“A Valeria, questa sera, dedichiamo il nostro spettacolo”. Così, a corredo di una struggente presentazione, prende il via lo spettacolo del Coro dei Tre Comprensivi, alias Giovani Artisti, una compagine vocale creata dal maestro Fabiana Ricci con un insieme di giovani provenienti dagli istituti Fermi, Spinelli e Rodari di Scandicci.
Un insieme di canto corale, canto solistico, recitazione e danza quello che, la sera del 28 gennaio scorso, si è esibito presso il Teatro Studio di Scandicci, quello stesso dove, nel lontano 1983, debuttò, con la regia di Giancarlo Cauteruccio e le musiche originali dei Litfiba, l’Eneide di Krypton, quello spettacolo mutlimediale che fin da subito divenne un cult e che approdò, nell’autunno del 1984, al teatro La Mama di New York.
Il Coro dei Tre Comprensivi ha così voluto, con uno spettacolo dedicato alla memoria della Shoah, ricordare, in quanto dedicataria dell’intero spettacolo, Valeria Solesin, la giovane ragazza italiana brutalmente assassinata la notte degli attentati terroristici parigini dello scorso novembre. Un insieme di giovani che vanno dai 9 ai 16 anni ha così dato vita a Otto candele per ricordare, un insieme di musica, danza e teatro che ha saputo riportare alla memoria di tutto il pubblico la tragedia dell’Olocausto per mezzo di un racconto particolare, quello dei cinque ebrei prigionieri ad Auschwitz che la sera della festa di Hanukkà del dicembre 1944 vollero festeggiare, con fiammelle ricavate da miseri pezzetti di carta, la storia di un gruppo di bambini non vedenti e del loro maestro di musica: tutti insieme devono raggiungere, dal proprio istituto del ghetto ebraico di una imprecisata città Ucraina, il treno della morte che li traghetterà verso Auschwitz.
Regista dello spettacolo, Fabiana Ricci, con la collaborazione di Barbara Trevisan, Beatrice Buzzanca, Sonia Parenti e Angela D’Ambrosi, ha voluto che le musiche fossero proprio quelle della tradizione yiddish, interpolate da brani del repertorio della musica d’arte occidentale: Schubert, Verdi e Bach convivono dunque fianco a fianco con la tradizione musicale ebraica, in uno spettacolo che intende unire culture e sensibilità differenti.
I testi, recitati sempre da alunni o ex-alunni dalle scuole coinvolte nel progetto della Fabiani, sono tutti liberamente tratti dal libro Ne’evakti Al Chayay di Moshe Smolar e Storia di una vita di Aharon Appelfeld. Le musiche sottendono e sostengono senza soluzione di continuità i racconti di vita, la straziante storia scelta per non dimenticare la barbarie dell’olocausto.
Il canto delle giovani leve toscane è li per testimoniare la volontà di tornare e continuare a vivere, oltre tutto e nonostante tutto. Schubert, Bach e Verdi vengono così opportunamente riarrangiati, per adattarli alla compagine vocale dei Giovani Artisti, mentre chitarre, percussioni e qualche fiato vanno a farcire il tutto arricchendolo timbricamente. Le coreografie, i balli, tanto individuali quanto di gruppo, donano poi dinamismo a uno spettacolo costruito tutto intorno al concetto del ricordo, della memoria di fatti, eventi, storie individuali e collettive che non possono e non devono in alcun modo essere dimenticate.
Dall’olocausto ai più recenti atti di terrorismo, la dedica a Valeria Solesin ci rammenta che il rischio del terrore, tanto su piccola quanto su vasca scala, è sempre dietro l’angolo. La musica e i bambini sono qui, tra noi, a invertire la polarità, a trasformare gli eventi riconsegnandoceli filtrati dalla potenza del suono.