"Un'immensa perdita per tutto il mondo della gastronomia: era uno chef all'apice della sua arte", ha commentato lo chef Numix. La morte di Violier arriva circa sei mesi dopo quella di Philippe Rochat, suo mentore e predecessore presso il Restaurant de l'Hotel de Ville
Tre stelle non fanno un firmamento. Il mondo della cucina piange Benoit Violier, chef pluristellato Michelin, probabilmente il più importante cuoco del pianeta, suicidatosi con un’arma da fuoco nella sua casa svizzera a 44 anni. Il suo ristorante dell’Hotel de Ville di Crissier, nel distretto di Losanna, è stato eletto da numerose guide e per molti anni il migliore al mondo. Giudizio suffragato dai complimenti dei meno blasonati e attendibili clienti su centinaia di siti web, compreso il famigerato tripadvisor. Non c’era addetto ai lavori, collega, giudice, o più banale cliente che non apprezzasse la fantasia, la ricerca, e perché no la sostanza, che il menù di Violier a Crissier – una media di 350 euro a pasto – era riuscito a raggiungere in oltre 15 anni di duro lavoro tra i fornelli.
Una ventina di cuochi a supportarlo in cucina, e un giovane chef sommelier patavino come Michele Camiotto, Violier aveva rilevato il ristorante di Losanna con la moglie Brigitte nel 2012, a seguito del ritiro del suo mentore Philippe Rochat, altra celebre figura della cucina francese, morto lo scorso anno dopo essersi sentito male mentre andava in bicicletta. Violier era nato nella città costiera francese di La Rochelle da una famiglia di viticoltori. La sua carriera si è sviluppata negli anni novanta alla corte dei più grandi chef francesi, tra cui il cuoco più stellato al mondo Joel Rebuchon. Dal 1996 è entrato dalla porta principale nella cucina di Crissier agli ordini di Fredy Girardet, poi sotto l’ala protettrice di Rochat, infine come titolare dal 2012, e li vi resterà fino al giorno della sua morte. Appassionato cacciatore e al contempo maestro pasticciere, la cucina di Violier non ha mai incontrato limiti di idee, creatività e materia prima. Nel 2013 è stato decretato miglior chef dell’anno dall’influente guida Gault & Millau e nel 2015 è balzato al primo posto della Liste, la risposta francese dei mille migliori ristoranti di 48 paesi (Bottura e la sua Francescana sono al 18esimo posto), stilata precedentemente dagli inglesi.
Centinaia i messaggi di cordoglio da parte dei colleghi del mondo francofono, il sito web del ristorante completamente oscurato, la tragedia di Violier, dettata forse dalla depressione, sembra come mostrare il lato tragico e invisibile di cosa significhi vivere a grandi livelli nell’alta cucina contemporanea. Un mondo fatto di riconoscimenti sempre in bilico e in cerca di riconferma anno dopo anno, mese dopo mese, tanto che proprio in queste ore si attendeva il giudizio della Michelin 2016 alla cui cerimonia Violier era stato invitato; di concorrenza spietata e indomabile tra chef, spesso sfociata in tradimenti, spionaggio e guerra tra cucine e cucinieri.
Basta dare un’occhiata a un seppur generico sguardo di Hollywood alla faccenda con il film Burnt di John Wells per capire di cosa parliamo. Il protagonista Adam Jones (Bradley Cooper) è caduto in depressione dopo aver fallito la propria missione da chef: pulisce ostriche in una bettola di New Orleans fino allo sfinimento come atto d’espiazione della colpa, poi torna In Europa per rimettere insieme una cucina di qualità che possa ambire alle stelle Michelin. Lo chef non più come bonario, paffuto e rubicondo maestro d’altri tempi, ma come atleta della performance culinaria, comunicativa e di marketing, come ultramoderno architetto per costruire il brand di se stesso.
Un compito ‘alto’ di soddisfazione suprema del palato, del gusto e del piacere che si mescola all’esasperazione emotiva, e sfocia nell’harakiri fin dai tempi di Francois Vatel. Il cuoco francosvizzero alla corte di Luigi XIV che si suicidò per il ritardo dell’arrivo del miglior pesce possibile sul mercato da preparare per il banchetto reale al Castello di Chantilly. Un altro suicidio, un altro cuoco francese. Nel febbraio 2003 Bernard Loiseau si sparò in bocca col suo fucile da caccia. Dopo anni di successi, copertine di riviste e fama internazionale, la Gault MIllau aveva appena tolto due punti al suo ristorante Le Cote d’Or e la Michelin stava per togliergli una delle tre stelle. “Gli ho parlato molto dei nostri dubbi, delle irregolarità, della mancanza di anima della sua cucina. Visibilmente scioccato, ha preso quelle parole molto sul serio”, spiegò Derek Brown all’epoca direttore della Michelin che poi, dopo il suicidio, non tolse nessuna stella al ristorante di Loiseau. Ancor più recente di nuovo chef che si tolgono la vita: nel 2010 Joseph Cerniglia e nel 2007 Rachel Brown, entrambi bocciati’ ad un programma tv di Gordon Ramsey.
“Un vero e proprio tempio della gastronomia! Dopo Fredy Girardet e Philippe Rochat, Benoît Violier conduce questa nobile casa con un talento raro. I suoi piatti, magistrali, sottili e potenti, sono degni dei classici; Il servizio – eccezionale – coltiva la tradizione. Gusto immutabile, gusto unico: l’eccellenza”. Nemmeno la perfezione raggiunta sull’ultima edizione della guida Michelin è bastata a Violier per rimanere ai fornelli del suo ristorante.