C’era molta gente al Family Day. Non i 2 milioni sbandierati dagli organizzatori, ma tanti. Tutti omofobi, fanatici, oscurantisti, sanfedisti? No di certo, anche se la presenza dei Gasparri, dei Giovanardi, dei Brunetta (ma non era socialista?) e dei Galletti (ministro del governo che dice di volere le unioni civili) lo faceva pensare. Tutti ignoranti? In parte no, ma in parte anche sì a giudicare dagli slogan contro l’utero in affitto e l’eugenetica (non solo non previsti, ma esclusi e vietati dalla legge Cirinnà). Ora si dice che il Parlamento non può ignorare e deve ascoltare quella piazza. Giusto, anche se a dirlo sono quelli che non hanno mai ascoltato le piazze altrettanto affollate che chiedevano una legge sul conflitto d’interessi, una Rai senza partiti, una seria lotta a corruzione ed evasione, e urlavano No all’abolizione dell’art. 18, alla cosiddetta “Buona scuola”, al Tav Torino-Lione, alle trivelle e ai gasdotti nei paradisi naturali.
Ma ascoltare non significa ubbidire. La politica è l’arte della scelta e il momento della decisione, purché in sintonia con il diritto e con il volere della maggioranza degli elettori. Ora, il diritto – italiano e internazionale – è a favore delle unioni civili: ce lo dicono la Consulta, dunque la Costituzione, e la Corte europea di Strasburgo. E le ultime elezioni le hanno vinte Pd+Sel e M5S, favorevoli alle unioni civili, mentre i contrari (centro e destra) le hanno rovinosamente perse e il cardinal Bagnasco sventuratamente non era candidato.
Quindi, Family Day o meno, la Cirinnà va approvata subito così com’è senza tante storie: quando andrà sulla Gazzetta Ufficiale sarà sempre troppo tardi, visto che siamo rimasti l’unico paese d’Europa a negare i diritti elementari alle coppie gay. Diritti che non tolgono nulla a quelle tradizionali: realizzano il principio di eguaglianza senza danneggiare nessuno.

Come si fa ad ascoltare la piazza di ieri senza ubbidirle? Si parte dalle ragioni più serie delle famiglie tradizionali, che sfogano su un falso obiettivo (le coppie gay) la sacrosanta rabbia contro una politica che le ignora. L’Italia, quasi sempre governata da cattolici veri o presunti (gli unici premier repubblicani dichiaratamente agnostici in 70 anni furono Spadolini, Craxi, Amato e D’Alema), è il fanalino di coda in Europa per le politiche a sostegno della famiglia. Vi investe appena l’1% del Pil contro l’1,7% della media europea. Meno del 12% dei bimbi da 0 a 2 anni usufruisce di un asilo nido comunale.
Le madri con figli (tasso di attività del 63%) hanno molta più difficoltà a lavorare di quelle senza (82%). Una donna incinta su 4 perde il lavoro dopo il parto. Del resto, la spesa pubblica per i disoccupati è metà della media europea: 2,9% del Pil contro 5,6. Nessuno stupore se metter su famiglia è un lusso per pochi e se, con 8,5 bambini ogni mille abitanti, siamo in fondo pure alla classifica Ue della natalità. Anziché negare i diritti alle coppie di fatto, sarebbe doveroso allargare le opportunità per quelle sposate. E, anziché lanciare allarmi terroristici sull’utero in affitto, snellire le procedure per le adozioni, talmente difficili in Italia da essersi dimezzate in 10 anni.
Dopodiché, su questa litania di “ascoltare la piazza”, bisognerà intendersi una volta per tutte. Da tre anni prima Napolitano, poi Letta e infine Renzi ci rompono i timpani e le palle con la Grande Riforma Costituzionale che “gli italiani attendono da 30 anni”, o forse “da 70” (come dicono Renzi e la Boschi, ignari del fatto che la Costituzione entrò in vigore 68 anni fa). Ammesso e non concesso che milioni di italiani da decenni cingano d’assedio il Parlamento invocando un bel Senato pieno di sindaci e consiglieri regionali, nominati dalle Regioni cioè dal peggio della partitocrazia italiota, che ogni tanto vanno a Roma a fare il dopolavoro a nome di non si sa bene chi, in aggiunta a una Camera farcita di nominati dalle segreterie dei partiti, ora finalmente la Grande Riforma ha passato l’ultima lettura e può essere valutata a bocce ferme. Il primo sondaggio, sul Corriere di ieri, è quello dell’Ipsos di Nando Pagnoncelli: il 21% è per il Sì, il 16 per il No, il 9 indeciso e il 54 non vota e/o non ha un’idea.
