Attualità

Daniele Luttazzi: “Caro Scanzi, quando non si hanno i mezzi culturali per rispondere a proposito, meglio astenersi”

di Daniele Luttazzi

La questione sembrava essersi chiusa con la replica di Andrea Scanzi alla lettera di Daniele Luttazzi pubblicata sul Fatto Quotidiano, ma quest’ultimo ha deciso di affidare al suo blog un’ulteriore presa di posizione sulla querelle nata dall’articolo sulla fine della satira in Italia, firmato dal giornalista del Fatto.

Un lungo, lunghissimo argomento ad hominem. E dice 100 volte supercazzola. (Andrea H Sesta sulla non replica di Scanzi)

Quando non si hanno i mezzi culturali per rispondere a proposito (tecnica, logica, informazioni eccetera), la via più prudente, specie per un giornalista, sarebbe quella di astenersi dal farlo, in attesa di completare lo studio; ma la prudenza è una virtù cardinale di cui non tutti i mortali partecipano, e così accade che il giornalista, pressato da urgenze frivole, decida di prendere qualche scorciatoia. La più comune consiste nell’attaccare non quello che l’interlocutore ha detto, ma la sua persona, magari definendola rancorosa e permalosa. Non c’entra nulla, e infatti questo celebre errore manda in vacca il ragionamento, puntando allo shock: si chiama argomento ad hominem. Tipico del blogger, è imperdonabile in un giornalista, che a un minimo di razionalità è tenuto, se non altro per motivi deontologici. Si può rintracciare con facilità la fallacia ad hominem sapendo che fa spesso il paio con un altro trucchetto dal fiato corto, ma più visibile: lo sfottò, il surrogato reazionario della satira. Scrivere che l’interlocutore “frigna” è fare dello sfottò. Un grosso guaio dello sfottò è la sua origine pulsionale, per cui può avere implicazioni piuttosto imbarazzanti per l’autore: ne è un esempio definire i fan di Federer, in modo spregiativo, federasti (Scanzi, 2011).

Formazione e informazione si tengono a vicenda. La prima, fra l’altro, evita che la seconda proceda per pregiudizi e luoghi comuni, come quello di considerare una frase “plagio” di un’altra, solo perché simile o identica, dopo averle estrapolate entrambe dal loro contesto. Una sciocchezza come quella di sostenere che due scatoloni, siccome identici, hanno quindi lo stesso contenuto. Non si può parlare di “plagio” se non si possiedono competenze giuridiche e letterarie. Non bastano i pregiudizi di bloggers e giornalisti, altrimenti uno potrebbe concludere che una di queste battute è un plagio dell’altra:

La Moratti è l’idea che una parrucchiera ha di un ministro. (Luttazzi 2005)

Dolcenera è l’idea che i Puffi hanno di Morgan. (Scanzi, 2012)

Andrea, sei rimasto fermo al 2010. La prossima volta, prima di replicare, non avere fretta e aggiornati. Materiali per incominciare:

Ultima intervista 

Transcreazione 

Balle del killeraggio

Intertestualità 

Arte della citazione

Analisi dei jokes 

Blog flashback 

A risentirci quando sarai più preparato.

p.s.: “supercazzola” è un’altra petizione di principio.

Daniele Luttazzi: “Caro Scanzi, quando non si hanno i mezzi culturali per rispondere a proposito, meglio astenersi”
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