede di saper fare: ma oggi ciò significa competere con Romania, Albania e compagnia cantante, con le quali su quei prodotti tradizionali la nostra partita è persa.
Pure sanguinose battaglie di retroguardia: dobbiamo passare all’attacco. La salvezza vincente che ci viene offerta dal concetto di ‘impresa olonica’ è ancora quasi completamente sconosciuta: così come sconosciuti, più o meno, sono i vantaggi che ne derivano, pur conservando in toto la proprietà delle proprie aziende.
Tutto questo è un freno, straordinario. Il Paese manifatturiero deve cambiare strategia. E alla svelta.