Solo il 7% conosce nel dettaglio la riforma, che non ha la maggioranza neppure fra gli elettori del Pd (40% Sì, 7 No, 7 indecisi, 45 astenuti e/o agnostici). È vero che chi non va a votare non conta nulla: il referendum costituzionale oppositivo non ha quorum. Ma si può serenamente dire che gli italiani – con buona pace di Renzi, Boschi & Napolitano – non attendevano la riforma né da 30, né da 70 anni: non glien’è mai fregata una cippa. Tanto per dire l’abisso che separa il governo dai cittadini e la colossale vaccata fatta dal premier annunciando le dimissioni in caso di vittoria del No.
Infatti il 51% degli interpellati ha già capito che, grazie a quella mossa geniale, il referendum non sarà più pro o contro il nuovo Senato, ma pro o contro di lui. E siccome i partiti al governo rappresentano appena un terzo degli elettori, mentre i due terzi stanno con le opposizioni (5Stelle, destre e Sel), è probabile che la campagna referendaria, quando entrerà nel vivo, vedrà salire i No sui Sì. Sia perché la schiforma, nel merito, è impopolare e indifendibile (gl’italiani vogliono eleggere i senatori o abolire il Senato tout court). Sia perché molti grillini e forzaleghisti, oggi tiepidi, si faranno ingolosire dalla prospettiva di mandare a casa il premier bocciando la schiforma. E correranno alle urne per prendere due piccioni con una fava. Chi è la fava? Renzi è toscano, chiedete a lui.
Il Fatto Quotidiano, 31 gennaio 2016
Marco Travaglio
Direttore de Il Fatto Quotidiano e scrittore
Politica - 1 Febbraio 2016
Family Day, i piccioni e la fava
C’era molta gente al Family Day. Non i 2 milioni sbandierati dagli organizzatori, ma tanti. Tutti omofobi, fanatici, oscurantisti, sanfedisti? No di certo, anche se la presenza dei Gasparri, dei Giovanardi, dei Brunetta (ma non era socialista?) e dei Galletti (ministro del governo che dice di volere le unioni civili) lo faceva pensare. Tutti ignoranti? In parte no, ma in parte anche sì a giudicare dagli slogan contro l’utero in affitto e l’eugenetica (non solo non previsti, ma esclusi e vietati dalla legge Cirinnà). Ora si dice che il Parlamento non può ignorare e deve ascoltare quella piazza. Giusto, anche se a dirlo sono quelli che non hanno mai ascoltato le piazze altrettanto affollate che chiedevano una legge sul conflitto d’interessi, una Rai senza partiti, una seria lotta a corruzione ed evasione, e urlavano No all’abolizione dell’art. 18, alla cosiddetta “Buona scuola”, al Tav Torino-Lione, alle trivelle e ai gasdotti nei paradisi naturali.
Ma ascoltare non significa ubbidire. La politica è l’arte della scelta e il momento della decisione, purché in sintonia con il diritto e con il volere della maggioranza degli elettori. Ora, il diritto – italiano e internazionale – è a favore delle unioni civili: ce lo dicono la Consulta, dunque la Costituzione, e la Corte europea di Strasburgo. E le ultime elezioni le hanno vinte Pd+Sel e M5S, favorevoli alle unioni civili, mentre i contrari (centro e destra) le hanno rovinosamente perse e il cardinal Bagnasco sventuratamente non era candidato.
Quindi, Family Day o meno, la Cirinnà va approvata subito così com’è senza tante storie: quando andrà sulla Gazzetta Ufficiale sarà sempre troppo tardi, visto che siamo rimasti l’unico paese d’Europa a negare i diritti elementari alle coppie gay. Diritti che non tolgono nulla a quelle tradizionali: realizzano il principio di eguaglianza senza danneggiare nessuno.
Come si fa ad ascoltare la piazza di ieri senza ubbidirle? Si parte dalle ragioni più serie delle famiglie tradizionali, che sfogano su un falso obiettivo (le coppie gay) la sacrosanta rabbia contro una politica che le ignora. L’Italia, quasi sempre governata da cattolici veri o presunti (gli unici premier repubblicani dichiaratamente agnostici in 70 anni furono Spadolini, Craxi, Amato e D’Alema), è il fanalino di coda in Europa per le politiche a sostegno della famiglia. Vi investe appena l’1% del Pil contro l’1,7% della media europea. Meno del 12% dei bimbi da 0 a 2 anni usufruisce di un asilo nido comunale.
Le madri con figli (tasso di attività del 63%) hanno molta più difficoltà a lavorare di quelle senza (82%). Una donna incinta su 4 perde il lavoro dopo il parto. Del resto, la spesa pubblica per i disoccupati è metà della media europea: 2,9% del Pil contro 5,6. Nessuno stupore se metter su famiglia è un lusso per pochi e se, con 8,5 bambini ogni mille abitanti, siamo in fondo pure alla classifica Ue della natalità. Anziché negare i diritti alle coppie di fatto, sarebbe doveroso allargare le opportunità per quelle sposate. E, anziché lanciare allarmi terroristici sull’utero in affitto, snellire le procedure per le adozioni, talmente difficili in Italia da essersi dimezzate in 10 anni.
