Il livello dell’acqua del Grande Fiume è quello che ci si potrebbe aspettare ad agosto. L'emergenza rischia di colpire il cuore dell’agroalimentare, mettendo in pericolo i prodotti tipici del made in Italy
Nel cuore dell’inverno il Grande Fiume è diventato un vasto litorale in cui riaffiorano carcasse di barche affondate o alberi trascinati dalla corrente. Poco più di un anno fa, a fine 2014, l’emergenza in Emilia Romagna era contenere la piena, rinforzare gli argini e tamponare le esondazioni che rischiavano di sommergere le frazioni e i centri abitati nati a ridosso delle sponde. Oggi il problema del Po è che l’acqua scarseggia, al punto che già a inizio febbraio si grida all’allarme siccità. Il fiume è in secca, il livello dell’acqua è quello che ci si potrebbe aspettare ad agosto. E invece alla primavera mancano ancora quasi due mesi e la corrente del fiume del nord Italia che in questi mesi di solito è impetuosa lascia spazio alle distese di sabbia che aumentano a vista d’occhio.
Colpa del caldo anomalo degli scorsi mesi, delle temperature raramente scese al di sotto dello zero. Le precipitazioni a dicembre sono state del 91 per cento inferiori rispetto alla media e a gennaio 2016 i millimetri di pioggia caduti sono pari a quelli di agosto. Fatto sta che il 28 gennaio il Po era quattro metri sotto il livello idrometrico a Boretto, in provincia di Reggio Emilia, e a Casalmaggiore (Cremona). Non un livello di magra da record, come hanno sottolineato dall’Aipo, l’Agenzia interregionale per il fiume Po, perché parametri del genere sono in linea con quelli già registrati nel 2012, 2006 e 2002. Nel 2015 il livello era di 2,1 metri sotto lo zero, l’anno prima di 1,7, a fine gennaio 2013 segnava -2,56, mentre bisogna tornare indietro al 2014 per: ricordare le ultime quattro piene del Grande Fiume. Quello che però aggrava la situazione questa volta è che il periodo di siccità va avanti da quest’estate, se si escludono i rari episodi di nubifragi che hanno investito il piacentino.
Come se non bastasse, in montagna la mancanza di neve ha fatto calare drasticamente il livello dei laghi, con conseguente abbassamento di quello dei fiumi, e se la situazione non cambierà entro i prossimi mesi, il rischio è che la prossima estate si vada incontro a una vera e propria emergenza idrica. A risentirne per ora sono soprattutto il paesaggio e l’equilibrio di fauna e vegetazione, con il corso della natura stravolto così come i ritmi degli animali, ma presto le conseguenze potrebbero essere devastanti anche per l’agricoltura dell’Emilia Romagna e di tutta la pianura Padana. Il livello delle falde acquifere in regione è ai minimi storici, come ha denunciato Anbi, Associazione Nazionale delle Bonifiche Italiane: “Le criticità sono palesi: quantità di acqua inconsistente, riserve contenute in invasi quasi azzerate e a differenza delle annate maggiormente siccitose 2011-2012 si aggiunge anche la mancanza di neve in grado di alleviare parzialmente queste pesanti criticità”.
I danni della mancanza di acqua potrebbero colpire il cuore dell’agroalimentare, mettendo in pericolo i prodotti tipici del made in Italy: “La situazione è grave anche nei laghi che a fine gennaio si trovano prossimi ai minimi storici del periodo, con il lago Maggiore che è al 17% della sua capacità ed il lago di Como che è addirittura sceso al 12% mentre quello di Garda al 33% – ha aggiunto Coldiretti – Bisogna intervenire subito, portando acqua ai laghi e alzando il deflusso minimo vitale per evitare rischi di desertificazione del territorio con gravi ricadute sull’economia agricola e sull’equilibrio ambientale”. Ad aggravare la siccità ci si mette anche il caldo, che ha visto i cosiddetti “giorni della merla” di fine gennaio con temperature al di sopra della media stagionale. “Si teme una serie compromissione dei raccolti per il possibile prossimo e improvviso abbassamento della temperatura”, conclude Coldiretti, sottolineando anche il rischio di infestazioni delle coltivazioni da parte degli insetti proliferati grazie al caldo.