Ventotene. La nostra piccola isola ponziana ha finalmente vissuto il suo momento storico con la visita di Renzi che ha voluto rinnovare lo spirito di un’Europa unita, proprio lì dove è nata dalle idee di Altiero Spinelli, Eugenio Colorni, Ernesto Rossi, Riccardo Bauer e altri che negli anni ’41 e ’42 diedero vita al Manifesto di Ventotene, al Movimento Federalista europeo e più esattamente all’ideale di un’Europa Unita.
In quella minuscola e brulla isola, battuta da venti tra i più violenti del Mediterraneo e quindi a quei tempi irraggiungibile se non per confino, i più preparati e intelligenti tra i circa 800 uomini segregati e privati di ogni libertà dal regime fascista, riuscirono a produrre idee innovative di libertà e di democrazia. Per allontanare ogni guerra tra stati era necessario unirsi, scrivevano mentre le chiavi che li isolavano dal mondo intero giravano nella toppa e le regole dei loro movimenti, sorvegliati da più di 350 uomini armati, erano rigide e ferree. Ma nonostante la forzata inerzia, l’idea e la visione europeista democratica e libera da dogmi, ferveva.
Non tutti i confinati erano a Ventotene. Altri erano nell’isoletta di fronte, all’ergastolo di Santo Stefano. Qui vi arrivarono anche Pertini, Bresci, Terracini, Spaventa e altri. “La piccola isola di Santo Stefano sottolinea nella sua circolarità, l’incubo dell’ergastolo, lo concentra anziché dilatarlo, porta alla sua radice, insoluto, il problema dei tanti carceri di cui, dai Borboni in poi, si costellarono le belle isole italiane” scrive Gin Racheli, milanese, ex manager industriale che cominciò a visitare le isole italiane, scrisse libri, e poi si fermò a lungo proprio a Ventotene.
Ho conosciuto Gin. Ero all’inizio del mio percorso giornalistico. Scrivevo per Latina Oggi, quotidiano della provincia nato da poco, e poiché con la mia famiglia e alcuni amici, decidemmo di andare a fare le vacanze a Ventotene, avvisai la redazione. Scrivici tanti articoli, mi disse il direttore Mauro Benedetti. Lo presi sul serio. Arrivata lì cominciai a sentire, intervistare, raccontare, annusare…non trascuravo nulla. Divenni amica di Beniamino Verde, persona straordinaria e sindaco indimenticato dell’isola, nemico di ogni speculazione edilizia e che difendeva i luoghi incontaminati davvero con furore. Tanto che, mi confessava, anche i suoi beni deperivano. La voleva intatta e rude. Era già preso da questa idea che quando arrivò Gin Racheli per conoscere e quindi scrivere un libro sulle isole ponziane, si trovarono subito in sintonia e d’accordo su tutto. Gin decise di fermarsi lì.Ogni mattina era in Comune dietro una scrivania a scrivere con la sua inseparabile pipa.
Ricordo quando nel cinquantesimo anniversario del Manifesto arrivò Spadolini. E io scrivevo…scrivevo…scrivevo. Non devi scrivere troppo, mi diceva Beniamino, sennò qua non ci salviamo più. Verranno in troppi e l’isola perderà il suo aspetto rustico. Temeva infatti che potesse diventare come Ponza. Lo diceva a me e all’amico e collega Carlo Picozza che scriveva per Repubblica.
Continuai a scrivere di quei luoghi anche dopo le vacanze. Molti pensarono che io vivevo lì. Ma era Gin che mi avvisava e anche altri. Mi chiamavano per dirmi che l’acqua era finita e le navi- cisterne non arrivavano, o per raccontarmi che il portellone dell’aliscafo, una volta arrivati al porto non si era aperto e tutti si erano dovuti calare dai lati per raggiungere la terra ferma o altro ancora. Un’isola fascinosa che ammalia, questa è Ventotene. E oggi Renzi l’ha onorata. Certo ha trovato il carcere in uno stato vergognoso, ha detto. Ha promesso un recupero e un progetto culturale. Vuole che diventi una foresteria per la formazione dei giovani europei. Un rilancio in grande stile, dunque. Chissà come l’avrebbe presa il mio amico Beniamino Verde?