Dopodiché, su questa litania di “ascoltare la piazza”, bisognerà intendersi una volta per tutte. Da tre anni prima Napolitano, poi Letta e infine Renzi ci rompono i timpani e le palle con la Grande Riforma Costituzionale che “gli italiani attendono da 30 anni”, o forse “da 70” (come dicono Renzi e la Boschi, ignari del fatto che la Costituzione entrò in vigore 68 anni fa). Ammesso e non concesso che milioni di italiani da decenni cingano d’assedio il Parlamento invocando un bel Senato pieno di sindaci e consiglieri regionali, nominati dalle Regioni cioè dal peggio della partitocrazia italiota, che ogni tanto vanno a Roma a fare il dopolavoro a nome di non si sa bene chi, in aggiunta a una Camera farcita di nominati dalle segreterie dei partiti, ora finalmente la Grande Riforma ha passato l’ultima lettura e può essere valutata a bocce ferme. Il primo sondaggio, sul Corriere di ieri, è quello dell’Ipsos di Nando Pagnoncelli: il 21% è per il Sì, il 16 per il No, il 9 indeciso e il 54 non vota e/o non ha un’idea.
Solo il 7% conosce nel dettaglio la riforma, che non ha la maggioranza neppure fra gli elettori del Pd (40% Sì, 7 No, 7 indecisi, 45 astenuti e/o agnostici). È vero che chi non va a votare non conta nulla: il referendum costituzionale oppositivo non ha quorum. Ma si può serenamente dire che gli italiani – con buona pace di Renzi, Boschi & Napolitano – non attendevano la riforma né da 30, né da 70 anni: non glien’è mai fregata una cippa. Tanto per dire l’abisso che separa il governo dai cittadini e la colossale vaccata fatta dal premier annunciando le dimissioni in caso di vittoria del No.
Infatti il 51% degli interpellati ha già capito che, grazie a quella mossa geniale, il referendum non sarà più pro o contro il nuovo Senato, ma pro o contro di lui. E siccome i partiti al governo rappresentano appena un terzo degli elettori, mentre i due terzi stanno con le opposizioni (5Stelle, destre e Sel), è probabile che la campagna referendaria, quando entrerà nel vivo, vedrà salire i No sui Sì. Sia perché la schiforma, nel merito, è impopolare e indifendibile (gl’italiani vogliono eleggere i senatori o abolire il Senato tout court). Sia perché molti grillini e forzaleghisti, oggi tiepidi, si faranno ingolosire dalla prospettiva di mandare a casa il premier bocciando la schiforma. E correranno alle urne per prendere due piccioni con una fava. Chi è la fava? Renzi è toscano, chiedete a lui.
Il Fatto Quotidiano, 31 gennaio 2016
PADRINI FONDATORI
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Omicidio stradale, pronta la legge con pene più dure. Ma deve fare un altro giro al Senato. Renzi: “Si farà”
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Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.
Beirut, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas si starebbe preparando per un nuovo raid, come quello del 7 ottobre 2023, penetrando ancora una volta in Israele. Lo sostiene l'israeliano Channel 12, in un rapporto senza fonti che sarebbe stato approvato per la pubblicazione dalla censura militare. Il rapporto afferma inoltre che Israele ha riscontrato un “forte aumento” negli sforzi di Hamas per portare a termine attacchi contro i kibbutz e le comunità al confine con Gaza e contro le truppe dell’Idf di stanza all’interno di Gaza.
Cita inoltre il ministro della Difesa Israel Katz, che ha detto di recente ai residenti delle comunità vicine a Gaza: "Hamas ha subito un duro colpo, ma non è stato sconfitto. Ci sono sforzi in corso per la sua ripresa. Hamas si sta costantemente preparando a effettuare un nuovo raid in Israele, simile al 7 ottobre". Il servizio televisivo arriva un giorno dopo che il parlamentare dell'opposizione Gadi Eisenkot, ex capo delle Idf, e altri legislatori dell'opposizione avevano lanciato l'allarme su una preoccupante recrudescenza dei gruppi terroristici di Gaza.
"Negli ultimi giorni, siamo stati informati che il potere militare di Hamas e della Jihad islamica palestinese è stato ripristinato, al punto che Hamas ha oltre 25.000 terroristi armati, mentre la Jihad ne ha oltre 5.000", hanno scritto i parlamentari, tutti membri del Comitato per gli affari esteri e la difesa.