Dopo gli animatori digitali, arriva il mobility manager nella scuola italiana. Dal 2 febbraio ogni dirigente dovrà scegliere chi, tra i suoi docenti, andrà a ricoprire questo posto da individuare su base volontaria e senza oneri per l’amministrazione. Tradotto in altre parole: il lavoro fatto sarà totalmente gratuito come previsto dalla legge 221 del 28 dicembre scorso che definisce i compiti del professore incaricato di svolgere questo ruolo. Una bella idea, secondo Legambiente e Cittadinanzattiva, destinata a restare tale.
Le due associazioni, entrambe impegnate ogni anno ad elaborare un rapporto sulla qualità della vita e dei servizi della scuola italiana, apprezzano lo sforzo culturale ma sanno che cambierà poco nei fatti per i ragazzi e per le loro famiglie: “Non sono ruoli che si improvvisano o che si definiscono su base volontaria. Nelle aziende o negli enti dove sono stati previsti i mobility manager, si tratta di figure professionali preparate. E’ legittimo chiedersi – spiega Adriana Bizzarri, responsabile del settore scuola di Cittadinanzattiva – quanti docenti potranno essere in possesso di queste competenze. Ancora una volta dobbiamo constatare che siamo di fronte ad un provvedimento che non prevede risorse economiche e percorsi formativi specifici. Dietro l’istituzione di questa figura non c’è una strategia. E’ solo una brillante idea che non ha gambe, un annuncio senza concretezza. Anche stavolta morirà tutto sul nascere”.
Eppure sulla carta i compiti del mobility manager sono importanti. Il docente che si assumerà questo incarico dovrà ottimizzare i percorsi casa-scuola lavorando con le aziende di trasporto e con gli altri istituti scolastici e favorire l’uso della bicicletta e del car sharing. Avrà anche il compito di interfacciarsi con l’ufficio scolastico regionale per ottimizzare la mobilità dei diversamente abili e sensibilizzare personale e studenti all’uso consapevole dei mezzi alternativi di trasporto per ridurre i livelli di inquinamento atmosferico e acustico oltre che i consumi energetici.
Una “mission” non da poco: “Il mobility manager è una bella spinta dal punto di vista culturale ma la mobilità di una scuola va organizzata nello specifico. Questa figura deve avere la possibilità di dare risposte concrete. Oggi l’autonomia dei bambini è ridotta a zero, stiamo crescendo ragazzi che si muovono solo in auto. Iniziamo – auspica Rossella Muroni, presidente di Legambiente – a parlare del fatto che attorno alle scuole servirebbe ovunque il limite dei 30 chilometri/orari; cominciamo a dire che la mobilità in auto andrebbe ridotta al minimo indispensabile. Noi di Legambiente abbiamo sempre lavorato in maniera concreta proprio in questo senso introducendo il piedibus e il bicibus. Il cambiamento dev’essere fatto con gli investimenti delle amministrazioni. I dati raccolti dal mobility manager devono essere recepiti dagli enti, altrimenti non servirà a nulla”.
La presidente di Legambiente pensa soprattutto ai numeri dell’ultimo rapporto prodotto dalla sua associazione sulla qualità delle strutture e dei servizi: “La questione dei servizi per la mobilità casa-scuola e la sicurezza delle aree antistanti gli edifici scolastici sembra non decollare”, osserva il dossier. Dal 2010 al 2014 le scuole che usufruiscono del servizio di scuolabus sono scese dal 32,6% al 25,8%. Nessuna svolta nemmeno sul fronte delle piste ciclabili nell’area vicina alle scuole: cinque anni fa erano il 9,4%, oggi sono il 9,5%.